Autonomia, i paletti del M5S:
ok se non fa fuori il Sud

Autonomia, i paletti del M5S: ok se non fa fuori il Sud
di Marco Esposito
Lunedì 17 Dicembre 2018, 15:46
3 Minuti di Lettura
Sale la febbre sull'autonomia differenziata. Il fronte del Nord, Lombardia e Veneto in prima fila, preme per portare a casa il risultato prima dello stop di Natale. I Cinquestelle sono pronti al via libera ma con due condizioni non proprio facili da mandar giù per gli autonomisti: saldi invariati e livelli essenziali delle prestazioni garantiti lungo l'intera penisola.

Né Matteo Salvini, né Luigi Di Maio sul punto vogliono perderci la faccia. Salvini ha più volte assicurato che il via libera del Consiglio dei ministri sarebbe arrivato entro l'autunno, cioè in questa settimana, e dai territori i leghisti spingono per far partire l'autonomia anche a costo di diluire nel tempo la riscrittura della Fornero con Quota-100 sulle pensioni. Di Maio nelle dichiarazioni pubbliche in Veneto e Lombardia ha assicurato che l'autonomia si farà però, nello stesso tempo, ha lanciato messaggi per rassicurare i parlamentari e i consiglieri regionali del Mezzogiorno che l'autonomia sarà costruita in modo da non sottrarre un euro al Sud.

La questione dei saldi, cioè dei soldi, è centrale. Lo ha sempre detto con chiarezza Luca Zaia, governatore del Veneto, fissando l'asticella alla conquista di nove decimi delle tasse pagate dai contribuenti veneti. Una regoletta che, da sola, toglierebbe oltre 3 miliardi di euro l'anno ai territori con minore capacità fiscale, con effetti diretti nel settore della scuola, la più importante delle 23 materie aggiuntive richieste dal Veneto. Zaia ieri ha detto: «Spero che la partita dell'autonomia si chiuda entro questa settimana, abbiamo già chiuso la norma finanziaria che era quella che più ci stava a cuore», confermando così che il cuore batte vicino al portafogli. Il vero obiettivo sono i soldi, vale a dire fare in Veneto le cose che oggi fa lo Stato ma con maggiori risorse. Ottenute come? In base al principio - non proprio rispettoso dell'equità - che i fabbisogni di istruzione dei ricchi siano superiori a quelli delle persone con redditi bassi. Invece il collega della Lombardia, Attilio Fontana, segue una strategia diversa da Zaia. Non parla mai di risorse preferendo il dualismo tra vecchio e nuovo: «Nessuno - ha detto ieri alla scuola di formazione politica della Lega - se non dei vecchi arnesi, può opporsi a questa riforma, che è una sfida per tutto il Paese».

 
Che sia una sfida, lo hanno capito bene i professori universitari e gli intellettuali che nei mesi scorsi hanno sottoscritto, con Gianfranco Viesti, l'appello «No alla secessione dei ricchi», il cui testo è diventato la base tecnica di chi si oppone all'autonomia dopata. L'autonomia, infatti, di per sé non è un problema: è prevista in Costituzione prima ancora che nel contratto di governo; ma senza lasciare appigli a trucchi contabili che permettano di riconoscere un fabbisogno maggiore (per servizi come la scuola, la salute, la tutela dell'ambiente) nei territori dove c'è un maggiore gettito fiscale. Invece il «bonus ricchi» è stato chiesto dal Veneto, seguito a ruota da Lombardia ed Emilia Romagna.
I COSTITUZIONALISTI
E così i «saldi invariati» sono diventati il paletto principale dei Cinquestelle, non solo del Mezzogiorno. Veneto e Lombardia vogliono gestire da soli la scuola? Bene, ma con i soldi di adesso. Il secondo paletto è l'attuazione di un pezzo della Costituzione in sonno dal 2001: la scelta dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) relativi ai diritti civili e sociali da garantire in tutto il territorio nazionale.
Le posizioni di M5s e Lega sono quindi chiare. Quel che resta da determinare è il luogo del confronto. A Palazzo Chigi si vedrà se i leader Di Maio e Salvini troveranno l'intesa - che si intreccerà con le altre partite - per far partire l'autonomia su posizioni rispettose della sussidiarietà e della perequazione. Altrimenti lo scontro si sposterà in Parlamento, dove secondo alcuni costituzionalisti è possibile un voto condizionato sull'autonomia, in modo da fissare con chiarezza il principio che nessun trasferimento di competenze è possibile senza i Lep.
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