Bomba in pizzeria da Sorbillo, silenzi e rabbia ai Tribunali: «Ma non ci arrenderemo»

Bomba in pizzeria da Sorbillo, silenzi e rabbia ai Tribunali: «Ma non ci arrenderemo»
di Paolo Barbuto
Giovedì 17 Gennaio 2019, 10:30
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Le due donne dietro alla bancarella di oggettini per i turisti si guardano stupite, sgranano gli occhi come se avessero ascoltato qualcosa di incredibile, assurdo, inconcepibile: «Paura ai Tribunali? Camorra? Ma voi davvero fate? Ma che state dicendo? No, guardate, vi state sbagliando, qua si sta una bellezza. Non c'è niente di quello che state dicendo». Trenta metri più avanti c'è un capannello di poliziotti davanti alla pizzeria di Sorbillo dove è esplosa la bomba, le donne sembrano attonite: «Ma davvero è scoppiata una bomba? No, noi sapevamo niente, ce l'hanno detto i passanti...».

Di fronte all'esplosione che ha scosso i muri e le coscienze dei Tribunali c'è una parte di popolazione che preferisce voltarsi dall'altra parte. Non v'aspettate parole di condanna ché non tutti possono fare gli eroi e non è facile lanciare anatemi ai camorristi se poi ogni mattina scendi sul loro stesso territorio oppure alzi la saracinesca al centro di una delle loro strade: «Ma che volete? No, no, per piacere, uscite da qui dentro e non vi permettete di mettere la mia fotografia sul giornale, e nemmeno quella dell'insegna del negozio. Io di questa storia non so niente e non voglio sapere niente», il commerciante ha la sua attività a dieci passi dalla pizzeria di Sorbillo. Potrebbe approfittare per dire, almeno, una parola di solidarietà. Invece urla e scaccia chi vuol sentire la sua voce.
 
Qualche metro più in là in un altro negozio l'accoglienza è migliore anche se la richiesta «niente foto né nomi» è identica. Anche qui dentro le parole mostrano una via Tribunali perfetta, tranquilla, serena: «Pizzo? Ma quando mai. Sono quindici anni che ho il negozio e non è mai venuto nessuno. Criminalità? Vabbè, qualche scippo, molti borseggiatori, ma sono cose che accadono ovunque. Insomma di violenza e di camorra non se ne parla». Dalla soglia del negozio si intravede l'ingresso di Sorbillo: e quello che è successo lì cos'è? Braccia larghe, angoli della bocca piegati verso il basso: «Bah, non so cosa dire».

L'assessore Clemente arriva accompagnata dai vigili, chiede informazioni alla polizia, si avvicina alla saracinesca per vedere cosa è accaduto. «A Napoli non c'è spazio per i delinquenti ma c'è spazio per persone come Sorbillo. Sono venuta qui perché questa vicenda riguarda tutti, non solo Gino: saremo la scorta popolare di chi subisce queste intimidazioni. Domani (oggi per chi legge ndr) saremo in un'altra pizzeria che ha subito un gesto violento. Noi ci siamo e nessuno resterà solo».

Poche altre parole così forti e solenni lungo la strada del turismo. Al fianco di Sorbillo si schiera con forza Enzo Albertini, patron di Napoli Sotterranea (l'intervista la leggete nella pagina seguente), qualche turista di passaggio, rari abitanti della zona che sono più concentrati a scattare foto e a raccontare dello «spavento che ho provato per quel botto nel cuore della notte», che a sostenere Sorbillo in un momento così delicato.

Sull'uscio della sua bottega Salvatore Scuotto guarda verso destra dove c'è la ressa davanti alla saracinesca di Sorbillo: «Io non voglio credere all'avvertimento di camorra. Forse è la mano di qualcuno che pensa di aver subito un torto dal mio amico Gino». Scuotto spiega che le richieste sono tante e che Sorbillo non può dire sì a tutti quelli che gli chiedono di assumere un figlio, un fratello, una moglie e non può neppure accettare di acquistare prodotti da chiunque si presenta alla sua porta: «Ecco, una di queste persone che si è sentita dire un «no», avrà pensato di vendicarsi.

Sguardo scettico, ma Scuotto è davvero convinto che non ci sia la mano della camorra? «Diciamo che preferisco pensare così, altrimenti sarebbe tutto troppo drammatico». Anche l'artigiano-artista dei Tribunali, però, sostiene con vigore di non aver mai avuto nessuna pressione per versare soldi ai clan e respinge l'idea che su quel territorio attualmente comandi la malavita.

Meno accomodante Gabriele Casillo, portavoce dell'associazione Corpo di Napoli che riunisce gran parte dei pastorai di San Gregorio Armeno: «Siamo convinti che questa sia opera di delinquenti di strada e abbiamo la certezza che presto verranno assicurati alla giustizia. Quest'area è una selva di telecamere, anche private, dalle quali è possibile risalire con immediatezza agli autori del gesto. Noi abbiamo cieca fiducia nelle forze dell'ordine. Verranno presi e pagheranno».

Casillo conosce da sempre il territorio. Lui ammette che in passato c'è stata pressione da parte della malavita, però giura che oggi non c'è più nulla: «Leggo dei giornali che questo territorio sarebbe conteso. Non ne so di più, però so che qui vedo passare volanti e gazzelle, so che la polizia municipale è sempre presente. Noi ci sentiamo tutelati contro la malavita organizzata. Adesso bisogna prendere anche i delinquenti comuni, come quelli che hanno fatto esplodere la bomba davanti alla pizzeria».
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