I segreti di Posillipo: quei tesori perduti nelle acque del mito

I segreti di Posillipo: quei tesori perduti nelle acque del mito
di Vittorio Del Tufo
Domenica 10 Febbraio 2019, 20:00
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«La bellezza di Napoli cresce di giorno in giorno, di settimana in settimana, via via che scopre i suoi segreti»
(Guido Piovene)
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Vasi, ceramiche, brocche, mattoni. Tesori di terracotta. Sono solo alcuni dei reperti, risalenti al Settecento, rinvenuti nei giorni scorsi nei pressi del parco sommerso della Gaiola. Una straordinaria scoperta in un luogo magico e ricco di leggende, un luogo della memoria al quale l'Uovo di Virgilio ha già dedicato pagine e pagine. Secondo i ricercatori del Centro Studi Gaiola Onlus e della soprintendenza archeologica di Napoli, i reperti si trovavano su un barcone proveniente da Napoli e diretto a Pozzuoli. Ceramiche e terracotte, provenienti molto probabilmente da un'officina della zona, sarebbero state spostate dalla loro posizione originaria. Forse da qualche malintenzionato che intendeva impossessarsene per poi rivenderle.

Quante memorie di vite passate - e quanti tesori - sono tuttora nascosti nelle acque di Posillipo? Per rispondere a questa domanda bisogna viaggiare nel tempo, e dirigere la navicella verso un'epoca mitica e leggendaria. Con la fine dell'Impero Romano, le splendide dimore a picco sul mare della Gaiola, a cominciare dalla villa Pausilypon di Vedio Pollione, furono abbandonate e dei loro tesori, sommersi dalla vegetazione, per secoli non si seppe più nulla. Le imponenti strutture delle dimore scomparvero, gli edifici a strapiombo sul mare lentamente sprofondarono nelle acque di Trentaremi. Ancora nei primi anni dell'Ottocento pare che l'unico ad abitarci fosse un eremita, chiamato lo Stregone, che viveva grazie all'elemosina dei pescatori: della Posillipo imperiale si era persa ormai del tutto la memoria. Verso la fine del XVIII secolo a interessarsi all'area fu il grande archeologo Johann Joachim Winckelmann, ma fu solo a partire dal 1820 che nella zona cominciarono sistematiche campagne di scavi.

Protagonista assoluto di quella straordinaria stagione archeologica fu un architetto toscano, Guglielmo Bechi, un raffinato studioso a cui per un breve periodo fu affidata anche la direzione degli scavi di Pompei. Fu durante gli scavi del 1841 che dalle rovine di Pausilypon spuntò la Nereide su Pistrice, la celebre statua oggi conservata nel Museo archeologico nazionale, simbolo della Neapolis sorta dal mare. Altri reperti, invece, sfuggirono al controllo degli archeologi e dei funzionari delle soprintendenze: statue di divinità, ninfe e imperatori ancora oggi sotterrate nell'area. O misteriosamente approdate, attraverso tortuosi canali, in qualche abitazione privata.

Molti frammenti della Posillipo romana sono ancora sepolti nei fondali della Gaiola. Tesori del passato che gli archeologi della Sovrintendenza intendono riportare alla luce grazie a un ambizioso progetto di ricognizione dell'area. Sarebbero già stati individuati, ci spiega l'archeologo della Soprintendenza Enrico Stanco, almeno sette o otto relitti nella zona compresa tra Mergellina e Nisida. Si tratta di imbarcazioni di epoca romana ma anche dei secoli successivi. Recentemente è riemersa una statuetta egiziana di età ellenistica: giaceva sott'acqua accanto alle strutture sommerse della Casa degli Spiriti, a Marechiaro. Dall'ex villa imperiale (appartenuta a Vedo Pollione, poi all'imperatore Augusto) è riaffiorata invece la splendida sala affrescata, pavimentata in marmo, già individuata nel 1840 e poi ricoperta.

Gli oggetti riemersi nei giorni scorsi dal mare risalgono invece al 700. «Fa ben sperare - ha osservato Maurizio Simeone, presidente del Centro Gaiola Onlus - il fatto che pescatori della zona si siano immediatamente rivolti al Centro Studi. Se tutti si fossero comportati così in passato chissà oggi quante preziose testimonianze in più della nostra storia potremmo avere. Purtroppo invece spesso questi ritrovamenti casuali diventano solo occasione di saccheggio».
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Quando Bechi morì, nel 1852, furono in molti a contendersi quell'angolo di paradiso affacciato sul panorama più bello del mondo. Personaggi più o meno stravaganti ai quali il destino riservò quasi sempre un finale di partita tragico. Nel 1871 la figlia dell'architetto cedette i terreni all'uomo d'affari Luigi De Negri, che si ritrovò proprietario anche dell'isola e del vasto parco archeologico. Avendo ottenuto dal demanio la concessione di un'ampia zona di mare (ruderi compresi) vi fondò la «Società italiana di piscicoltura» sognando di realizzare strepitosi profitti. Entusiasmato da quanto aveva sentito dire delle antiche pescherie di Pollione, De Negri cercò di entrare in affari con un gruppo di banchieri inglesi così da trarre, dall'attività d'itticoltura, il massimo dei vantaggi. L'auspicato raddoppio del capitale sociale tuttavia sfumò, i finanziatori si dileguarono e il povero De Negri vide naufragare il progetto su cui aveva investito sogni e quattrini. Finì sul lastrico e, oltre alla «Società italiana di piscicoltura», dovette dire addio anche alla villa sul promontorio.

Ai reperti archeologici nascosti alla Gaiola si interessò anche un illustre visitatore della zona. Nel 1907 lo scrittore Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes, decise di organizzare un lungo viaggio di nozze in tutta Europa con la seconda moglie, Jean Leckie. Continuamente in cerca di spunti per i suoi romanzi, Conan Doyle non perse l'occasione di soggiornare per un breve periodo a Napoli, dove viveva il cognato, l'ingegnere irlandese Nelson Foley, responsabile dei cantieri navali Hawthorn-Guppy. A quell'epoca i terreni della Gaiola, dopo numerosi passaggi di mano, erano finiti proprio a Foley e a sua moglie Adelaide, sorella di Conan Doyle. Il cognato di Sherlock Holmes aveva ceduto la villa sul promontorio - la villa «maledetta» al centro di tante leggende - allo scrittore Norman Douglas, tenendo per sé quella sulla Gaiola. Il celebre autore di gialli frequentava volentieri la casa di Douglas, attratto dal passato leggendario della dimora. Un giorno, mentre ispezionava una fogna romana - e dopo aver percorso carponi solo pochi metri - vi rimase incastrato. Nell'oscurità di quel budello spettrale, lo scrittore dovette vedersela davvero brutta: a soccorrerlo - trascinandolo per i piedi! - fu proprio Douglas, allarmato per la prolungata assenza dell'amico.
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I ruderi dell'antica Pausilypon si estendono fin sotto la superficie del mare. Si narra che tra questi scogli Virgilio che al pari di Augusto frequentava la villa di Vedio Pollione radunasse i suoi discepoli per insegnare loro l'arte della magia. Ancora oggi quei resti, quasi irriconoscibili per il lavoro lento e tenace del mare, sono conosciuti come la Scuola di Virgilio. Ne è rimasta memoria grazie alle innumerevoli stampe che la raffigurano com'era nell'Ottocento, un vasto edificio a pianta quadrata che si apriva a oriente verso Napoli. Tra i discepoli di Virgilio v'era anche il nipote di Augusto, il giovane Marco Claudio Marcello, che fu celebrato dal poeta nel VI libro dell'Eneide. Quante altre sorprese riserva il mare del mito e della leggenda?
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