«La paranza dei bambini» strega Berlino: la dedica speciale di Saviano

«La paranza dei bambini» strega Berlino: la dedica speciale di Saviano
di Titta Fiore
Domenica 17 Febbraio 2019, 09:00 - Ultimo agg. 15:22
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I ragazzi del cast, «la paranza dei bambini» al gran completo, era in sala al cinema Metropolitan di Napoli, ieri sera, mentre negli stessi istanti, a Berlino, il loro film vinceva l'Orso d'argento per la migliore sceneggiatura scritta dal regista Claudio Giovannesi con Roberto Saviano, autore dell'omonimo best seller, e Maurizio Braucci. Hanno facce bellissime e la verità nella voce, questi ragazzi, vengono dal centro storico e dalle periferie a rischio, dalla Sanità, dal Rione Traiano e da Scampia, tra loro c'è chi studia e chi fa i mestieri, chi cerca la sua strada sul ring di una palestra e chi il lavoro l'ha appena perso perché oggi è difficile per tutti guardare al futuro con fiducia. Del film di cui sono stati protagonisti e che li ha trasformati dalla sera alla mattina in attori di talento, Francesco Di Napoli e gli altri dicono che racconta soprattutto la perdita dell'innocenza di un gruppo di ragazzini decisi a prendersi Napoli con la sola legge che conoscono: la sopraffazione. E che, di fronte a una voragine senza ritorno, non hanno avuto gli strumenti necessari a scegliere la strada giusta. Con altre parole, sul palco del Festival, Giovannesi ha spiegato più o meno le stesse cose: «Vogliamo dedicare questo premio al nostro Paese nella speranza che l'arte, la cultura e la formazione tornino ad essere una priorità». E Saviano ha aggiunto, usando la lingua madre, «la lingua della carne»: «Scrivere questo film ha significato compiere un atto di resistenza, perché raccontare la verità in Italia è diventato molto complicato». La sua dedica, sul palco dove tre anni fa Gianfranco Rosi aveva vinto l'Orso d'oro con un film sugli sbarchi a Lampedusa, «Fuocammare», è andata «alle Ong che salvano vite nel Mediterraneo e ai maestri di strada che a Napoli salvano vite nei quartieri». Nella soddisfazione per la vittoria, non ha perso di vista la polemica con Salvini: «Si parla di invasioni di migranti e non di invasioni di capitali criminali. Si fermano corpi e si lascia passare il veleno dei capitali».
 
Unico film tricolore in concorso nel festival più «politico» e più attento ai valori dell'impegno civile, molto amato dal direttore uscente Kosslick (al suo posto, dall'anno prossimo, l'italiano Carlo Chatrian), «La paranza dei bambini» è stato accolto con grande favore da pubblico e critica internazionali ed è già venduto in una trentina di paesi. «Per il nostro cinema è stata, a detta di tutti, una grande Berlinale», commentano all'Istituto Luce, «l'Orso d'argento è un premio che riconosce la compattezza narrativa di una storia dove s'intrecciano le vite di un gruppo di ragazzini, in un'accelerazione verso la tragedia sui volti di chi ancora prende la vita come un gioco. Claudio Giovannesi merita in pieno questa vittoria, per il lavoro che conduce con i ragazzi e la passione nel raccontare storie di gioventù emarginata». Autore di un cinema poetico e potente insieme, il regista di «Fiore», «Alì ha gli occhi azzurri» e di alcuni episodi di «Gomorra», ha sempre dimostrato, infatti, una mano particolarmente felice nella narrazione dell'adolescenza, dei suoi slanci e dei suoi tormenti.

«Quando l'Italia parla della verità, viene ascoltata» ribadisce Saviano. Per caso, o per una singolare coincidenza quest'anno a Berlino, assieme a «La paranza dei bambini», si è fatta onore un'altra storia napoletana nei volti, nei luoghi, nella spudorata bellezza delle aspirazioni: «Selfie» di Agostino Ferrente, potente documentario sull'amicizia girato con lo smartphone nel Rione Traiano, protagonisti due giovani che inseguono la «normalità» a tutti i costi sottraendosi al richiamo del guadagno facile ai margini della legalità. Sono loro, i ragazzi presi dalla strada che raccontano la vita, il denominatore comune delle storie applaudite a Berlino. Ragazzi capaci di testimoniare con la forza dei corpi realtà scomode, ma anche di andare oltre gli stereotipi del racconto di genere, in una prospettiva concreta di verità. E l'Orso d'oro? La giuria guidata da Juliette Binoche l'ha assegnato al fim «Synonymes» dell'isaraeliano Nadav Lapid.
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