La festa della famiglia nel 79 dopo Cristo: il post social è virale

La festa della famiglia nel 79 dopo Cristo: il post social è virale
di Susy Malafronte
Venerdì 22 Febbraio 2019, 18:26
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La festa della famiglia, duemila anni fa, si celebrava il 22 febbraio. Il ricordo social del Parco Archeologico è virale. «Il 22 febbraio nell'antica Roma, e anche a Pompei, era un giorno di festa. Si celebravano i 'Caristia', una festività a carattere privato dedicata all’amore familiare. C'erano banchetti e scambi di piccoli doni (vino, pane, piccole somme di denaro, pegni o buoni detti 'sportulae'). Le famiglie cenavano insieme offrendo incenso, fiori e frutta ai Lari, le divinità domestiche che proteggevano la casa, cui erano dedicati sacelli domestici nell’atrio, nel giardino e anche nella cucina delle case». Diversamente dalle feste pubbliche, i «Caristia» ed altre festività osservate privatamente potevano essere celebrate in giorni con numeri pari sul calendario romano. 

La festività del 22 febbraio, conosciuta anche come «Cara Cognatio», restò al calendario molto tempo dopo che l'impero romano divenne cristiano. Appare nel cronografo del 354 ed il calendario di Polemio Silvio (449 dopo Cristo) accostò la vecchia celebrazione con quella del seppellimento di San Pietro e San Paolo. In quanto festa dell'amore, i «Caristia» non erano incompatibili con le abitudini cristiane, ed alcuni studiosi hanno notato delle influenze di «Parentalia» e «Caristia» sulla festa cristiana delle agapi, come il consumo di pane e vino presso la tomba sostituito dall'Eucaristia. Nel V secolo alcuni sacerdoti cristiani addirittura incoraggiarono la partecipazione ai pasti dei funerali. Nella prima metà del VI secolo alcuni Gallo-Romani seguivano ancora una parte della festa con offerte di cibo ai morti e un pasto rituale.

A partire da quell'epoca, tuttavia, queste pratiche furono sospettate di essere pagane, ed il Concilio di Tours nel 567 censurò esplicitamente coloro che profanavano il giorno di San Pietro. Cesario di Arles condannò l'usanza come una scusa per l'ebbrezza, la danza, i canti ed altri comportamenti indecenti. La soppressione della tradizionale commemorazione dei morti faceva parte degli sforzi crescenti della Chiesa per controllare e monopolizzare il comportamento religioso in Gallia merovingia.
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