Funerali di camorra, business assicurato: si muove l'Antimafia

Funerali di camorra, business assicurato: si muove l'Antimafia
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 27 Febbraio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 11:41
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Il defunto, con i familiari ancora scossi e in lacrime, può diventare un business. Basta avere la soffiata giusta da infermieri o amici, basta tenere pronti dei propri emissari negli ospedali, basta riuscire ad essere rapidi nell'accaparrarsi subito il funerale, con tanto di servizi collegati. Pratiche amministrative, permessi, bara, trasporto, auto, fiori: un insieme di attività che, tutto compreso, possono arrivare a fruttare qualche migliaio di euro. Soprattutto, se ci aggiungi l'attività per la cremazione, o la possibilità di ottenere un loculo negli affollati cimiteri controllati da congreghe varie. Un business, che da anni fa gola alla criminalità organizzata.
 
Prima che le sue rivelazioni fossero considerate poco interessanti, Pasquale Scotti, ex primula rossa della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, aveva parlato del racket del «caro estinto»: «C'è sempre stata guerra per la gestione delle attività collegate al settore delle pompe funebri. Esiste un controllo mafioso delle rispettive zone di competenza. Lo fanno tutte le ditte che operano in questo settore».

Le invasioni di campo provocano dure reazioni. Ognuno si difende la propria zona di defunti. Scotti raccontò lo scontro seguito allo «sconfinamento» di un carro della ditta Montuoro di Napoli a Casoria. «Fu una sorta di guanto di sfida, cui seguirono omicidi e agguati» spiegò. Ad Afragola, il clan Moccia ha sempre avuto il controllo sul settore delle pompe funebri. Era un monopolio su cui indagò la Dda napoletana. Nel 2012, la Squadra mobile della Questura di Napoli fece un'inchiesta su 45 persone tra dipendenti dei cimiteri, medici legali, titolari e dipendenti di imprese funebri. Tutti pagati per assicurare le soffiate giuste sul defunto.

Il clan Falanga di Torre del Greco aveva appoggiato due imprese amiche per entrare nell'affare onoranze funebri. «Bisognava passare per i Cesarano prima» ha dichiarato un testimone agli inquirenti. E tirò in ballo la ditta «Eredi Cesarano srl». A novembre hanno avuto un'interdittiva antimafia dalla Prefettura di Napoli, su cui pochi giorni fa hanno ricorso al Tar. I Cesarano, organizzatori nel 2015 dei funerali di Vittorio Casamonica, ras del clan romano omonimo, con tanto di musica del Padrino, elicottero e carro trainato da nove cavalli.

Eppure, nel settore, dove solo in Campania lavorano 700 piccole e medie imprese per circa 5mila addetti, la maggioranza lavora con serietà e discrezione. Sono pochi quelli che utilizzano intimidazioni, corruzioni, minacce per ottenere i funerali. Un anno fa, a Torre Annunziata il racket prese di mira l'agenzia di pompe funebri «Vitiello» e una delle piste investigative ipotizzò che fosse un avvertimento partito da ditte concorrenti. Un settore dove le ditte si sono moltiplicate. E la media annuale di 40-50 funerali sono briciole rispetto ai 1500 dai grossi guadagni. Nella provincia di Napoli, lavora la maggioranza di ditte campane: 218. Molte e spesso chi non ha scrupoli si fa aiutare delle intimidazioni dei clan.

Il 13 dicembre del 2017, a pochi metri dal Duomo dove c'era la camera ardente di don Antonio Riboldi, ad Acerra esplose la nona bomba carta consecutiva in due anni contro un'agenzia di pompe funebri. Emblematica la scelta del giorno.

Un business comune ai gruppi mafiosi siciliani come alla criminalità foggiana o anche a gruppi di cartelli di pressione milanesi. Due anni fa, un'inchiesta accertò che il clan di Brancaccio a Palermo controllava la ditta «L'Orchidea» e riusciva ad intimidire le agenzie concorrenti accaparrandosi tutti i funerali all'ospedale Buccheri La Ferla. Un'inchiesta milanese scoprì invece che le agenzie di pompe funebri si «assicuravano il morto» su segnalazione degli infermieri agli ospedali Niguarda, Policlinico e San Carlo che venivano ricompensati con mazzette da 300 euro.

«Pagavo 500 euro a funerale, mi sembrava giusto aiutare le persone uscite dal carcere» ammise un imprenditore delle pompe funebri foggiano in un processo con imputato anche il titolare della ditta «Universal». Si accertò che la ditta «Angeli» si era presa una tacita esclusiva sui funerali dei pazienti morti in ospedale, con la connivenza di medici, autisti di ambulanze, infermieri. Un business che fa gola, sulla pelle del dolore. Agevolato da ben 18 leggi regionali diverse. In Senato, pochi giorni fa è stato depositato un disegno di legge della Lega per uniformare le norme e impedire gli abusi. Chissà se servirà a qualcosa.
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