di Sebastiano Maffettone
Martedì 26 Marzo 2019, 00:00
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Contare i voti è assai più facile di quanto non sia prevedere il futuro dalle viscere degli animali. Lascia meno dubbi di natura interpretativa. Proprio stamattina, aprendo i giornali o facsimili elettronici, abbiamo visto, voti alla mano, che il Centro Destra a trazione Lega vince l’ennesima elezione regionale, quella in Basilicata. Si può pure dire che la Basilicata è piccola e che stiamo parlando di pochi voti. Oppure, che le elezioni regionali non sono le politiche e neppure le europee. Ma il dato di fatto resta. E “factum infectum fieri nequit”, il che poi vuol dire che non possiamo fare finta che quanto accaduto non sia accaduto. Oltre che, più prosaicamente, che il segnale politico è e resta chiaro e forte. Gli elettori basilischi - come del resto tutti gli ultimi che hanno votato regione per regione - non hanno avuto peli sulla lingua: vogliono un minimo di chiarezza politica. Che la destra, insomma, stia con la destra, la sinistra con la sinistra, e via di seguito. 

Questo segnale inequivoco dovrebbe avere delle conseguenze logiche. La prima è che se è vero che il Pd dà alla buonora qualche segno di vita, il cammino per arrivare alla competitività con la destra è ancora lungo. Perdere tante regioni di seguito presuppone una malattia grave, di cui non si vede non dico la terapia ma neppure la diagnosi. Il difficile destino del Pd è però sotto gli occhi di tutti.

Quella che più sorprende, invece, è l’ostinazione del leader maximo della Lega, l’irruento Salvini, a non volere ascoltare l’invito alla coerenza da parte gli elettori. Anche più strana appare la sua insistenza a non prendere sul serio i fatti che -come si diceva- hanno la testa dura. Gli elettori, a scadenze regolari, pretendono omogeneità. Gli dicono: prendi per la mano la coalizione di destra e ti consegniamo il Paese. E lui, di contro, che fa? Neghittosamente, nega l’evidenza, sostiene che il governo giallo-verde va bene così e che resterà saldamente in sella. 

<HS9>Ma quanto potrà durare questa tensione evidente tra volontà popolare e decisione politica? Non molto, si potrebbe scommettere. Anche perché se Salvini può distrarsi, in balia dei dolci effetti dei risultati elettorali, lo stesso non può dirsi per i compagni di governo, i 5 stelle. Questi ultimi prendono botte da orbi e -come si vede in Basilicata- sostanzialmente dimezzano i voti. E non esiste partito (e neppure movimento, suppongo) politico che possa resistere troppo a lungo a una buriana di tale veemenza. Anche perché si è votato di recente non in Trentino, ma in Abruzzo, Sardegna e Basilicata. Tutte regioni del Sud in cui si suppone abbondino elettori più interessati della media al Reddito di Cittadinanza. E se non funziona qui l’appeal elettorale del Reddito di Cittadinanza - tanto voluto dai 5 stelle - dove mai potrà funzionare? 

<HS9>La domanda è di quelle che esigono una risposta a breve. Fare insieme il partito di lotta e di governo, fare l’opposizione la mattina e il ministro la sera, può essere pure una furbata. Ma quando la furbata avvantaggia uno solo dei due partner di governo a spese dell’altro la faccenda non può durare. Ciò concesso, che cosa potrebbe cambiare? Grosso modo, ci sono due opzioni possibili. Nella prima, dopo le europee, cade il governo e si rimescolano le carte. Nella seconda, si ripartiscono più equamente i pesi all’interno della coalizione di governo. Operazione quest’ultima che appare di certo assai complessa.

Lo spartiacque, quello che potrebbe far pendere la bilancia dal lato di una soluzione oppure dell’altra, potrebbe essere costituito dalla legge sull’autonomia differenziata. Che i 5 stelle non possono far passare, pena una forte perdita di consenso al Sud. Ma, parlando di elezioni meridionali, proprio i 5 stelle non si sono accorti che hanno sì ottenuto il Ministero del Sud per la Senatrice Lezzi ma hanno lasciato un pezzo nient’affatto banale del precedente Ministero, sarebbe a dire la “coesione sociale”, nelle mani della leghista Stefani (il cui accento non lascia adito a dubbi sulla provenienza nordista). E quel Mezzogiorno che, nell’ottica della coesione sociale, era il primo problema dell’Italia, come Sud senza coesione sociale - gestito per altro dal leghismo nordista- è puro assistenzialismo senza speranza.
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