Buco nero, ecco la prima foto reale: dista 55 milioni di anni luce. «È l'immagine del secolo»

Scattata la prima foto di un buco nero. «È l'immagine del secolo» Diretta tv
Scattata la prima foto di un buco nero. «È l'immagine del secolo» Diretta tv
di Enzo Vitale
Mercoledì 10 Aprile 2019, 15:14 - Ultimo agg. 11 Aprile, 13:35
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L'immagine di un buco nero, l’oggetto più misterioso dell’Universo, è stata finalmente catturata. A definirne i lineamenti sono stati gli otto radiotelescopi distribuiti in diverse zone del pianeta. Una “squadra” operativa da tempo che, attraverso un'apertura paragonabile al diametro terrestre, ha inquadrato i tratti di Messier 87, una enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine. Questo buco nero dista da noi 55 milioni di anni luce e una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole. Per quanto riguarda invece il tentativo di riprodurre l'istantanea di Sagittarius A*, il buco nero al centro della Via Lattea, ci sarà da attendere. «In ogni caso -hanno riferito i ricercatori presenti all'incontro presso la sede dell'Inaf- stiamo affinando nuove tecniche che ci permetteranno di ottenere la foto entro la fine di quest'anno. Ma questa è solo una previsione».

Buco nero, cosa è e come si forma



Alla “mission impossible” stavolta non ha certamente partecipato Tom Cruise, ma il gruppo di 200 scienziati provenienti da 60 diversi Paesi sparso tra cinque continenti che è riuscito a immortalare i tratti di quel "mostro" distante e  così poco fotogenico.

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Ad ogni modo l'unica istantanea al momento disponibile del centro della nostra galassia era stata catturata tempo fa ed elaborata in banda radio dall'osservatorio MeerKat, in Sudafrica.


(Ecco l'unica immagine del centro della nostra galassia prima di quella scattata dal team di Eht)

LE CAMPAGNE OSSERVATIVE
Tra gli italiani del team di Eht c'è anche l’astrofisico Ciriaco Goddi, ex ricercatore dell'Inaf, attualmente in forza all'Università di Nijmegen e Leiden (Olanda) e membro del gruppo di ricerca dell’Event Horizon Telescope. Il giovane astrofisico sardo ieri ha partecipato all'incontro che si è tenuto presso la sede dell'Inaf a Roma. «Abbiamo condotto due campagne osservative -spiega lo scienziato-, la prima nell’aprile 2017 e la seconda nello stesso mese del 2018 (entrambe di durata di circa una settimana). I risultati che abbiamo presentato oggi  riguardano esclusivamente i dati del 2017. Solo in quell'anno abbiamo raccolto qualcosa come 4 Petabytes  di dati (ossia 4000 Terabytes!).  Poi per ridurre, calibrare, validare e analizzare quei dati  e, ovviamente, convertirli in immagini radio delle sorgenti, c'è voluto un anno e mezzo».

LE DIFFICOLTA'
«Abbiamo ottenuto una immagine astronomica ottenuta dalla elaborazione di segnali radio rivelati in singoli radiotelescopi -continua Goddi- e combinati a coppie e poi trasformati in luce emessa dalla sorgente. Non è una immagine ottica, come quella che uno potrebbe ottenere con una macchina fotografica, ma un'immagine radio». «Quello che stiamo facendo -ha invece ribadito il direttore del progetto Eht, Sheperd Doeleman del Center for Astrophysics della Harvard University- è dare all’umanità la possibilità di vedere per la prima volta un buco nero – una sorta di ‘uscita a senso unico’ dal nostro universo. E' una pietra miliare nell’astronomia, un’impresa scientifica senza precedenti compiuta da un team di oltre 200 ricercatori».

L'OBIETTIVO DELLA SQUADRA DI EVENT HORIZON TELESCOPE
L’esperimento si presentava già  in apparenza come una missione impossibile. Sagittarius A* e il buco nero al centro di M87. Per quel che riguarda il centro della Via Lattea sappiamo che a 26 mila anni-luce da noi: «ha un orizzonte degli eventi -spiega ancora Gotti- che si estende per circa 24 milioni di chilometri (circa 17 volte più grande del Sole). Ciò corrisponde a un angolo sotteso nel cielo di soli venti microsecondi d’arco (equivalente a una mela sulla Luna vista da terra). Ecco perché “scattare una foto” a un oggetto cosi compatto sembrava di prima acchito una missione impossibile».

L'APPORTO DELL'ITALIA
Sono stati diversi gli scienziati italiani che hanno preso parte alla ricerca. Oltre a Ciriaco Goddi ci sono Luciano Rezzolla (Università di di Francoforte), coinvolto nel progetto fin dal 2014,  va poi segnalata la ricercatrice Mariafelicia de Laurentis, ora professore ordinario all'Universita di Napoli (si e’ unita al gruppo di Francoforte come esperta di teorie della gravitazione tre anni fa). Infine, nel 2018, sono stati coinvolti altri due fisici dell'Inaf: Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl.

IL MOMENTO CLOU E LE IMMAGINI SU WHATSAPP
Nel corso della ricerca ci sono stati molti momenti no. Lo studio ha avuto alti e bassi. Ciriaco Goddi ne ricorda alcuni: «Probabilmente uno dei momenti più emblematici è stato quando ho visto per la prima volta la collezioni di immagini. Nell’EHT, il lavoro è fatto in gruppi di lavoro che hanno diverse mansioni (ad esempio organizzazione delle osservazioni, calibrazioni dei dati, modelli teorici, ecc.). Il gruppo responsabile per produrre immagini si chiama Imaging Working Group. C’e’ stato un workshop di questo gruppo ad Harvard in Cambridge a Luglio 2018. Io non ho partecipato fisicamente perche ero impegnato su un altro fronte, pero il gruppo usa una piattaforma di comunicazione online slack (simile a whatsapp) Ed e’ la che sono state postate le prime immagini ottenute durante il workshop dal gruppo di lavoro. Siccome erano anni che vedevo immagini simulate (cioe non fatte di dati veri), e queste immagini ricordavano esattamente quelle simulate, chiesi il perche stavano postando immagini simili invece che quelle vere (dai dati veri). Al che mi risposero che non erano fake images, ma che erano le immagini vere della sorgente, dai dati che avevamo acquisito e calibrato in precedenza.

Non mi ricordo se avessi risposto o no, pero ricordo che rimasi un po basito, tra l’incredulo e l’estasiato, pensando fra me e me….OMG (Oh my God, ndr), ce l’abbiamo fatta».

I RITARDI
I risultati di Eht erano attesi qualche mese fa, ma a causare il ritardo sono stati, principalmente, due motivi. Il primo riguarda la creazione del software per analizzare i dati, visto che era la prima volta che vengono acquisiti dati di questo genere. La seconda ragione è più sottile, ma non meno importante: paradossalmente, capire in maniera estremamente dettagliata e accurata i dati dell’EHT è stato molto difficile proprio per la loro elevata qualità. Il gigante ALMA in Cile (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), una serie di radiotelescopi composto da 66 parabole con diametro di 12 e 7 metri, ha giocato un ruolo fondamentale nel processo di elaborazione dei dati che d’ora in poi, cioè per la seconda serie di dati, dovrebbe riservare meno sorprese e procedere più speditamente.

UN PO' DI STORIA DI SAGITTARIUS A*, IL MOSTRO AL CENTRO DELLA VIA LATTEA
«Sgr A* - spiega il giovane astrofisico Filippo Bonaventura- , il mostro al centro della nostra galassia, fu individuato inizialmente come sorgente radio compatta nei primi anni ’50. Nel decennio successivo si scoprì che è situato proprio al centro della Via Lattea. Nel 1971 si cominciò a parlare di Sgr A* come di un gigantesco buco nero. La conferma arrivò dopo gli anni ’90, con lo studio dell’orbita di S2 e di altre stelle vicine».

Chiuso quindi il capitolo della galassia M87, si apre quello della cattura delll'immagine del mostro al centro della nostra galassia. Per questo i ricercatori si stanno già organizzando: sperano di scattare il fatidico click entro la fine di quest'anno.

enzo.vitale@ilmessaggero.it

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