Tozzi, il produttore di Gomorra: «Circeo, il processo diventa una serie tv»

Tozzi, il produttore di Gomorra: «Circeo, il processo diventa una serie tv»
di Ilaria Ravarino
Giovedì 18 Aprile 2019, 00:00 - Ultimo agg. 06:30
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Il massacro del Circeo del 1975 (la notte fra il 29 e 30 settembre) diventerà una serie tv, sviluppata da Cattleya e pronta tra la primavera e l’autunno del 2020. A confermarlo a Il Messaggero è il produttore Riccardo Tozzi, al lavoro su un progetto «incentrato non sul fatto di cronaca in sé, ma sul processo che si svolse a carico degli imputati e sulle tante cose che gli sono girate intorno. Un racconto che faccia luce sugli enormi cambiamenti di costume che attraversarono gli Anni Settanta, cambiamenti accelerati da un processo che mise in campo tutto il peggio e il meglio della cultura sessuale del momento». 

L’ATTACCO
Apertosi a Latina nel 1976 e terminato con l’ergastolo in primo grado per gli assassini, il processo del Circeo vide sul banco degli imputati Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira (fuggito prima della sentenza), tre giovani della borghesia romana accusati di aver rapito, violentato e torturato due ragazze di 17 e 19 anni: Rosaria Lopez, ritrovat amorta nel bagagliao di un’auto, e Donatella Colasanti, sopravvissuta. Il processo, caso mediatico e trampolino di lancio per il movimento femminista italiano (le donne si costituirono parte civile e parteciparono con presidi e picchetti), si chiuse nel luglio di quell’anno alla presenza dell’unica superstite del massacro, Donatella Colasanti, diventata icona involontaria della lotta per i diritti delle donne. 

Un ruolo che la ragazza, la cui reputazione personale fu brutalmente attaccata dalla difesa di Izzo, non accettò mai: «Nell’aula c’erano solo donne, ma per me dovevano intervenire tutti. Non era un processo che riguardava solo noi», disse in un’intervista a Enzo Biagi poco prima della morte (il 30 dicembre 2006), nella quale ammise di essere stata ferita più «dall’ignoranza e dalla strumentalizzazione» seguita al caso che dal «dolore fisico» di quella notte. Una posizione che la serie cercherà, spiega Tozzi, di rispettare: «Sarà anche la storia di una giovane ragazza che non era pronta a tutto quello che sarebbe arrivato dopo. Una ragazza travolta dal vento del grande cambiamento». 
Immaginato come una serie «breve, da sei o otto puntate della durata compresa fra i 35 e i 40 minuti», il processo del Circeo sarà un legal drama vicino - per struttura e intenti - alla serie American Crime Story, trasmessa in Italia da Fox Crime. «Penso a come gli americani con quella serie hanno raccontato il caso O. J. Simpson, a come attraverso un fatto di cronaca siano riusciti a declinare il tema dei confronti razziali nella loro società. Proveremo ad avere lo stesso approccio laico, senza buoni o cattivi, raccontando tutti i risvolti dei mondi coinvolti nel processo. Nel nostro caso i colpevoli sono cattivi, non c’è alcun dubbio in merito». 

Quanto a Izzo nessun avvicinamento sarebbe stato tentato con lui o con la sua famiglia, mentre «per delicatezza e rispetto» saranno presto contattati i parenti delle vittime. «Ci bastano gli atti del processo - dice Tozzi - abbiamo attinto a materiale pubblicato e atti processuali consolidati, non faremo voli pindarici sul tema». Al lavoro sul copione, in dirittura d’arrivo, la Cattleya ha voluto due donne: Flaminia Gressi, prima a intuire le potenzialità della storia, e Lisa Nur Sultan, la mano esperta dietro al lavoro di sceneggiatura di Sulla mia pelle sul caso Cucchi. «Del delitto si parlerà, certo, ma non lo racconteremo con ricostruzioni, non lo vedremo succedere. Sarà un lavoro diverso, non avrà nulla di scandalistico, ci concentreremo sui cambiamenti nel costume». 
La nascita del movimento femminista, la legge sullo stupro, il cambio della mentalità secondo la quale, in un paese in cui si contavano 11.000 casi di stupro all’anno, «una donna di buoni costumi» non avrebbe potuto essere violentata, sono alcune delle conseguenze di quel processo. 

I CAMBIAMENTI
Senza dimenticare, aggiunge Tozzi, che «anche le cause migliori non possono prescindere dalla schematizzazione. Spesso i singoli individui restano schiacciati da questi grandi cambiamenti sociali. E le vittime diventano vittime due volte». Per quanto riguarda il cast, «faremo come piace a noi: tutti volti nuovi e un’attrice più adulta e nota. Alle regia ancora non abbiamo pensato, ma vedo tanti esordi molto interessanti e credo che quello sia un bacino in cui pescare». La serie potrebbe non rimanere un caso isolato. Proprio come American Crime Story, il processo del Circeo sarà la prima parte di una serie antologica dedicata ai “grandi casi” italiani: «È un filone che vorremmo seguire, quello di prendere quei grandi casi di cronaca in grado di mostrare il paese nel pieno del conflitto culturale. Già abbiamo in mente un altro paio di possibilità. Anche casi più grandi, penso al rapimento Moro, sono eventi che hanno avuto un impatto molto forte sul nostro modo di pensare, sentire e ragionare».
 
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