Miglio d'oro, tesori all'ombra del Vesuvio

Miglio d'oro, tesori all'ombra del Vesuvio
di Ugo Cundari
Martedì 23 Aprile 2019, 13:20
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Un miglio, pari a poco più di un chilometro e seicento metri, collega Ercolano a Torre del Greco, con tappe fuori del percorso rettilineo come Barra, Portici, San Giovanni a Teduccio, San Giorgio a Cremano. Era detto d'oro perché ingentilito da file di alberi e sequenze di giardini roccocò e neoclassici, ricchi di arance, limoni, mandarini. Lungo questa strada fioriva una natura così rigogliosa da riflettere il sole su ogni edificio, colorandolo nelle tonalità del metallo più prezioso. Sulla strada si ergevano ville sontuose, a cominciare dalla Reggia di Portici, commissionata nel 1738 ad Antonio Canevari da Carlo di Borbone.

Oggi che questo miglio si è gonfiato diventando un percorso di quattro miglia, le ville interessate sono centoventidue tra le quali, oltre la Reggia, ci sono i monumentali palazzo d'Elboeuf e palazzo Ruffo di Bagnara a Portici, villa Bisignano a Barra, villa Bruno, villa Vannucchi e villa Pignatelli a San Giorgio a Cremano, villa Prota e villa delle ginestre a Torre del Greco.
 

 

Questo celebre itinerario rivive nel libro fotografico, a cura di Sergio e Riccardo Siano, Oltre il miglio d'oro (Intramoenia editore, pagine 224, euro 24), dove le immagini diventano documento di bellezza passata e di attuale abbandono, in cui però lo sguardo del fotografo riesce ad esaltare particolarità architettoniche, suggestioni poetiche, straordinarietà monumentale nel contesto urbano che oggi accoglie queste ville.

L'autore dei testi è Domenico Maria, giornalista e profondo conoscitore della storia della costa vesuviana, e scrive: «I sovrani e i loro architetti di corte, invece che risolvere i problemi di congestione delle capitali, trovarono soluzioni completamente diverse che da un lato completassero lo schema barocco delle simmetrie e del governo degli spazi, e dall'altro rispecchiassero un'idea nuova del monarca, che fosse più attento ai bisogni dei sudditi ma al tempo stesso si distinguesse da essi, fuggendo dal caos delle città, dai miasmi, dai rischi di sollevazioni. Al di fuori delle mura urbane furono creati nuovi luoghi che ne celebrassero l'autorità, il potere, la grandezza e ne preservassero l'incolumità della famiglia reale, della corte e dei ministri».

Maria ricostruisce la storia delle antiche dimore, ma oltre a celebrarle denuncia i mali del presente, le ristrutturazioni arbitrarie, i neon che spuntano in mezzo ai giardini, i generatori elettrici dietro le fontane. Lo stato di abbandono è diffuso, come quello del giardino di villa Favorita a Ercolano, il cui grande parco versa «in uno stato di degrado con una fitta vegetazione spontanea e invasiva che in anni di incuria ha nascosto le simmetrie dei viali e gli elementi decorativi come la pagoda cinese, la peschiera e i chioschi in stile moresco che versano in precarie condizioni». Il decadimento è iniziato con i saccheggi tra l'Ottocento e il Novecento e i bombardamenti nella seconda Guerra mondiale.

Eppure l'aura di fascino che circonda questi luoghi è ancora intensa, spesso alcune ville sono state utilizzate come set cinematografici, «per ambientazioni che descrivessero sfarzo antico e decadenza moderna, tracce di aristocrazia degradate da un utilizzo popolare».
Villa Campolieto ad Ercolano ha prestato il suo atrio, lo scalone monumentale e il salone delle feste al film «Operazione San Gennaro» di Dino Risi del 1966 nella scena del banchetto nuziale. A villa Vannucchi a San Giorgio a Cremano sono state invece girate le scene iniziali del film «Ricomincio da tre» di Massimo Troisi del 1981. Villa Pignatelli di Montecalvo è stata scelta come abitazione, affacciata su una piazzetta di un rione popolare, del protagonista del film «Reality» di Matteo Garrone del 2011.

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