​Decreto crescita, taglio Ires alle imprese e via libera al salva-truffati

Dl crescita, taglio Ires alle imprese e via libera al salva-truffati
​Dl crescita, taglio Ires alle imprese e via libera al salva-truffati
di Andrea Bassi
Mercoledì 24 Aprile 2019, 07:40 - Ultimo agg. 07:41
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I nodi, tecnici e politici, si sono rivelati difficili da sciogliere. Il decreto crescita, che pure secondo gli stessi calcoli del governo contribuirà al Pil di quest’anno con un modesto 0,1%, passerà alle cronache come uno dei provvedimenti dalla gestazione più lunga. Oggi ci sarà l’ennesimo tentativo di trovare un accordo. Con il paradosso che il travaglio c’è a parto già avvenuto, visto che il consiglio dei ministri ha approvato il decreto “salvo intese” il 4 aprile scorso. Il testo, nei venti giorni di tira e molla tra Lega e Cinque Stelle, è stato alleggerito. Le norme “bandiera” sono due: il taglio dell’Ires, voluto dal Carroccio; e la riduzione delle tasse sui capannoni industriali chiesto dal Movimento. Inizialmente la sforbiciata delle tasse sui profitti delle imprese avrebbe dovuto essere di quattro punti, dal 24% al 20%. Non si andrà oltre il 20,5% e il taglio sarà spalmato su tre anni, anche se per il 2019 il taglio sarà di 2 punti al 22%. Luigi Di Maio voleva cancellare del tutto il prelievo fiscale sui capannoni industriali. Alla fine sarà più semplicemente aumentata la deducibilità fiscale dall’attuale 40% al 70%, e anche in questo caso un pezzetto alla volta per i prossimi tre anni. Nel decreto arriva anche una nuova rottamazione. Questa volta riguarderà gli atti notificati dai Cumuni o dagli agenti della Riscossione a nome di questi ultimi. Il condono, insomma, riguarderà sostanzialmente le multe stradali notificate ai cittadini tra il 2000 e il 2017. Lo sconto riguaderà gli interessi e le sanzioni e i sindaci avranno 60 giorni per deliberare le regole per aderire alla rottamazione. Le imprese ottengono anche il super-ammortamento al 130%, ossia un consistente sconto fiscale sull’acquisto di beni strumentali. Ma anche in questo caso è stato introdotto un limite: il valore massimo degli investimenti ammissibili non potrà superare i 2,5 milioni di euro.

Ci sarà anche una riapertura del bonus aggregazioni, una misura il cui scopo è favorire la crescita dimensionale delle imprese. Tutti gli sconti e le agevolazioni introdotte con il decreto troveranno copertura finanziaria dall’eliminazione della cosiddetta “mini-Ires”, l’applicazione di un’aliquota ridotta al 15% per le imprese che effettuano assunzioni o investimenti aggiuntivi rispetto a quelli programmati. Si tratta di una norma che Lega e Movimento Cinque Stelle avevano introdotto con la legge di Bilancio ma che si è dimostrata troppo complicata da attuare. Tesoro e Palazzo Chigi avrebbero voluto fare di più. Avrebbero, cioè, voluto destinare più risorse alla crescita attingendo altri 600 milioni dal “tesoretto” che si sta materializzando nelle casse dello Stato per le richieste inferiori alle attese sia per il Reddito di cittadinanza che per il prepensionamento con Quota 100. Ma su questo Lega e Cinque Stelle non si sarebbero trovati d’accordo. I grillini avrebbero voluto pescare tutti e 600 i milioni da Quota 100, mentre la Lega, che pure è consapevole che quei risparmi ci sono, vorrebbe riservarli al sistema pensionistico per la “fase 2” della riforma, quella che dovrebbe introdurre il pensionamento «Quota 41», cioè la possibilità di lasciare il lavoro a qualsiasi età avendo versato contributi per 41 anni.
 
Nel decreto crescita arriva poi, la soluzione definitiva per i risparmiatori rimasti coinvolti nei crac delle banche. Il salva-truffati prevede, come chiesto dal Tesoro, il doppio binario. I rimborsi saranno del 95% per gli obbligazionisti e del 30% per le azioni. La soglia dei rimborsi sale a 200 mila euro. Per chi ha redditi inferiori a 35 mila euro e un patrimonio non superiore a 100 mila euro, la procedura sarà rapida. Per tutti gli altri ci dovrà comunque essere il vaglio di una commissione tecnica che verifichi l’aggiramento delle regole nella vendita dei prodotti. Un modo per evitare che Bruxelles possa bocciare le norme inserite nel provvedimento.
 

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