Xylella, Efsa: «Non c'è cura, tutta l'Ue a rischio»

Xylella, Efsa: «Non c'è cura, tutta l'Ue a rischio»
Xylella, Efsa: «Non c'è cura, tutta l'Ue a rischio»
Mercoledì 15 Maggio 2019, 11:20 - Ultimo agg. 11:23
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Non c'è cura per la Xylella e le misure di controllo Ue restano per ora l'unica soluzione. Non esiste ancora una cura in grado di eliminare il batterio vegetale xylella fastidiosa che minaccia non solo i Paesi mediterranei ma la maggior parte del territorio Ue. Sono le conclusioni di due pareri dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) resi noti oggi. Le opinioni confermano che alcuni trattamenti sperimentati in questi anni possono ridurre i sintomi, ma non eliminano il batterio. L'applicazione tempestiva delle misure di controllo Ue resta quindi l'unico modo per fermarlo.

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La lotta alla xylella, sottolineano gli esperti Efsa nei documenti con cui aggiornano allo stato attuale delle conoscenze scientifiche altrettanti rapporti del 2015, è complicata dal ritardo con cui si manifestano i sintomi. Controllo degli insetti vettori e corretta e tempestiva applicazione delle misure di emergenza attualmente in vigore a livello Ue (taglio delle piante infette e di quelle suscettibili di infezione nel raggio di 100 metri) risultano quindi decisive.

Le simulazioni condotte dal panel Efsa suggeriscono che l'eradicazione potrebbe essere ottenuta anche con un raggio inferiore ai 100 metri, ma solo in caso di diagnosi precoce della malattia, controllo degli insetti vettori molto efficiente per adulti e larve, rimozione immediata delle piante. Al contrario, se il vettore è scarsamente controllato, anche nel caso del raggio di taglio attuale, l'eradicazione potrebbe fallire. Ridurre le zone tampone, quelle che separano l'area infetta dall'area indenne, aumenta drasticamente la probabilità di espansione dell'epidemia.

Il batterio xylella fastidiosa, capace di infettare oltre 500 specie vegetali in tutto il mondo con 100 milioni di dollari l'anno di danni calcolati solo sui vigneti californiani, è stato individuato per la prima volta in Europa nel 2013 in Salento, in Puglia, quale responsabile della sindrome di disseccamento rapido degli ulivi. Nel 2015 il batterio è stato identificato in Francia, in Corsica e nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Nel 2016 è stata la volta delle Baleari, con infezione di ulivi, viti e mandorli, e di una serra in Germania.

Le piante nel focolaio tedesco sono state distrutte e il batterio eliminato, operazione resa più semplice dal fatto che si trattava di un vivaio e non di una vasta area, come accade in Puglia o nella Spagna sud-orientale, dove nel 2017 il batterio viene trovato sui mandorli nella provincia di Alicante, con l'area dell'epidemia che oggi supera i 134mila ettari. Nel 2018, la Spagna ha notificato la presenza del patogeno in un ulivo situato nella regione autonoma di Madrid, e nello stesso periodo un vivaio belga distruggeva tutti gli ulivi in azienda dopo averne trovato uno infetto. All'inizio del 2019 sono stati segnalati due nuovi focolai, uno in Toscana sul Monte Argentario e l'altro nel distretto di Porto in Portogallo su piante ornamentali e spontanee.

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