La Chiesa di Roma scende in piazza per dire basta al razzismo e alla politica delle chiusure

La Chiesa di Roma scende in piazza per dire basta al razzismo e alla politica delle chiusure
di Franca Giansoldati
Venerdì 7 Giugno 2019, 12:18
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Città del Vaticano – La Chiesa di Roma e del Lazio si mobilita in massa per i poveri e migranti, senza fare distinzione tra stranieri e italiani, e il giorno della vigilia di Pentecoste, sabato 8 giugno, porterà decine di migliaia di persone a San Pietro. L'obiettivo è quello di riempire il colonnato per pregare con il Papa e lanciare il messaggio al mondo della politica: non si possono fare distinzioni: «I bambini, i giovani, le famiglie, gli anziani da soccorrere non possono essere distinti in virtù di un prima o di un dopo sulla base dell'appartenenza nazionale».

Ci saranno tutti i vescovi. Palestrina, Velletri, Viterbo, Frascati, Montecassino Albano, Gaeta, Rieti, Porto Santa Rufina, Poggio Mirteto, Anagni, Tivoli. Civita Castellana. Ai cattolici di Roma e del Lazio che andranno al meeting, in questi giorni è arrivata una lettera, in cui si spiegano le ragioni di questa iniziativa. Dare testimonianza a chi soffre, ai migranti, ai rom, ai disoccupati, senza alcuna distinzione tra italiani o stranieri.

«Purtroppo – si legge nella lettera del cardinale De Donatis - nei mesi trascorsi le tensioni sociali all'interno dei nostri territori, legate alla crescita preoccupante della povertà e delle diseguaglianze, hanno raggiunto livelli preoccupanti. Desideriamo essere accanto a tutti coloro che vivono in condizioni di povertà: giovani, anziani, famiglie, diversamente abili, disagiati psichici, disoccupati e lavoratori precari, vittime delle tante dipendenze dei nostri tempi. Sappiamo bene che in tutte queste dimensioni di sofferenza non c'è alcuna differenza: italiani o stranieri, tutti soffrono allo stesso modo».

Prosegue il cardinale De Donatis: «Da certe affermazioni che appaiono essere di moda potrebbero nascere germi di intolleranza e di razzismo che, in quanto discepoli del Risorto, dobbiamo poter respingere con forza. Chi è straniero è come noi, è un altro noi: l'altro è un dono. È questa la bellezza del Vangelo consegnatoci da Gesù: non permettiamo che nessuno possa scalfire questa granitica certezza». Poi aggiunge che «l'accoglienza verso l'altro, soprattutto quando si trovi nel bisogno» è per un cristiano un dovere».


 
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