Gli insulti del direttore della Tiberina in fabbrica: «I napoletani? Vanno bruciati tutti»

Gli insulti del direttore della Tiberina in fabbrica: «I napoletani? Vanno bruciati tutti»
di Pino Neri
Giovedì 11 Luglio 2019, 22:57 - Ultimo agg. 12 Luglio, 08:30
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«Bisogna bruciare tutto: Napoli, tutti i napoletani e i loro rifiuti, perché i napoletani sono un rifiuto del mondo». È una delle tante frasi zeppe d’odio che circolano sui social. Ma qualche giorno fa il direttore di una grande azienda metalmeccanica, la Tiberina di Pomigliano, una multinazionale italiana, indotto Fiat, l’ha presa da internet per utilizzarla in fabbrica. Obiettivo: «spronare» gli operai a essere più civili, puliti ed efficienti, a «reagire concretamente – come poi il manager stesso ha spiegato – contro i giudizi razzisti e leghisti».
 
A ogni modo la frase insultante, una volta messa sui display informativi dello stabilimento, ha profondamente offeso le tute blu partenopee. Tanto che alcuni lavoratori della Tiberina hanno anche scioperato contro la provocatoria iniziativa del direttore: si è fermato il turno di notte. 

Nel frattempo il segretario nazionale della Fiom, Michele De Palma, e uno dei responsabili territoriali del sindacato, Mario Di Costanzo, nello stigmatizzare duramente l’accaduto hanno chiesto il siluramento del manager. 

Il fatto si è consumato nello stabilimento Tiberina di Pomigliano, dieci giorni fa, ma si è saputo solo ora che i dipendenti hanno fatto circolare la foto della frase incriminata, comparsa sui tabelloni digitali dello stabilimento, tabelloni che in genere si utilizzano per informare i lavoratori circa la sicurezza e l’organizzazione in fabbrica. Dal canto suo però, Dario Liccardo, manager plant della Tiberina, ingegnere, 45 anni, da tempo residente a Gaeta, assicura che «si è trattato del più classico dei malintesi». Liccardo è napoletano, nato e cresciuto al Vomero fino a 21 anni. Da allora non abita più a Napoli, dov’è tornato a dirigere una delle fabbriche Tiberina, nel 2018. Il dirigente parla con uno spiccato accento sospeso tra il gaetano e il romanesco. «Stando in provincia di Latina – si spiega - ho cercato di non prendere l’accento napoletano. Ma sono più napoletano dei napoletani. Ho usato – chiarisce poi - quella frase, credo leghista, presa da internet, e l’ho fatta mettere sui pannelli informativi dopo una serie di episodi». Il direttore parla di «una cocomerata in mensa, lasciata sporca» e di «distrazioni sui prodotti». 

Poco prima c’era stato uno sciopero di un’ora a turno per il troppo caldo nei reparti. Nella Tiberina di Pomigliano non c’è l’aria condizionata. Non ci sono nemmeno estrattori, solo dei ventilatori: una situazione che alimenta conflittualità. Ci si chiede inoltre se ci fosse bisogno di esporre una virulenta frase razzista per «spronare» gli operai. «Lo ripeto – risponde l’ingegnere - c’è stata una cattiva interpretazione. Io sotto il post ho anche scritto che dobbiamo reagire a questi giudizi con comportamenti adeguati. Io non sono razzista, sono napoletano, ci mancherebbe». Alcuni operai hanno preteso scuse pubbliche. Che non sono giunte. «Non userò più frasi del genere – promette intanto Liccardo - eviteremo di prendere da internet frasi leghiste per spronare. Domani chiarirò con le rsu». 

Ma la Fiom resta sulle sue. «Riteniamo inaccettabile – fa sapere Mario Di Costanzo - il comportamento del direttore di Tiberina. Seppur motivando la frase come esortazione ai lavoratori per un maggior impegno, si cerca nella realtà di nascondere le proprie incapacità. Quella frase è stata una vera caduta di stile che non appartiene per storia e cultura al popolo napoletano e al mondo operaio in generale. Siamo indignati e aspettiamo che lui si scusi con i lavoratori, costretti in fabbrica a temperature disumane».
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