Autonomia, il modello De Luca:
«Stessi diritti per tutte le regioni»

Autonomia, il modello De Luca: «Stessi diritti per tutte le regioni»
di Nando Santonastaso
Venerdì 12 Luglio 2019, 08:52 - Ultimo agg. 13:54
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Non potrebbe essere più abissale la distanza che separa la proposta di autonomia avanzata ieri al governo dalla Regione Campania rispetto a quelle già in discussione a Palazzo Chigi su iniziativa di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Perché è il presupposto su cui si fonda a fare la differenza: ovvero, la difesa rigorosa dell'unità nazionale, come ripete ormai da mesi il governatore Vincenzo De Luca. In sintesi, nessun travaso di poteri dallo Stato in materie chiave come la scuola o la sanità salvo che per interventi di sburocratizzazione che nulla hanno a che vedere con l'assetto nazionale, sancito peraltro dalla Costituzione, delle due materie. E che, ovviamente, sono lontani anni luce dalle proposte di concorsi, formazione, programmi e assunzioni gestite direttamente dalle Regioni come si legge, a proposito dell'istruzione ad esempio, nelle bozze di intesa di Lombardia e Veneto.

 

TRE PUNTI
Alla Campania l'autonomia, al di là delle interpretazioni politiche del documento diffuso ieri, interessa soprattutto per tre punti: l'abolizione della spesa storica come parametro di riferimento delle risorse pubbliche da assegnare con la riforma alle Regioni; l'attuazione vera e non più virtuale del fondo di perequazione previsto dall'articolo 119 della Costituzione per colmare i ritardi delle Regioni che sono rimaste indietro (e non certo solo per colpa loro); la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, punto di partenza obbligato di ogni percorso anche finanziario - di riequilibrio dei servizi pubblici tra Nord e Sud. Così per la tutela della salute, la Regione chiede autonomia piena in materia sanitaria, fatto salvo il carattere nazionale dell'organizzazione sanitaria pubblica e la funzione dello Stato di vigilanza sulla qualità e omogeneità dei servizi al cittadino.
E anche per istruzione e formazione professionale, vale il principio della compatibilità con il carattere nazionale della scuola pubblica.
SNELLIMENTO
Accanto a questi pilastri, l'autonomia made in Campania propone una serie di misure di snellimento procedurale in varie materie, attualmente di competenza statale. Come per le valutazioni di impatto ambientale, ad esempio, attinenti a progetti finalizzati alla realizzazione di opere ubicate esclusivamente nel territorio della Regione; o alle autorizzazioni paesaggistiche minori, sottoposte spesso al vaglio delle soprintendenze, accusate di rallentare oltre il comune buon senso l'iter di lavori indispensabili a migliorare la qualità della vita della popolazione. Ci sono poi le richieste di «pagamento dei contributi comunitari destinati alle imprese agricole operanti nel territorio della Regione»; l'integrazione delle funzioni attribuite ai provveditorati alle opere pubbliche e agli uffici del genio civile; la gestione di una rete regionale dei musei e dei beni culturali.
LE RISORSE
Anche sul nodo strategico delle risorse, l'autonomia campana è profondamente diversa da quelle delle altre tre Regioni. L'assegnazione «delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all'esercizio delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, trasferite o assegnate dallo Stato alla Regione» deve avvenire sulla base di paletti assai precisi. Come i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, come sancito dall'art. 117 della Costituzione, e dalla legge delega n. 42 del 2009; e i fabbisogni e i costi standard, calcolati in funzione dei livelli essenziali delle prestazioni e non della spesa storica».
Se i Lep e i relativi fabbisogni non fossero definiti, toccherebbe allo Stato determinarli e alle Camere approvarli, recita il documento. Che poi precisa: «Nelle more, e comunque non oltre il primo anno, l'attribuzione delle risorse avviene sulla base della spesa destinata a carattere permanente, fissa e ricorrente, a legislazione vigente, sostenuta dallo Stato nella Regione Campania, riferita alle funzioni trasferite o assegnate».
Sarà inoltre il gettito Irpef e quello proveniente da altri tributi erariali a finanziarie le nuove competenze sulla base dei tributi imponibili a livello regionale. Perché, dice la Regione, anche con il trasferimento di nuove competenze «vanno garantite le risorse necessarie data la ridotta capacità fiscale per abitante del territorio». Di qui la richiesta che «rimanga fermo l'obbligo dello Stato di costituire il fondo perequativo di cui all'art.119 della Costituzione per conseguire il riequilibrio tra Nord e Sud».
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