Camorra, calcio e scommesse: truccato il lancio della monetina

Camorra, calcio e scommesse: truccato il lancio della monetina
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 12 Agosto 2019, 23:00 - Ultimo agg. 13 Agosto, 09:00
4 Minuti di Lettura

Hanno trovato un metodo ritenuto infallibile per scommettere sulle partite del campionato italiano. Un metodo ritenuto blindato e che richiede un coinvolgimento minimo di un paio di giocatori, i due capitani, quelli che - all’inizio della partita - si incrociano a metà campo con l’arbitro per il momento fatidico della «monetina». È il pentito Alfredo Sartore a raccontare questo retroscena, nel corso delle indagini sulla camorra del rione Traiano, sul gruppo di Vincenzo Cutolo, il figlio di Salvatore Borotalco, che dallo scorso maggio è in cella come presunto reggente del narcotraffico napoletano.
 
È il filone del calcioscommesse, un capitolo sempre attuale, alla luce del giro di denaro che ruota attorno al bel mondo del calcio, che viene esplorato grazie a un retroscena, quello del «kick off», del calcio d’inizio: quando i due capitani vengono chiamati dall’arbitro per il lancio della monetina (che assegna a una squadra il diritto di dare inizio alla partita), c’è un accordo segreto che consente di indirizzare la scelta dell’arbitro. Su questo accordo, la camorra è in grado di scommettere e di incassare soldi, anche se non è chiaro su quale piattaforma avvengano le puntate.

In sintesi, il pentito dice di aver assistito - nell’estate di qualche anno fa - a una conversazione tra Vincenzo Cutolo e alcuni amici calciatori, durante una partita di calcetto nei campi di Agnano: «Io ero vicino a loro e parlavano tra di loro di calcio scommesse. Dicevano che era più facile non coinvolgere i calciatori ma puntare sul kick off, che sarebbe la monetina di chi batte il calcio d’inizio, perché in questo modo si coinvolgeva soltanto il capitano dell’altra squadra».

Indagini in corso, al momento non risultano calciatori sotto inchiesta, mentre le verifiche puntano sul giro d’affari di Vincenzo «Borotalco» Cutolo. Figlio del boss Salvatore, detenuto per omicidio dal lontano 2007, il presunto reggente del clan di rione Traiano viene indicato dai carabinieri per la sua vita da vip, tra alberghi di lusso nella Capitale, abbigliamento griffato e conoscenze nel bel mondo del calcio e dell’economia. Controllerebbe nove piazze di spaccio, con incassi di 18mila euro al giorno, solo per la cocaina. 
Vantava conoscenze anche tra calciatori di serie A, tanto da spedire pastiere all’incolpevole ex capitano della Roma Daniele De Rossi, tramite l’amico Antonio Floro Flores (entrambi ovviamente estranei alle indagini della Procura di Napoli e a fatti legati al calcio scommesse). 

Scrivono gli investigatori: «Pur non risultando che abbia mai svolto attività lavorativa, dispone di ingenti risorse di denaro, che spesso vengono destinate alle scommesse sportive». Non solo droga, dunque. Arrestato lo scorso maggio, nei prossimi mesi dovrà difendersi dall’accusa di essere il capo del narcotraffico a Napoli est (è difeso dalla penalista partenopea Antonella Regine), mentre vanno avanti anche verifiche su un centro di scommesse illegale, ricavato in un sottoscala del rione Traiano. È uno dei filoni investigativi su cui batte la Dda di Napoli, grazie al lavoro dei pm Francesco De Falco (magistrato che ha smantellato la paranza dei bimbi a Forcella e che oggi è candidato al Csm), Giuliano Caputo, sotto il coordinamento dell’aggiunto Giuseppe Borrelli. Uno scommettitore seriale, quasi patologico, che riusciva a piazzare puntate di migliaia di euro. Migliaia di pagine di informativa, agli atti scommesse di tutti i tipi, con la voce di «borotalco» jr che detta la linea: «Mi sono giocato mille euro sul Siviglia...», «metti due e cinquanta e due e cinquanta per Brescia e Reggina», sono solo alcune delle scommesse appuntate dai carabinieri. 

E non è finita.

Non mancano particolari misteriosi, come la morte di uno dei gestori del centro scommesse - tale Francesco Pascarella - deceduto in un incidente stradale alcuni anni fa in via Caravaggio, trovato con novemila euro in tasca. Un incidente avvenuto la notte tra il 24 e il 25 aprile del 2014 (pochi giorni dopo le conversazioni intercettate dalla Dda di Napoli con Cutolo jr), su cui ora la Procura di Napoli punta a fare chiarezza. Ore dense di lavoro per i pm, che stanno interrogando in queste ore Gennaro «Genny» Carra, cognato del boss Vincenzo Cutolo, che ha deciso di collaborare con la giustizia. Trema un pezzo di mondo frequentato da Vincenzo Cutolo (non solo calciatori), tra vip dell’economia, manager di neomelodici e grandi riciclatori: gente che ha trasformato i fiumi di cocaina venduti a Napoli ovest in lusso e ricchezza, su cui ora la Dda vuole vederci chiaro. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA