Camorra, i capi sono in cella
Il potere nelle mani delle babygang

Camorra, i capi sono in cella Il potere nelle mani delle babygang
di Gigi Di Fiore
Martedì 13 Agosto 2019, 09:06 - Ultimo agg. 12:14
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È la certificazione ufficiale del grande caos negli scenari criminali napoletani. Pochi giorni fa, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, guidata da Federico Cafiero de Raho, ha inviato la sua relazione annuale, depositata il 31 luglio scorso, alla Procura generale della Cassazione, al Csm e al Parlamento. In 523 pagine, il bilancio dell'attività investigativa e l'analisi della realtà delle organizzazioni mafiose. Alla camorra, sono dedicate in dettaglio 21 pagine, curate dal procuratore nazionale aggiunto Giovanni Russo. Confermano quanto i gruppi camorristici di Napoli città siano sempre più «frammentati».

 

LA DISARTICOLAZIONE
«Il vuoto provocato dalla disarticolazione delle storiche famiglie camorriste ha prodotto dinamiche incontrollabili e imprevedibili, con soggetti e gruppi criminali sganciati da rigide gerarchie e dal rispetto di qualsiasi regola di condotta e per ciò stesso anche più pericolosi». È la sintesi, che è anche allarme, della relazione della Dna.
Un grande caos, la confusione provocata dalla disgregazione dei clan organizzati, che si sono sviluppati a Napoli fino agli inizi di questo secolo. Poi, le mazzate di una vittoriosa e sempre più intensa repressione giudiziaria, con le collaborazioni di giustizia avviate anche da conosciuti capiclan. Il dopo è una realtà sfuggente, spesso difficile da ricostruire anche per gli inquirenti. La Dna osserva l'affermarsi di gruppi e «elementi spuri non riconducibili alle forme classiche del fenomeno camorristico, con azioni e interrelazioni di tipo gangsteristico». È la trasformazione della criminalità organizzata cittadina, in corso da almeno una decina d'anni. Le collaborazioni con la giustizia di capiclan di rilievo nel centro storico (i fratelli Giuliano di Forcella, i Misso alla Sanità), uniti ai successi delle indagini nelle aree periferiche della città (lo scompaginamento a Scampia dei Di Lauro, dei loro antagonisti Amato-Pagano, dei più giovani riuniti nel gruppo dei «girati», o i pentimenti nel clan Lo Russo di Miano) hanno dato il via a un'evoluzione in continua osservazione. E dagli esiti difficilmente prevedibili. La relazione della Dna parla di «mafia fluida» che ha sostituito la vecchia definizione di «pulviscolarità» coniata in passato per i clan della camorra napoletana. Scrive il procuratore nazionale aggiunto Giovanni Russo: «Le strutture organizzative si sovrappongono le une alle altre, generando forme ibride, frutto di veloci processi di decomposizione, in modo incerto e temporaneo, volatile». Uno scenario instabile. L'esempio di quanto accaduto nel centro storico, tra i gruppi delle cosiddette «paranze dei bambini» è illuminante. Uno scenario con «elevata mutevolezza delle alleanze tra i vari gruppi», condizionate da «episodica o contingente comunanza di interessi economici». Naturale che, nelle alleanze, contino sempre meno i rapporti personali tra i capi, condizionati dall'assenza di «storie criminali» e autorevolezza individuale in grado di imporsi negli equilibri tra i gruppi. Un caos criminale, con protagonisti sempre più giovani, violenti ma privi di carisma. Il controllo delle piazze di spaccio e delle estorsioni in territori a volte assai limitati, è la posta in gioco.
IL PREDOMINIO
Si legge nella relazione della Dna: «Il controllo di un'area geografica diviene fondamentale e l'invasione delle aree sottoposte al controllo altrui costituisce una prova di forza essenzialmente per la sopraffazione del clan rivale fuori da ogni regola e logica». Gruppi di giovani «impegnati a contendersi la scena mediatica a suon di omicidi e aggressioni» con una violenza definita dalla Dna «sfacciata, spesso gratuita e comunque volutamente esibita». Uno scenario allarmante. Si legge infatti nella relazione: «La città di Napoli sta vivendo un periodo particolarmente difficile dovendo confrontarsi quotidianamente con problemi atavici e con una criminalità, anche minorile, che appare addirittura più preoccupante e pericolosa di quella organizzata». Uno scenario criminale «unico nel territorio nazionale». E anche più pericoloso per la sua anarchia, diventata strutturale. Clan poco organizzati significano anche agguati sanguinari privi di logica, che mettono in pericolo passanti ignari. Come ha dimostrato il ferimento della piccola Noemi in piazza Nazionale. Avverte, con preoccupazione, la Dna: «In altre realtà metropolitane, il condizionamento della criminalità mafiosa sulla vita civile, economica e politica, pur asfissiante e intollerabile, non espone il singolo cittadino al rischio di agguati e sparatorie in pieno centro cittadino come avviene a Napoli».
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