«Le invenzioni, Napoli, i canti e la boxe ecco il mio papà Bud Spencer segreto»

«Le invenzioni, Napoli, i canti e la boxe ecco il mio papà Bud Spencer segreto»
di Luciano Giannini
Mercoledì 4 Settembre 2019, 09:49 - Ultimo agg. 15:26
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Attore, campione di nuoto e pallanuoto, pugile, rugbista, pilota d'aereo e d'elicottero, imprenditore, scrittore, paroliere, cantante. E parlava sei lingue. Ed era anche inventore: «Negli anni 60, con due amici, sul telaio di una 600 multipla, realizzò il prototipo di una rudimentale auto elettrica. Il progetto fallì, perché sulla prima salita romana la macchina si rifiutò di andare avanti. Ma lui si sentiva fiero di aver precorso i tempi. Inventò anche uno spazzolino con dentifricio incorporato, e un sedile pieghevole e portatile che diventava quasi un bastone. Aveva fantasia e creatività», racconta il figlio Giuseppe.

Sì, Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, morto tre anni fa a 87 anni, ha sempre sorpreso per l'eclettismo della personalità. A illustrarne gli aspetti sarà ora una mostra che la sua città, Napoli, gli dedicherà da venerdì 13 settembre all'8 dicembre nella prestigiosa sede della sala dorica di Palazzo Reale. Il percorso espositivo proporrà impianti multimediali, video-mapping, proiezioni su pannelli, oggetti di scena, premi italiani e internazionali ricevuti sia come artista che come sportivo, articoli di giornali di tutto il mondo, poster, manifesti di film, bozzetti originali, foto pubbliche, private, e altri gadget. Giuseppe: «Vedrete oggetti - purtroppo alcuni gli sono stati rubati una quindicina d'anni fa - costumi di scena, scenografie dei suoi film, le lettere più emozionanti scritte dai fan... una sezione è dedicata a Piedone e a Napoli. E, chi vorrà, potrà farsi fotografare accanto a lui. Tra gli ospiti ci saranno alcuni professionisti che hanno lavorato con lui, come stuntmen e produttori. Spesso saremo presenti noi della famiglia... il desiderio, insomma, è di creare un ambiente accogliente, caldo, intimo e sereno».

 

Il curatore dell'esposizione è Umberto Croppi; la coproduzione Equa e Istituto Luce-Cinecittà con il sostegno della Siae e la collaborazione della famiglia: la moglie Maria Amato e i figli Giuseppe, Cristiana e Diamante. Il progetto allestimento e le video installazioni sono a cura di Art Media Studio di Firenze. «Questa mostra», spiega Giuseppe, «si deve indirettamente ai fan, che ancora a migliaia, soprattutto sui social, esprimono il loro affetto e chiedono di conoscere sempre nuove curiosità su mio padre. Sono loro che ci hanno spinto a questo evento». Novità originale: «A guidare il visitatore sarà la sua viva voce. Quando raccontava la propria vita a Lorenzo De Luca, con cui scrisse l'autobiografia, io con una piccola telecamera registrai tutto, senza immaginare che il materiale raccolto mi sarebbe servito per questa occasione». A chi si rivolge la mostra? «Soprattutto alle famiglie, quelle a cui papà si riferiva col suo mestiere di attore. Pensi, alcuni fan di Bologna hanno ideato un videogioco, che s'intitola Slaps and beans (Schiaffi e fagioli), è in commercio da qualche mese e rispecchia un po', in stile classico, i film girati assieme a Terence Hill. I ragazzi vi potranno giocare assieme ai genitori e ai nonni». E che padre era Bud Spencer? Affettuoso, distante? «Molto affettuoso, direi protettivo, anche troppo permissivo, a volte. Mai da lui sentito una parolaccia, mai avuto atteggiamenti aggressivi. È stato poco presente nella mia infanzia, perché girava il mondo. Ma mi sono rifatto in età più adulta, lavorando al suo fianco».
Nel cuore, infine, Bud Spencer non ha mai dimenticato le proprie origini. Giuseppe: «Ricordava l'infanzia agiata vissuta a Napoli. Il padre e il nonno avevano una industria di mobili di ferro, che il nonno si rifiutò di riconvertire in fabbrica d'armi quando scoppiò la guerra. Poi gli impianti furono bombardati e la famiglia si trasferì prima a Roma, quindi in Sud America... Brasile e Argentina. E tifava per il Napoli, papà... un po' anche per la Lazio, in verità, ma era partenopeo - lo diceva lui stesso - soprattutto per la filosofia di vita che incarnava; una visione basata sulla capacità di affrontare i problemi con attitudine positiva. Diceva di non poter insegnare nulla a nessuno, ma una lezione di vita l'ha data: è stato un uomo che ha avuto la fortuna dalla propria parte, ma anche la capacità del campione, che non scende a compromessi per i successi ottenuti e guarda al futuro con l'ottimismo della volontà. Con la sua canzone, intitolata Futtetenne, non voleva invitare al disinteresse e al qualunquismo, ma alla necessità di ricomporre con la fiducia nel domani l'equilibrio incrinato dalle difficoltà della vita. Non importa, vai avanti, insomma». Ecco perché, a chi gli chiedeva: «Lei è italiano?», rispondeva: «No, sono napoletano».
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