Faida di Scampia, così è stato ucciso
in auto il boss degli scissionisti

Faida di Scampia, così è stato ucciso in auto il boss degli scissionisti
di Marco Di Caterino
Domenica 8 Settembre 2019, 09:20
3 Minuti di Lettura
Mezzogiorno di fuoco, sangue e camorra sull'Asse mediano. Incuranti del traffico intenso, sotto gli occhi di decine di automobilisti, i killer hanno portato a termine la missione di morte uccidendo Gennaro Sorrentino, 50 anni, pezzo da novanta degli scissionisti, freddato con quattro colpi di pistola alla testa mentre era alla guida della sua Ford Ka. Un'azione rapida che non ha lasciato scampo alla vittima. L'uomo, originario del quartiere Monterosa, noto nell'ambiente della camorra delle Vele come capaianca, è morto sul colpo. L'auto, senza più controllo, ha sbattuto contro il guard rail e poi è finita sul lato opposto della carreggiata dove si è fermata.
 
 


L'agguato è avvenuto intorno alle dodici nei pressi degli svincoli per Scampia e Acerra. L'allarme è scattato solo dopo una decina di minuti, quando un automobilista, notando quel corpo immobile sul sedile di guida, ha chiamato il 118, credendo che quell'uomo avesse avuto un malore. Sono stati i sanitari del servizio di emergenza, giunti sul posto, a constatare il decesso e ad avvertire i carabinieri quando si sono resi conto che Gennaro Sorrentino era stato ucciso a colpi di pistola. Sul posto i militari di Melito, quelli della compagnia di Giugliano, diretta dal capitano Andrea Coratza, e i carabinieri del nucleo investigativo del comando territoriale di Castello di Cisterna, una task force coordinata dal pubblico ministero Simona Belluccio della Direzione distrettuale antimafia di Napoli.

 

IL CAOS
Sull'Asse mediano è scoppiato un inferno di traffico, la circolazione è rimasta paralizzata per circa tre ore. Secondo una prima, e ancora frammentaria ricostruzione, Gennaro Sorrentino, finito nella lista nera del clan, sarebbe stato seguito dai sicari dal momento in cui aveva lasciato la sua abitazione. Sorrentino, dopo un lungo periodo di detenzione, era stato scarcerato meno di un anno fa, e invece di tornare a vivere nel rione Monterosa, si era trasferito in un appartamento a Sant'Antimo, dove grazie allo svincolo dell'Asse mediano è possibile raggiungere Scampia in meno di una manciata di minuti. Sicuramente la vittima era stata sorvegliata anche nei giorni precedenti all'agguato, per capirne orari e abitudini e, dunque, stabilire con esattezza il luogo e il momento in cui sarebbe avvenuta l'esecuzione. E così è stato ieri mattina.
LE IPOTESI
Gennaro Sorrentino probabilmente non temeva per la sua vita: dopo essere uscito di casa a bordo della sua auto ha imboccato lo svincolo di Sant'Antimo. Dopo aver percorso qualche centinaio di metri, ha preso la deviazione per Scampia. E qui sono entrati in azione i killer che hanno agito a bordo di uno scooter di grossa cilindrata. Il commando approfittando del rallentamento dovuto all'intenso traffico, ha affiancato la Ford Ka dal lato del guidatore. Il killer che sedeva sul sellino posteriore ha puntato l'arma contro Gennaro Sorrentino esplodendo in rapida successione almeno quattro colpi. La mira è stata precisa. Tutti i proiettili hanno raggiunto la testa della vittima. Poi, senza fermarsi, sono scappati in direzione Scampia facendo perdere le tracce. Secondo una prima ipotesi il movente del delitto andrebbe cercato nei precari equilibri criminali di Scampia, e in particolare in una epurazione interna tra quello che resta degli scissionisti della prima ora. Esclusa al momento la pista che porta a un regolamento di conti tra lo stesso Gennaro Sorrentino e la costola degli scissionisti di Melito che, da tempo, hanno preso le distanze dai gruppi prima federati in quella galassia criminale retta dagli Amato Pagano. In queste ore gli inquirenti scavano sia nel passato della vittima, arrestato nel 2012 e scarcerato pochi mesi fa, che nelle sue attuali frequentazioni. Fedelissimo degli scissionisti fu tra i primi a passare con Lello Amato e a voltare le spalla al clan Di Lauro. Nel pieno della prima faida di Scampia si diede da fare per aprire la piazza di spaccio nella Case dei Puffi, gestita da Raffaele Stanchi ucciso dal mucchio selvaggio della Vanella Grassi nei pressi del cimitero di Melito, e a cui tagliarono le mani in segno di disprezzo. Forse, ipotizzano gli inquirenti, contava sul suo passato di rispetto criminale per continuare a gestire qualche piazza di spaccio importante all'ombra delle Vele segnando invece la sua condanna a morte.
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