Brexit, schiaffo a Johnson: lui chiede il rinvio alla Ue con una lettera senza firma

Brexit, schiaffo a Johnson: lui chiede il rinvio alla Ue con una lettera senza firma
di Cristina Marconi
Domenica 20 Ottobre 2019, 10:03 - Ultimo agg. 21 Ottobre, 17:00
4 Minuti di Lettura


LONDRA Westminster non ha esattamente bocciato l'accordo di Boris Johnson sulla Brexit, ma ha chiesto più tempo, sia per analizzarlo che per passare alla sua applicazione pratica. Un bel bastone tra le ruote. E quindi quella che doveva essere la giornata dell'accordo si è trasformata nella giornata dell'emendamento Letwin, dal nome del deputato ex Tory che se n'è fatto promotore: iniziata alle 9,30 con un discorso di Johnson, si è conclusa in tarda serata con l'attesa della lettera di richiesta di rinvio della Brexit da mandare a Bruxelles entro le 24. Johnson ha inviato la missiva a Tusk, non firmata da lui, dopo un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio europeo, e ha scritto anche a tutti i deputati dicendo però di non volere alcun rinvio. Poi ha inviato una seconda lettera a Bruxelles, questa sì firmata da lui, in cui dice di non volere un'estensione dei termini della Brexit. Ora Tusk consulterà i leader europei sull'ipotesi di un ulteriore rinvio, probabilmente al 31 gennaio.

Trappola Brexit per Johnson, ancora un rinvio. Il premier rifiuta di chiedere proroga all'Ue

Il tutto, secondo i legali del governo di Londra, dovrebbe bastare ad aggirare il decreto, considerando che la Ue dovrebbe aspettare un vertice straordinario del 28 ottobre per valutare la richiesta, dando a Boris una settimana per muoversi e far approvare tutto. Dalle capitali Ue e in particolare da Parigi la strategia non sembra trovare ostacoli. Ma la soluzione trovata potrebbe esporre comunque Johnson al rischio di ricorsi in tribunale da parte delle opposizioni e di attivisti pro Remain, poiché il Benn Act prevede che la proroga venga chiesta in buona fede e senza tentativi di boicottarne gli scopi o di spingere l'Ue a rigettare l'istanza. Forse già domani il testo di Brexit verrà messo ai voti: ieri l'emendamento Letwin, in cui si chiedono ulteriori garanzie, è passato con 322 voti a favore e 306 contrari. «Ho un curioso senso di déjà-vu», ha dichiarato la ex premier Theresa May.

Brexit, c'è l'intesa Londra-UE: Johnson appeso al voto di Westminster

LA LEGGE
E mentre la piazza europeista, oceanica e non sempre pacifica nei confronti dei politici pro-Brexit costretti a entrare scortati a Westminster, finiva di esultare per il risultato, Johnson, meno scosso del previsto, ha commentato di non essere «intimidito o sconvolto» dal voto e, con una scelta di termini che ha tenuto i commentatori politici impegnati tutto il giorno, ha aggiunto: «Non negozierò un rinvio con l'Unione europea, né la legge mi obbliga a farlo». La legge, approvata dal Parlamento con il nome di Benn Act, prevede però che il governo chieda uno slittamento del termine per la Brexit al 31 gennaio 2020 nel caso di mancato accordo entro il 19 ottobre, ossia ieri, e fonti di Downing Street hanno detto che la legge verrà rispettata, ma in quel divario tra «chiedere» e «negoziare» si annida la soluzione allo studio di Johnson e dei suoi strateghi.

«La settimana prossima il governo introdurrà la legislazione necessaria affinché si possa uscire dalla Ue con il nostro nuovo accordo il 31 ottobre», ha annunciato Johnson, aggiungendo: «E spero che i nostro colleghi e amici dell'Unione europea non saranno attirati quanto i banchi dell'opposizione da un rinvio».
E quindi sta pensando a un voto già domani per cercare di accelerare i tempi, anche perché i 306 voti ottenuti mostrano che i conservatori sono abbastanza compatti, compresi i 21 che erano stati cacciati per aver votato contro il governo per tutelare il Paese contro il no deal, sei laburisti e diciassette indipendenti. E poi lo stesso Letwin ha detto di essere pronto a votare per l'accordo una volta che sarà certo di vedere approvata la legislazione secondaria necessaria per metterlo in atto e insieme a lui sono altri ad avere lo stesso punto di vista: non si fidano di Johnson e vogliono garanzie. Persi definitivamente sembrano essere i dieci voti del Dup, il partito nordirlandese unionista fermamente contrario a qualunque soluzione che preveda un trattamento diverso per l'Irlanda del Nord rispetto al resto del Regno Unito. E tra i 22 astenuti potrebbe esserci qualcuno da recuperare, mentre il leader laburista Jeremy Corbyn ha ribadito la sua linea di totale opposizione al testo e di promesse, mai del tutto articolate fin nei dettagli, di un secondo referendum: «Rispetti la legge».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA