Capello lancia il Napoli Champions:
«Con Ancelotti agli ottavi di finale»

Capello lancia il Napoli Champions: «Con Ancelotti agli ottavi di finale»
di Pino Taormina
Lunedì 21 Ottobre 2019, 07:00
6 Minuti di Lettura
Don Fabio Capello ha sempre allenato calciatori importanti, squadre piene di stelle, ha sempre anteposto la concretezza alla ricerca del bello, i punti alle lodi, le vittorie allo spettacolo. E dove è andato, ha vinto. Milan, Real Madrid, Roma, Juventus. Capello è tra i tecnici più vincenti del nostro Paese. È anche l'ultimo allenatore ad aver portato lo scudetto lontano da Milano e Torino. Nel lontano 2001, quando era alla Roma. Ed è il primo italiano che in campo fu capace di battere l'Inghilterra a Wembley, era il 1973.

Capello, la Champions quest'anno può essere terra di conquista e di gioia per le italiane?
«Ci sono delle buone premesse, nonostante qualche frenata imprevista come quella del Napoli sul campo del Genk. Ma ho l'impressione che in questa stagione i nostri club possano fare un bel percorso in Europa. E mi riferisco anche all'Inter di Conte che ha delle enormi potenzialità. Anche perché con un allenatore in panchina con cui non porsi del limiti».
 
La Juve è una delle favorite d'obbligo con Cristiano Ronaldo?

«La Juventus, anche con Sarri, ha mantenuto una fortissima personalità: continua a vincere in Italia con il minimo sforzo, mostrando muscoli e qualità che sono due doti non comuni e non semplici da mostrare in campo. E la Juve lo fa con continuità da anni. La sua forza è nell'intensità di ogni gesto, dalla velocità di mente e di piede con cui fanno tutto».

A Napoli la vittoria con il Verona ha migliorato il clima che era un po' depresso. Si aspettava queste difficoltà iniziali di Ancelotti?
«La stagione è appena iniziata e nei giudizi bisogna andare assai cauti anche perché molti giocatori importanti sono arrivati in ritardo e hanno iniziato a lavorare con i compagni quasi in avvio di campionato. Ma lui sta continuando in un lavoro iniziato l'anno scorso, gioca bene e non gioca solo per divertire. Sta dando una nuova mentalità perché in questo sport l'importante non è partecipare, ma vincere. E con Carlo il Napoli è sulla strada giusta».

Restano le difficoltà di questo avvio, non trova?
«La vera sorpresa è stata la difesa. Pensavo che fosse davvero imbattibile e invece in alcuni momenti è stato il punto debole. Certo, anche qui, è solo questione di sistemare un po' le cose come mi pare Ancelotti stia già facendo. Perché ha giocatori di grande spessore nel reparto arretrato».

Per il Napoli non perdere a Salisburgo sarebbe decisivo per il passaggio del turno?
«Certo, sarebbe un bel passo in avanti ma deve fare attenzione, non solo perché gli austriaci sono una formazione di buonissimo livello. Peraltro non è mai semplice per una squadra italiana tuffarsi in Europa: perché in serie A non si trova quasi mai l'intensità, la velocità, la capacità di soffrire fin dal primo secondo che invece c'è negli altri campionati europei».

Cosa devono fare gli azzurri, mercoledì?
«Capire subito, fin dal primo secondo, dove si trovano e cosa devono fare. Quello che devono fare glielo dirà Ancelotti: loro lo devono solo mettere in pratica senza esitazioni, senza distrazioni, senza girarsi intorno per cercare di capire. Atteggiamenti che in Italia, magari, non paghi, ma in Europa ti costano caro. Quando giochi la Champions, c'è una differenza di sei gradini rispetto alla Serie A».

Nove vittorie dell'Italia, grandi feste: ma è vera gloria?
«Lo ha detto anche Mancini: aspettiamo di confrontarci con nazionali del nostro stesso blasone, però ricordando da dove veniamo non possiamo che essere contenti per i risultati di questo torneo di qualificazione».

Mancini può vincere l'Europeo?
«Ci sono tante nazionali che possono vincere e tra queste anche l'Italia. La squadra è in crescita e poi ha tanti buoni centrocampisti che sono il motore di tutto. E mi pare che questa generazione consenta al ct di fare delle scelte importanti in questa zona del campo».

La sua squadra ideale gioca con il 4-3-3. Perché?
«Ma non è così. La mia squadra ideale gioca tenendo conto dell'organico che ha: se non è forte in difesa, non la metto a 4 ma ci metto tre difensori più altri due. Io non ho mai avuto preferenze e in generale gli allenatori non si innamorano di questo o di quel modulo. Non ha senso».

Un conto i campioni, un conto i fuoriclasse: chi sono quelli che in Champions fanno la differenza?
«Ecco, certo Messi, Ronaldo, Mané, Harry Kane. Ma l'altro giorno ho incontrato Klopp al Fifa Wold e gli ho fatto i complimenti per il trionfo in Champions perché è stato bravo a capire dove doveva intervenire per diventare una squadra forte: in difesa. Gli allenatori bravi sono questi: non prendono i giocatori per prenderli, ma fanno intervenire i propri club nei punti giusti del campo dove rafforzarsi. Klopp aveva capito che era lì che doveva intervenire e ha preso Allison e Van Dijk».

Pensa sempre, come disse una volta, che l'allenatore sia un uomo solo contro 25?
«Certo che lo è. Completamente da solo. Ed è per questo che io non ho mai amato parlare ai singoli ma ho sempre preferito fare discorsi alla squadra. Qualche volta con alcuni giocatori discutevo anche faccia a faccia, ma non ho mai pensato che fosse giusto dire perché vai in tribuna o perché vai in panchina. Sono scelte sempre non semplici da fare e quando le fari deve coinvolgere tutti. Anche gli altri»

Chi sono i migliori talenti italiani in questo momento?
«Non ne scopro io: Sensi, Barella, Tonali. Però per qualità e se diventerà forte anche di testa un potenziale campione è Zaniolo».

La serie A è sempre un passo indietro rispetto ad altri campionati europei?
«Lo è per quegli aspetti di cui ho parlato prima: non c'è l'agonismo che si trova altrove, basta essere solo sfiorati e si va a terra. Tra mille polemiche».

Sulla Var ha detto: ci vuole anche un ex calciatore. Lei è pronto?
«Io no, non sono adatto. Io non ci capisco più nulla: si prendono delle decisioni senza tener conto della dinamica del movimento. Si dice che è rigore solo perché la mano tocca la spalla senza aver la misura di tutto il resto. Siamo arrivati al paradosso che nel basket si picchia più che nel calcio dove basta che un minimo contatto, pure se insignificante e l'arbitro fischia».

Ibrahimovic sogna di finire la carriera con Ancelotti: lei che di fatto lo ha reso grande crede che a 38 anni possa essere un sogno possibile?
«Lui è un tipo orgoglioso, vuole vincere sempre, ha volontà e tecnica. Credo che farebbe la felicità di Carlo e di chiunque altro anche adesso».

Come si trova a fare l'opinionista?
«Mi piace, mi diverte. A Sky Sport sto meravigliosamente. Poi la gara finisce e mi rilasso senza dover pensare che abbiamo vinto o pareggiato o perduto e chi devi ascoltare, e chi devi accontentare»

Possibilità di portare tutte e 4 le italiane agli ottavi di Champions?
«Difficile, ma non impossibile. L'Inter di Conte ha una grande personalità e una potenzialità esplosiva. Poi c'è l'Atalanta che ha pagato lo scotto di aver giocato la prima partita in casa a San Siro. Ma Gasperini sa che si paga lo scotto all'inizio del noviziato. Sarà bello vedere domani come affronterà il Manchester City in casa di Guardiola ma nel calcio i miracoli esistono».
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