Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
di

Veronica, fuori dalla macerie
per formare il futuro

Veronica D'Ascenzo nel giorno della laurea
Veronica D'Ascenzo nel giorno della laurea
di Aldo Balestra
Sabato 2 Novembre 2019, 00:46 - Ultimo agg. 4 Novembre, 18:58
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«Veronica, sopravvissuta al crollo della scuola: sarà maestra» (Ansa, 1 novembre 2019, ore 19.16)
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Ci sono due cose, assai belle, che colpiscono nella storia di Veronica D'Ascenzo, la 24enne che si salvò dal crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, insieme a una maestra e alla compagna Rachele, quando aveva 7 anni. La prima è che chi ha lottato con la morte per otto ore, anche se era appena una bambina, pur non potendo mai dimenticare, matura una straordinaria voglia di vivere, in grado di far superare ogni ostacolo. Perchè acquisisci la consapevolezza di come - davvero - l'esistenza a volte sia legata ad una circostanza, ad un attimo. Veronica, quella mattina del 2002 in cui il terremoto fece venire giù la scuola in terra molisana (27 bambini e un'insegnante morta), aveva cambiato aula perchè era assente la maestra della seconda ora. Finì in un'altra stanza, era in fondo all'aula quando venne giù tutto, un tavolo robusto e di curiosa conformazione le protesse la testa, fu il guscio in cui visse per otto, interminabili ore, fino a quando fu tratta in salvo dai vigili del fuoco.

Tratti del suo racconto, soprattutto per chi conosce cosa sia il terremoto, mettono i brividi: «Mi sentivo molto stanca, avevo ferite, sentivo il mio sangue in gola e a volte mi sentivo soffocare. In certi momenti perdevo i sensi anche perchè c'era un forte odore di gas - ha detto Veronica in un'intervista a La7 - speravamo che venisse qualcuno a prenderci. L'unica parte che non aveva sepolta dalle macerie, oltre la testa, era una mano: riuscivo ad allungarla e sentivo la mano di Martina, l'altra mia amica, aveva una manina paffuta e morbida. La chiamavo e non mi rispondeva, le stringevo il dito che a poco a poco diventava sempre più freddo. Ma io in quel momento pensavo che Martina stesse dormendo...»

La tragedia, la morte evitata in extremis. Ma da quella vicenda di 17 anni fa oggi vien fuori una bella ragazza bionda, che ha studiato, vive a Roma, s'è laureata pur convivendo con la consapevolezza della quasi totale scomparsa della sua «leva» del 1996. Una giovane che pensa positivo e apprezza in pieno quel che ha: «Io vivo serenamente, mi sveglio sempre col sorriso. E ricordo ogni giorno i miei compagni morti quel giorno, gli angeli di San Giuliano, in chiave positiva».

Non è finita. Quando la vita ti ha dato, quando la morte non è riuscita a prenderti, il più delle volte (e meno male) accade che si senta il bisogno di «restituire» qualcosa a qualcuno. Non sai a chi, ma devi. E così Giuliana ha deciso che sarebbe diventata insegnante, per formare le leve del futuro, per essere punto di riferimento per piccoli allievi: «Ho voluto fare un lavoro che mi desse modo di ricambiare tutta la solidarietà che ho ricevuto: l'insegnante riesce ad arrivare nel cuore di ogni allievo e mette le basi per quello che sarà l'adulto di domani». Ha voluto fare l'insegnante, un lavoro del cuore. Un lavoro bellissimo, del quale occorrerebbe avere rispetto.
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«Senza forte volontà non si giunge a far nulla di buono» (D'Azeglio, Ricordi)
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