Due ex dipendenti di Twitter accusati di essere spie dell'Arabia Saudita

Due ex dipendenti di Twitter accusati di essere spie dell'Arabia Saudita
Due ex dipendenti di Twitter accusati di essere spie dell'Arabia Saudita
Giovedì 7 Novembre 2019, 00:33
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L'accusa è quella di essere spie dell'Arabia Saudita. Per questo ex dipendenti di Twitter sono stati formalmente incriminati dal Dipartimento di giustizia americano. Secondo i capi di imputazione i due avevano il compito di raccogliere informazioni sugli account di alcuni dissidenti o critici di Riad. E tra i profili violati ci sarebbe anche quello di Omar Abdulazizi, una delle persone più vicine a Jamal Kashoggi, il dissidente e giornalista del Washington Post barbaramente assassinato ad Istanbul lo scorso anno da agenti sauditi legati al principe ereditario Mohammed bin Salman.

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È la prima volta che le autorità federali americane accusano pubblicamente Riad, uno dei principali alleati nel Medio Oriente e del mondo arabo, di spionaggio, rimettendo al centro del dibattito le ambigue relazioni tra l'amministrazione Trump e il regime guidato da bin Salman. Inoltre il caso inevitabilmente fa riesplodere la polemica sulla privacy e sulla protezione dei dati personali da parte dei social media, da Twitter a Facebook. I numeri forniti dal Dipartimento di giustizia americano indicano come solo nel 2015 i due ex dipendenti di Twitter, agendo su ordine di Riad, avrebbero avuto accesso alle informazioni di oltre 6.000 account. Uno di loro, Ahmad Abouammo, cittadino americano, è stato arrestato, mentre il secondo, ali Alzabarah, cittadino saudita, è sfuggito alla cattura perchè probabilmente ha lasciato il Paese. Secondo gli inquirenti, poi, un terzo individuo, Ahmed Almutairi, cittadino saudita, avrebbe agito da intermediario tra i funzionari di Riad e i due ex dipendenti di Twitter. Anche lui è accusato di spionaggio e anche lui sarebbe fuggito in Arabia Saudita. «I due ex dipendenti hanno minato i sistemi interni di Twitter violando le informazioni di migliaia di utenti», afferma il Dipartimento di giustizia americano, aggiungendo come «non sarà più permesso alle società americane di diventare strumenti in mano a Paesi stranieri che praticano una politica di repressione delle voci critiche in violazione delle leggi federali degli Stati Uniti». 


 

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