La narrazione per stereotipi fa male a Napoli e al Napoli

di Francesco De Luca
Giovedì 14 Novembre 2019, 08:00
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C’è una narrazione dei fatti accaduti e non accaduti in queste ore che alimenta gli stereotipi e fa male a Napoli e al Napoli. La moglie di Insigne ha dovuto smentire una notizia - non pubblicata dal Mattino - su una sua “fuga” dalla collina di Posillipo a Frattamaggiore per timore di agguati dopo il caso della rivolta della squadra azzurra, di cui Lorenzo è il capitano, contro il ritiro imposto da De Laurentiis. Questa vicenda era stata seguita da due episodi di delinquenza comune, secondo la valutazione degli inquirenti, come l’intrusione in casa di Allan (chiarita dopo gli iniziali dubbi) e il furto nell’auto di Zielinski: non vi è una regia di violenti ultrà intenzionati a farla pagare ai giocatori per i negativi risultati in campionato e per l’ammutinamento nei confronti del presidente, che peraltro da oltre dieci anni è quotidianamente nel mirino di questi gruppi. 

E allora, di che cosa stiamo parlando? Questo negativo e non veritiero racconto provoca enormi danni di immagine, altro che quelli ipotizzati ieri dalla Gazzetta dello Sport in un editoriale dal titolo «Che danno: i top d'Europa ci penseranno prima di venire». Perché vi sono 20mila tifosi che fischiano - ecco l'unica cosa vera - una squadra che gioca male e pareggia in casa con il Genoa quart'ultimo in classifica? Perché legittimamente un presidente prepara azioni legali contro chi ha disobbedito a una disposizione del club? Certo, è stato un errore far allenare gli azzurri a porte aperte al San Paolo due giorni dopo il caso della fuga da Castel Volturno, una vicenda su cui deve esservi il giudizio di un collegio arbitrale o di un tribunale sportivo e non una gogna popolare.

Sempre sulla Gazzetta dello Sport, a proposito di top player, si leggeva questa offensiva chiosa sulla possibilità di approdo di Ibrahimovic al Napoli: «Città bellissima da visitare, difficile da vivere nella quotidianità. Ibra però è cresciuto a Rosengard, il ghetto di Malmoe che ha poco da invidiare a certi quartieri napoletani malfamati». Ma stiamo veramente tornando ai tempi in cui si diceva che il Napoli non poteva acquistare il bomber Savoldi perché la città era ricoperta di spazzatura (1975) o che dietro alla clamorosa operazione Maradona c'era la camorra (1984)? All'indegno teatrino non si sono sottratti gli odiatori di professione cavalcando l'onda della storia degli ultrà minacciosi che - fino a prova contraria - non esiste. «Le aggressioni, le fantomatiche pressioni camorristiche, fanno parte un po' del colore ma non c'è nulla di tutto questo», è l'autorevole pensiero del direttore generale del Comune di Napoli, Attilio Auricchio, ex ufficiale dei carabinieri.

È opportuno che il pool reati da stadio della Procura, coordinato dal magistrato Sergio Amato, faccia tutti i necessari accertamenti sulle vicende che hanno riguardato Allan (caso alimentato da un esagerato tweet della moglie) e Zielinski e che le forze dell'ordine prestino la giusta attenzione alla vita quotidiana del Napoli e dei suoi tesserati. Nessun episodio viene sottovalutato né dai magistrati napoletani né dalla Procura federale: non lo fu neanche quello della sdegnata restituzione della maglia al capitano Callejon da parte di un ultrà dopo la vittoria della squadra a Frosinone nello scorso aprile, altro episodio su cui si speculò inutilmente. Nel frattempo si ristabilisca la realtà dei fatti, senza forzature che fanno male a una città carica di problemi, dei quali quotidianamente Il Mattino dà conto ai propri lettori, e a un club che non ha vinto lo scudetto e non ha acquistato Cristiano Ronaldo, ma che ha condotto fin dalle prime battute una battaglia contro l'illegalità, con fatti concreti come le denunce alla magistratura di ricatti di gruppi ultrà. Questo sforzo è stato apprezzato anche dal procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, che in un'intervista al nostro quotidiano aveva elogiato la società di De Laurentiis per le clausole inserite nei contratti che prevedono sanzioni ai giocatori in caso di rapporti con pregiudicati.

Tocca a De Laurentiis, ad Ancelotti e ai giocatori trovare la chiave per ricompattare il Napoli in un momento estremamente critico, con il quarto posto distante cinque punti dopo dodici partite e la qualificazione agli ottavi di Champions League da conquistare: vedremo se vi saranno la lucidità, la personalità, il gioco e i gol per far ripartire la squadra e se poi vi sarà un'adeguata programmazione per rafforzare l'organico tecnico e societario, facendo tesoro di queste ultime esperienze. Ma non c'è bisogno di creare ulteriore confusione in un ambiente piombato nel caos, certamente per proprie responsabilità, e di mortificare una città che già fa tanta fatica, tutti i giorni, ad affrontare la condanna dei luoghi comuni.
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