ArcelorMittal, Conte prova l'ultima mediazione (ma prepara il piano B). Allarme dei sindacati

ArcelorMittal, Conte prova l'ultima mediazione (ma prepara il piano B). Allarme dei sindacati
ArcelorMittal, Conte prova l'ultima mediazione (ma prepara il piano B). Allarme dei sindacati
Domenica 17 Novembre 2019, 18:36 - Ultimo agg. 18 Novembre, 09:57
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Indurre ArcelorMittal a restare a Taranto, con strumenti come lo scudo penale, un pacchetto di ammortizzatori sociali per oltre duemila lavoratori, uno sconto sugli affitti e anche la possibilità di un ingresso di Cassa depositi e prestiti nell'azionariato. È questo l'estremo tentativo che il governo si prepara a fare per l'ex Ilva, mentre i sindacati salgono sulle barricate e le aziende dell'indotto minacciano il ritiro degli operai e il blocco delle portinerie. 

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Il premier Giuseppe Conte dovrebbe vedere i vertici dell'azienda franco-indiana in settimana ma una data ufficiale ancora non sembra esserci e a Palazzo Chigi le bocche sono cucite: si sta vagliando ogni aspetto del dossier e il tavolo ci sarà quando il premier, spiegano fonti governative, avrà ogni elemento. Ma più di un ministro si dice convinto che con Mittal non ci sia altra via che quella giudiziaria. Se così fosse, entrerebbe in campo il «piano B», per evitare che gli altiforni vengano spenti e la produzione fermata. 


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E l'unico «piano B» possibile, si ragiona in ambienti tecnici qualificati, è una nazionalizzazione ponte delle acciaierie, nell'attesa di trovare un nuovo acquirente. A inizio settimana, rivela Il Sole 24 ore, l'esecutivo incontrerà i consulenti di Ernst&Young che hanno lavorato all'acquisto di British Steel da parte dei cinesi di Jingye: solo un colloquio interlocutorio ma alimenta le suggestioni di chi indica proprio in un azionista cinese una possibile soluzione (meno interessati sarebbero gli indiani di Jindal). L'iter sarebbe però tutt'altro che semplice. Da un lato c'è il rischio che la nazionalizzazione, sia pure temporanea, porti a una procedura d'infrazione europea.

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Dall'altro c'è da individuare il management che gestisca la transizione (il Mef avrebbe dato l'incarico a un cacciatore di teste di trovare il profilo di un possibile commissario) e poi dare tempo alla cordata (anche in questo caso si ipotizza un ingresso di Cdp) di formarsi. Un ostacolo - denunciano da Confindustria Vincenzo Boccia e da ex ministro Carlo Calenda - resta però lo scudo penale. «Nessuno investe se rischia l'arresto», dice Boccia. Il tema, secondo il ministro M5s Stefano Patuanelli, non si pone. Ma il ministro Pd Francesco Boccia al contrario afferma che «lo scudo non è un problema perché è già stato messo sul tavolo dal governo compatto». Così non sembra, a sentire fonti M5s: «La nostra posizione non cambia», affermano.

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Ed è una posizione in principio contraria, anche se disponibile a discutere se Conte la presenterà come estrema ratio. Il rischio che una pattuglia di senatori M5s voti no, avvertono però, resta. «Prima Mittal si sieda al tavolo», afferma Luigi Di Maio, che propone di aspettare che i giudici si pronuncino sul ricorso d'urgenza dei commissari contro il recesso. Ma nella maggioranza, in un clima infiammato dalla giustizia (un vertice è in programma martedì) alla manovra, fino allo ius soli, il caso ex Ilva minaccia di riesplodere da un momento all'altro. In Consiglio dei ministri dovrebbe arrivare il «cantiere Taranto» voluto da Conte. Ma nell'incertezza del momento, una convocazione ancora manca. Tutto potrebbe succedere tra mercoledì e giovedì. Mentre martedì a Berlino il premier vedrà Angela Merkel con cui a Roma la scorsa settimana aveva già parlato del tema dell'acciaio. I sindacati, che in settimana secondo alcune fonti potrebbero rivolgersi anche al Quirinale, tengono alto l'allarme e la pressione sul governo.

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Il segretario della Uilm Rocco Palombella chiede a Mittal di «sospendere la procedura, per permettere a governo e sindacati di aprire una trattativa». Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, dice che «l'unica soluzione realmente percorribile è che resti Mittal» e in ogni caso preannuncia che i lavoratori si rifiuteranno di spegnere gli impianti. Se i franco indiani non pagheranno le fatture, già nelle prossime ore le aziende dell'indotto ritireranno gli operai. E gli autotrasportatori non escludono di bloccare le portinerie di ingresso e uscita delle merci. Una manifestazione nazionale potrebbe essere convocata a Roma per dire che a ogni giorno che passa, la situazione si fa più drammatica.

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