Napoli, il figlio del boss testimonial della boutique: scoppia la polemica

Napoli, il figlio del boss testimonial della boutique: scoppia la polemica
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 23 Novembre 2019, 23:08 - Ultimo agg. 24 Novembre, 13:16
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Il tam tam è cominciato sulla chat di un gruppo chiuso di “addetti ai lavori”. Commercianti. Negozianti del Vomero e dell’Arenella, i quali hanno scatenato un passaparola online fatto di commenti e di scatti fotografici. 
Poi qualcuno ha pensato che la cosa non dovesse rimanere “segreta”, ad uso cioè dei soli rappresentanti di categoria, e così ha scritto ai giornali. Ed ecco la pietra dello “scandalo”: il presidente di Confcommercio Walter Schmitt - fresco della sua nomina a responsabile di zona per i quartieri Vomero e Arenella - posta sul profilo Instagram del suo esercizio alcune foto che ritraggono Diego Cimmino (figlio di Luigi, che informative e sentenze passate in giudicato indicano come il boss della zona collinare) mentre indossa i capi di abbigliamento in vendita.

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L’AFFONDO
«Possibile? Possibile che chi venga chiamato a rappresentare la categoria commerciale di zone come Vomero e Arenella, settore che resta uno dei polmoni vitali della città, pubblichi immagini così imbarazzanti?», scrive chi ha diffuso notizie e foto intercettate sul profilo del social riconducibile a Schmitt. E allora, per comprendere, è necessario fare un passo indietro. Cominciando con la ricostruzione del profilo giudiziario di Luigi Cimmino: il presunto boss del Vomero era ed è ancora oggi considerato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli il reggente dell’omonimo clan che gestiva il controllo degli affari illeciti al Vomero e Arenella, con un passato scandito da estorsioni sui negozianti, e persino dal controllo sugli appalti negli ospedali.

LA REPLICA
Ma Diego Cimmino, suo figlio, è un uomo libero. Di più: non ha mai subìto processi per associazione di stampo mafioso. E da qui deriva la considerazione che non sia sufficiente essere figlio di un pluripregiudicato per macchiare la sua immagine, ma soprattutto quella di un commerciante che, di certo, non è tenuto a chiedere il certificato penale o il casellario giudiziario a chi entra per far acquisti nel suo negozio.

«Mi sono assunto la responsabilità di coordinare i commercianti del quartiere - dichiara al Mattino Walter Schmitt, titolare di una accorsata boutique in via Niutta - esclusivamente riguardo l’illuminazione. Non ho nessun altro ruolo in Confcommercio. Ciò premesso credo che sulle foto in questione sia stata creata la classica tempesta in un bicchiere d’acqua, e spiego perché. Diego lo conosco come conosco tanti ragazzi del quartiere: quando entra nel mio negozio compra e paga regolarmente. Sul nostro profilo Instagram utilizziamo l’immagine dei clienti dopo naturalmente aver loro chiesto l’autorizzazione a pubblicare quegli scatti. E lo facciamo esclusivamente nell’intento di pubblicizzare i nostri capi di abbigliamento, tanto è vero che in calce a quegli scatti ci sono i riferimenti delle aziende che trattiamo».

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«Sono sinceramente addolorato da questa polemica - prosegue Schmitt - Chi come me è nel commercio non deve chiedere al cliente che entra nel negozio il casellario giudiziario. E vorrei ricordare che tra le iniziative che abbiamo assunto ci sono tante opere meritorie e di beneficenza. Siamo stati tra i promotori della raccolta fondi per una ludoteca all’ospedale pediatrico Santobono, inaugurata anche grazie a noi commercianti dell’Arenella, un quartiere abbandonato dal Comune: voglio ricordare che Palazzo San Giacomo anche quest’anno ha stanziato dei fondi per l’illuminazione natalizia solo in via Luca Giordano e via Scarlatti, dimenticandosi di tutto il resto del quartiere.

Quest’anno se ci saranno luminarie anche qui lo dobbiamo ad un’autotassazione alla quale ci siamo sottoposti, e all’intervento di Confcommercio. E nel febbraio 2018 raccogliemmo fondi per sostenere, con uno spettacolo all’Acacia, le spese mediche e un delicato intervento chirurgico a Sara, una bimba di quattro anni affetta da una rarissima malattia. E proseguiremo nelle iniziative benefiche, perché continueremo a destinare ai più deboli e indifesi ulteriori fondi. Per me questa storia delle foto è veramente senza costrutto, assurda e priva di ogni fondamento».

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