Ilva, ArcelorMittal 4.700 esuberi nel 2023. I sindacati annunciano lo sciopero per il 10 dicembre

Ilva, nel nuovo piano di ArcelorMittal 4700 esuberi nel 2023
Ilva, nel nuovo piano di ArcelorMittal 4700 esuberi nel 2023
Mercoledì 4 Dicembre 2019, 17:26 - Ultimo agg. 8 Dicembre, 16:59
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Arcelor Mittal scopre le sue carte, presentando un nuovo piano. Ma la cifra sugli esuberi non cambia. Per restare in Italia l'azienda propone di ridurre i posti di lavoro di 4.700 unità. Di cui 2.900 debbono essere tagliati subito. Già nel 2020. A fronte di ciò potrebbe aumentare la produzione da 4.500 tonnellate di acciaio a 6.000, sostituendo il forno Afo2 nel 2023 con uno elettrico, a minore impatto ambientale ma anche occupazionale. I sindacati giudicano «irricevibile» il piano e annunciano lo sciopero dell'ex Ilva per martedì prossimo 10 dicembre. Il governo con il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, si dice «deluso» dai «passi indietro» fatti dall'ad Lucia Morselli, che sfida con una controproposta per una nuova Ilva dove lo Stato sarà «presente».

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Certo la trattativa appena iniziata parte «in salita», per ammissione dello stesso ministro. Il primo tavolo con tutte le parti riunite (esecutivo, azienda e sindacati) non sembra certo avvicinare la crisi a una soluzione. In un negoziato di questa portata «un momento di particolare criticità,» ci sta, ammette Patuanelli. Le prossime ore ci diranno se sarò un ostacolo superabile o un muro troppo alto.

 


La multinazionale dell'acciaio sembra avere le idee chiare, illustrando al ministero un piano aggiornato 2020-2024. E alla base c'è un dato: le perdite dell'azienda in Italia. Alla fine del 2019 le uscite di cassa saranno pari a un miliardo di euro, spiega l'ad. Da qui la necessità di chiudere l'Afo2 nel 2023, rimpiazzandolo con uno elettrico che però comporta la fine di un'acciaieria, di un treno nastri, dei tubifici e delle batterie a cook. Ciò porta a rimodulare gli investimenti da 2,4 miliardi a 2 miliardi, con una limitazione della copertura dei parchi a 500 metri. I lavoratori impiegati passerebbero dal 10.798 a 6.098 nel 2023.

I sindacati vedono questa roadmap come una provocazione. Tanto che il tavolo al Mise si interrompe per una pausa chiesta da Cgil, Cisl e Uil. La riunione poi riprende ma le parti rimangono su posizioni opposte, lamentando come gli esuberi arriverebbero a 6.300 contando anche il mancato recupero dei lavoratori in amministrazione straordinaria. «Quello presentato al Mise da Arcelor Mittal Italia »non è un piano industriale: è un progetto di chiusura nel tempo di Taranto e di Ilva«, è duro il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. »Abbiamo un accordo firmato un anno fa che prevede investimenti, 8 milioni di tonnellate di acciaio da produrre« e non 6 milioni come annunciato nelle slide presentate al ministero. Secondo la leader della Cisl, Annamaria Furlan, il negoziato non si è neppure avviato: »non ci sono le condizioni per aprire un confronto« e incontro non poteva andare peggio, è finito »malissimo«, dice. Ecco perché »il 10 dicembre abbiamo deciso che ci sarà lo sciopero dei lavoratori Ilva«, dichiara il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo. Eppure le diplomazie non si fermano. Il governo chiederà ad Arcelor Mittal di 'emendarè quel piano. Prima della riunione con i sindacati - a cui ha preso parte anche la titolare del Lavoro, Nunzia Catalfo - l'ad Morselli aveva visto il consulente del Mise Francesco Caio, insieme a rappresentanti del ministero dell'Economia.
E la linea che l'esecutivo vuole dare emerge netta dalle parole di Patuanelli. »Tra venerdì e lunedì il governo presenterà un suo piano industriale che farà diventare Ilva un esempio di impianto industriale siderurgico, con uso di tecnologie sostenibili, con forni elettrici per arrivare a una produzione di 8 milioni e tutelare i livelli occupazionali«, promette. E per far questo, assicura, »lo Stato, il governo, è disponibile a investire, ad essere presente, a partecipare e accompagnare l'azienda a questo percorso di transizione«. L'obiettivo del governo resta quello di riportare Arcelor Mittal più vicina possibile a quello che è ormai il vecchio piano. »Siamo molto cocciuti«, avverte il ministro ma riconosce che se l'azienda si mostrerà »rigida« allora »non ci saranno le condizioni«. C'è tempo, al momento, fino al 20 dicembre.

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