Una ventina di telefonini cellulari acquisiti nel corso dell’inchiesta sullo scontro della Metropolitana. Tre telefonini appartengono al macchinista, unico indagato per lo scontro dello scorso 14 gennaio, gli altri appartengono alle parti offese, ma anche a dipendenti della metropolitana, in servizio in torre di controllo, sui binari o in altri punti strategici dello snodo ferroviario. È questa la mossa della Procura di Napoli, che punta ad acquisire elementi in relazione all’incidente avvenuto alle sei e cinquanta del mattino a pochi metri dalla stazione di Piscinola, ma anche in relazione ad altri possibili incidenti. Tutto ciò che può servire a chiarire la condizione di lavoro e di sicurezza nella metro è così destinato a finire al centro del fascicolo. Fotografie, immagini, video, commenti, comunicazioni su chat, tramite i sistemi di messaggistica di whatsapp o di facebook. Sono questi gli obiettivi della Procura di Napoli, che ha fissato in questi giorni un avviso di accertamento tecnico irripetibile, con la duplicazione dei venti telefonini cellulari.
Ma non c’è solo l’incidente di metà gennaio al centro delle indagini. Stando alle poche righe notificate alle parti, gli inquirenti lavorano a ritroso, tanto da allargare il campo investigativo anche a quanto avvenuto pochi mesi fa, non lontano dallo scontro di Piscinola. Si cerca di acquisire informazioni «anche su incidenti ferroviari verificatisi nel luglio del 2019, che abbiamo interessato le linee 1 della Metropolitana di Napoli». Chiaro il riferimento che emerge dalle poche righe dell’avviso di accertamento irripetibile. C’è la convinzione che qualcosa di simile a quanto successo sulla Linea 1 lo scorso gennaio abbia avuto una sorta di prequel, fortunatamente meno disastroso dell’ultimo incidente. Luglio 2019, dunque. Stando a quanto pubblicato dal Mattino, sistematicamente confermato da alcuni testimoni nell’ambito di questa inchiesta, lo scorso luglio si rischiò una sorta di tragedia, con un treno che stava per deragliare e speronare altri convogli, che poteva provocare conseguenze drammatiche. Non ci furono danni, né feriti, solo grazie alla bravura di un macchinista e a una buona dose di fortuna. Martedì 14 gennaio, invece, il crash, lo scontro, un incidente che solo per miracolo non ha provocato morti.
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Inchiesta condotta dai pm Michele Caroppoli e Liana Esposito, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Simona Di Monte, molto probabile che nei mesi scorsi il tema del disastro mancato o del disastro annunciato sia stato particolarmente dibattuto tra dipendenti, macchinisti e sindacalisti. Probabile che quanto avvenuto - e trasmesso a mezzo social - sia stata una questione che ha alimentato malessere tra i lavoratori al servizio della metro. Quanto basta a spingere la Procura ad ampliare lo spettro dell’inchiesta, a non circoscrivere tutto al fatto del 14 gennaio. Difeso dal penalista Celeste Gentile, il macchinista del treno che si è schiantato su altri due convogli si dice pronto a replicare alle accuse, ad andare fino in fondo.
È indagato per disastro colposo, ma ha le idee chiare: in un’intervista al Mattino, ha lanciato accuse precise e motivate nei confronti dei vertici dell’Anm, ricordando di aver agito da professionista, mettendo in salvo la sua vita, quella dei colleghi e quella dei passeggeri.