Se la spinta delle Sardine può essere utile al Sud

di Eugenio Mazzarella
Giovedì 13 Febbraio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 14 Febbraio, 06:30
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Hanno buone idee queste Sardine. Non solo per quel che propongono, ma anche per quello che ci fanno capire dello stato reale del Paese, della società italiana. Sfidate a darsi un’identità politica, ci stanno provando. Non male bisogna dire. Proprio per questo già creandosi qualche difficoltà competitiva; fin qui, come si legge, con Lega e 5Stelle. Innanzi tutto, con la sollecitazione esercitata sul Pd, per il tramite dei ministri Boccia e Provenzano, a porsi con attenzione il problema del divario Nord e Sud, nel percorso a farsi dell’implementazione del regionalismo. Che più che differenziato dovrebbe aiutare a porre rimedio alle già troppo differenziate condizioni del Mezzogiorno, del tutto consapevoli, questi ragazzi, che il Paese si salva al Sud dal suo declino, usando proprio il rilancio del Sud come leva per far ripartire l’Italia. Vagli a dar torto.

È la migliore linea di analisi della questione partorita da valutazioni indipendenti da egoismi regionali. Ma ora anche questa proposta di un Erasmus nazionale, con scambio di esperienze di studio tra Nord e Sud degli studenti universitari, un semestre cioè speso dai ragazzi in un ateneo diverso da quello dove studiano e collocato nell’altra parte del Paese differenziato che ci troviamo a vivere, non è affatto male. Intanto questi giovani ci fanno capire a che punto siamo arrivati non solo nella coesione strutturale, socio-economica, del Paese, ma nella stessa coscienza della coesione nazionale, se ritengono utile che gli italiani si conoscano tra loro non a senso unico, cioè nell’emigrazione studentesca in atto da anni dal Sud al Nord del Paese. Una buonissima idea, la loro, che si aggiungerebbe all’Erasmus europeo, non lo sostituirebbe; e a mio avviso andrebbe aggiunta alla circolazione degli stessi docenti universitari per un semestre o più tra gli atenei nazionali. In verità una possibilità prevista per accordi tra taluni atenei, ma in realtà pochissimo attuata per le complicazioni burocratiche e la non previsione di alcuna incentivazione, il che si traduce in una sostanziale disincentivazione. Uno scambio di docenti che sarebbe ben più utile al sistema universitario nazionale che la spesso mal intesa circolazione “internazionale” dei docenti, non poche volte orientata ad accrescere il “punteggio” dai “criteri” concorsuali di accesso dei singoli a questa o quella valutazione (il che si chiaro non è colpa dei docenti, ma di chi glielo impone), più che ad un’effettiva loro crescita nella “reputazione” scientifica internazionale. Tralascio per carità di patria l’obbligato quasi «turismo convegnistico» per costruirsi curricula densi di “esperienze” internazionali. Ma questo è un altro discorso, e torniamo alle nostre giovani Sardine, che con la loro proposta di Erasmus nazionale toccano un punto nevralgico della coesione nazionale da ricostruire in questo Paese nella coscienza delle giovani generazioni. Una volta ci pensavano, sul piano di massa, il servizio militare obbligatorio, sul piano delle elités, l’obiettiva e ben più ampia circolazione dei docenti universitari e degli stessi studenti in una università che non era ancora di massa in un Paese che aveva un terzo degli atenei che ha oggi. La proposta delle Sardine intende far assolvere dall’università di massa quella spinta, nel sentimento e nella consapevolezza individuali, alla coesione nazionale che una volta era affidata al servizio militare generalizzato. Non è affatto una cattiva idea. Pensiamoci. Bravi ragazzi.
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