Coronavirus, quando finirà? L'epidemiologo Ciccozzi: «Fuori entro due mesi, ma non siamo al picco»

Coronavirus, quando finirà? L'epidemiologo Ciccozzi: «Fuori entro due mesi, ma non siamo al picco»
Coronavirus, quando finirà? L'epidemiologo Ciccozzi: «Fuori entro due mesi, ma non siamo al picco»
di Lorena Loiacono
Mercoledì 26 Febbraio 2020, 19:46 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 08:57
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Coronavirus, i contagi in Italia hanno superato oggi le 400 unità. Prof. Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell'Università Campus Bio-medico e membro della task force universitaria del Coronavirus. L'epidemia in Italia quanto può durare?
«Si può fare una stima, assolutamente attendibile, ma dobbiamo rifarci alle esperienze passate».
Perché?
«Perché stiamo osservando un virus nuovo che non conosciamo e stiamo imparando a conoscerlo dal punto di vista dell'incubazione e di quanto è contagioso o letale”».

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Quali esperienze passate possiamo prendere come riferimento?
«Dovremmo riferirci al coronavirus della Sars, che arrivò in Italia nel 2002-2003. Iniziò ad infettare nel mese di ottobre del 2002 e sparì dalla circolazione verso giugno o luglio 2003».
Circa 8-9 mesi in tutto, anche per il nuovo coronavirus?
«Sì, anche meno».

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Perché avrà vita più breve?
«Perché è iniziato dopo e presumibilmente, se dovesse essere ancora in circolazione, con l'arrivo del caldo finirà di diffondersi».
È un virus che non regge le temperature calde?
«No, non è quello il motivo. Il contagio diminuisce con il caldo perché il caldo disaggrega le persone. In poche parole sappiamo bene che con l'arrivo della bella stagione si va meno in locali chiusi come discoteche, scuole, cinema, teatri o università. Nel periodo estivo si sta all'aria aperta e il contagio si riduce inevitabilmente».

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Quindi per l'estate ne saremo fuori?
«Anche prima, spero che in un mese o due sparisca: qualunque epidemia, prima o poi, si blocca».
Il picco quando ci sarà?
«Ancora non c'è, ce ne accorgeremo quando vedremo calare il numero dei contagi di giorno in giorno: se ne abbiamo 15 al giorno, poi 13 e ancora 13 potremo dire che il picco è stato superato».
Si può essere davvero sicuri del numero dei nuovi contagi?
«Direi proprio di sì. Il nostro sistema di sorveglianza è perfetto: ha le maglie molto strette. Sappiamo che abbiamo a che fare con due soli focolai epidemici: uno in Lombardia e uno in Veneto. Ora l'obiettivo è far sì che restino solo quelli: riuscire a contenerli cerchiandoli».

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Il caso di Palermo?
«Rientra nei casi sporadici, non sono focolai epidemici».
Perché i casi italiani sono in aumento?
«Stanno crescendo, anche perché li stiamo trovando tutti. Certo è che, se avessimo trovato il paziente zero, avremmo fatto prima a cerchiare il focolaio».

Come si ricostruisce il percorso del virus?
«Con i tempi di incubazione. Per essere sicuri di quanti giorni siano necessari all'incubazione, faremo i genomi completi dei pazienti positivi dell'ospedale del Sacco. Così riusciremo a datare il vero inizio dell'epidemia: conoscere l'esatto momento dell'infezione rappresenta un mezzo potentissimo. L'incubazione ci indica il giusto periodo di quarantena da rispettare e ci dice anche come e quando è stato trasmesso il virus».

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Il primo contagio in assoluto?
«In Cina, Prima di Natale. Proprio all'Università campus Bio-medico abbiamo pubblicato una ricerca che ci dice che il primo contagio è avvenuto da un pipistrello: il primo caso è stato registrato dopo Natale quindi l'infezione è iniziata i primi dicembre. Il contagio è avvenuto durante la macellazione di un animale nel mercato: il virus ha fatto una mutazione ed ha infettato le vie respiratorie dell'essere umano».
Non crede alla teoria del complotto, per cui il contagio sia partito prima e in Cina lo abbiano tenuto nascosto?
«No, credo anzi che abbiano agito quasi subito. Ne sono sicuro, se ne sono accorti quasi in tempo e sicuramente prima di quanto fecero con la Sars del 2002-2003».

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Anche in quel caso partì tutto da un animale, possibile che sia accaduto di nuovo?
«Sì, macellare un animale all'aperto fa parte delle loro abitudini. Ci sono villaggi senza corrente elettrica e quindi devono tenere la carne in vita il più possibile, per mantenerla».
È dell'Università Campus Bio-Medico la scoperta del contagio da un pipistrello. Complimenti
«Siamo molto soddisfatti anche perché nel team c'è uno studente del sesto anno che ha partecipato attivamente. Un bel momento di crescita per tutti».

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L'idea che il nuovo coronavirus sia partito dal pangolino?
«MI sento di bocciarla. Stiamo per pubblicare uno studio in cui dimostriamo che si tratta di una teoria non credibile, dal punto di vista probabilistico».
In Cina stanno calando i contagi?
«Sì, fuori dalla città di Wuhan il picco è stato superato».
Rispetto alla Sars, che differenze ci sono con il nuovo coronavirus?
«E' più contagioso della Sars ma sicuramente è meno letale. La Sars aveva 9,8% di letalità: quindi quasi dieci persone su cento, tra quelle contagiate, moriva. Qui invece siamo al 3%: praticamente un terzo».

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Quindi il nuovo coronavirus è meno pericoloso?
«Assolutamente sì. Dobbiamo far capire che si guarisce molto di più di quanto si possa morire».
Intanto dobbiamo attivarci per proteggerci.
«Sì, anche all'Università abbiamo attivato una task force perché vogliamo che gli studenti siano protetti da un'eventuale epidemia, evitando i corsi con tante persone, anche le tesi di laurea avvengono a porte chiuse per salute di docenti e studenti. Il test di medicina è stato rinviato e abbiamo attivato una e-mail di help desk per studenti e insegnanti».
 

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