Coronavirus a Napoli, record di vittime nel Covid Center di frontiera: aperta inchiesta, arrivano i Nas

Coronavirus a Napoli, record di vittime nel Covid Center di frontiera: aperta inchiesta, arrivano i Nas
di Francesca Mari e Dario Sautto
Mercoledì 25 Marzo 2020, 23:00 - Ultimo agg. 26 Marzo, 10:32
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Cinque morti in pochi giorni, tragedie maturate in uno scenario fatto di carenza di macchinari, dispositivi di sicurezza e personale specializzato e dentro un caos che ha provocato lo stop ai ricoveri ma non la fine delle polemiche. La Procura di Torre Annunziata apre un’inchiesta sul «Covid Center» di Boscotrecase, e all’ospedale dedicato a Sant’Anna e alla Madonna della Neve arrivano i carabinieri del Nas per un’ispezione. Una delega specifica, quella che il procuratore Pierpaolo Filippelli ha affidato al nucleo antisofisticazione e sanità, e cioè capire cosa ci sia di vero nei tanti allarmi lanciati dall’interno della struttura ospedaliera, individuata da poco più di una settimana come ospedale degli infetti da Covid-19. Il timore è che possa essere stata creata una struttura «vuota» in cui si vada solo a morire di polmonite cinese, senza che siano possibili le cure per i pazienti. I carabinieri per la tutela della salute hanno eseguito una verifica approfondita delle procedure in corso e si sono concentrati sulle forniture di materiali. Sono stati inoltre, ascoltati i rappresentanti della associazioni di categoria.

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A muovere l’interesse degli inquirenti è stata la notizia del decesso di cinque degli undici pazienti ricoverati in terapia intensiva. Di pari passo sono iniziati gli allarmi da parte del personale: i medici, soprattutto anestesisti e rianimatori, avevano protestato ottenendo il blocco dei ricoveri (ancora in atto) e denunciato la mancanza di strumenti essenziali per la rianimazione come come pompe infusionali, monitor, sacche per nutrizione, sistemi di aspirazione a circuito chiuso e persino farmaci antivirali ed antibiotici. Su questi aspetti saranno effettuati approfondimenti da parte degli investigatori, anche se la carenza di alcune strumentazioni è legata a un’emergenza nazionale. L’attenzione della Procura oplontina resta massima, per capire dove si ferma l’emergenza e dove iniziano eventuali ipotesi di reato. Al momento il fascicolo d’inchiesta non prevede indagati né contestazioni, che saranno vagliate con attenzione una volta consegnata la relazione da parte dei carabinieri del Nas di Napoli. Resta evidente che ci siano diverse carenze, alcune delle quali sicuramente legate al fatto che il Covid Center boschese è tuttora un cantiere aperto e la conversione da ospedale a centro specializzato contro l’emergenza di fatto non è ancora avvenuta. 

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Anche ieri è stata una giornata vissuta in trincea da medici, infermieri e personale sanitario. I nodi da sciogliere restano tanti, a partire dai percorsi dedicati «sporco-pulito», da giorni richiesti a gran voce dal personale e dai sindacati unitari Cgil Cisl e Uil ma che ancora non sono stati predisposti. Senza aree protette, gli operatori temono di potersi contagiare a contatto con pazienti. «Per come è strutturato l’ospedale – protesta un infermiere – non è facile creare percorsi dedicati, dovevano pensarci prima. Noi continuiamo a richiederli a gran voce perché temiamo di essere contagiati e a nostra volta infettare le nostre famiglie. Se, per esempio, un paziente arriva da fuori e uno di noi si è cambiato perché ha terminato il turno e deve tornare a casa, può trovarsi a contatto con il paziente senza dispositivo di protezione. Lo stesso accade al passaggio delle salme». 

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Qualche strumento ieri è stato consegnato al Covid Center, dove ogni giorno arrivano 160 kit per gli 80 operatori e dove è già cominciata anche la sperimentazione con il farmaco del Pascale, ma la task force interna e la direzione strategica diretta da Gennaro Sosto e coordinata da Savio Marziani continuano a riunirsi molte volte al giorno. Ieri i sindacati hanno chiesto e ottenuto dall’Asl l’indennità di rischio. Anche l’avvio dei tamponi al personale sanitario è partito: lo screening sarà effettuato nel nuovo laboratorio dell’Asl 3 Sud allestito all’ospedale di Nola. Orfeo Mazzella, presidente del Forum Campano di Malattie Rare, ha inviato alla stessa Asl un piano del rischio come al Cotugno. In serata è stata deliberata la realizzazione di altri 8 posti in terapia intensiva: i lavori inizieranno a giorni. 

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Restano le criticità per i malati, attualmente 40 di cui 8 in rianimazione. Altri 40 posti vanno allestiti con altrettanti ventilatori. «Qui è un lazzaretto- aggiunge un sanitario – non perché i malati sono a terra o non c’è spazio tra i letti, ma perché c’è ancora disorganizzazione. In terapia intensiva è uno strazio, ma anche in subintensiva lo scenario è drammatico, cerchiamo di dare coraggio ai malati anche solo con lo sguardo. Qualche volta, di nascosto, se sono in condizioni discrete tiriamo fuori i cellulari e permettiamo loro di fare una videochiamata con i familiari». Sempre nella giornata di ieri, in ospedale sono arrivati Mario Casillo, capogruppo regionale del Pd, e i sindaci di Boscotrecase e Torre Annunziata, Pietro Carotenuto e Vincenzo Ascione: in un comunicato hanno smentito gli «scenari apocalittici» che lo stesso Ascione e i consiglieri comunali oplontini avevano disegnato appena 24 ore prima in una lettera inviata a Regione e Asl.
 

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