Coronavirus a Napoli, caccia ai farmaci anti-Covid: «Introvabili in tutto il Sud»

Coronavirus a Napoli, caccia ai farmaci anti-Covid: «Introvabili in tutto il Sud»
di Ettore Mautone
Venerdì 27 Marzo 2020, 00:00 - Ultimo agg. 11:55
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I medici del Cotugno stanno imparando a conoscerlo, Covid-19 è un virus subdolo: in alcuni casi scorre asintomatico e muto. In altri invece si esprime con febbre e tosse. Sintomi che sembrano banali ma da non sottovalutare perché possono sfociare in gravi polmoniti. Sul piano clinico emerge anche una linfopenia, l’inaspettata capacità del virus di paralizzare la funzione dei linfociti B, proprio quelli che producono anticorpi deputati a sparare proiettili contro di lui. In generale i nodi da sciogliere riguardano la non omogenea disponibilità dei farmaci sperimentali nei centri Covid e l’esclusione della Campania e di tutto il sud dalla sperimentazione di Redsemivir autorizzata dall’Aifa. 

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Il Corona è un virus nuovo per il quale non esiste una cura standardizzata e sono larghi i margini per le sperimentazioni cliniche. La più promettente è quella messa a punto dai ricercatori del Pascale e del Cotugno che utilizza il Tocilizumab, anticorpo monoclonale usato finora nell’artrite reumatoide. Un immunosoppressore con funzione antinfiammatoria usato anche per controllare l’immunoterapia dei tumori. Su 18 pazienti trattati al Cotugno 4 sono deceduti (la malattia era troppo avanzata) ma 6 sono stati liberati dal respiratore. Tra questi una paziente è stata dimessa, a casa in convalescenza. Oggi tocca a un’altra paziente varcare in uscita la soglia dell’ospedale. Non è mai andata in Rianimazione ed è migliorata in pochi giorni. Il farmaco non è disponibile in tutti i Covid center della Campania, scarseggia e va adeguata la fornitura.

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Il Coronavirus mostra punti deboli: si prova ad attaccarli anche con altri farmaci antivirali usati nella cura di altre infezioni (Aids, Ebola ecc.). Una molecola molto promettente, anch’essa presente in clinica contro l’Aids e finora usata nel Covid come off-label (al di fuori delle indicazioni cliniche) è il Redsemivir. Antivirale sperimentale sviluppato da Gilead sciences per l’Ebola e le infezioni da virus Marburg. Mostra attività antivirale anche contro altri virus a Rna (virus respiratorio sinciziale umano, virus Junin, febbre da virus Lassa, virus Nipah, virus Hendra e i coronavirus di Mers e Sars). Il Redsemivir è stato usato con successo allo Spallanzani di Roma per la cura dei primi pazienti Covid positivi. Finora poteva essere ordinato su una piattaforma informatica ma da quando l’Aifa ha fatto scattare il semaforo verde alla sperimentazione sul Covid è tutto bloccato. I medici e rianimatori del Cotugno si fanno sentire: «La sperimentazione esclude tutti i centri al di sotto di Roma. Viene usato nei nostri omologhi del Centro-Nord come il Sacco di Milano, lo Spallanzani di Roma ma non ci siamo noi del Cotugno». In teoria sarebbe utilizzabile in studi osservazioni ma il nodo è la fornitura. In Regione stanno cercando spiragli per un allargamento del perimetro geografico. 

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Nella cura del Corinavirus, al Cotugno, in prima battuta si usa anche la idrossi-clorochina, un vecchio antimalarico noto con la formulazione Plaquenil: «Compresse disponibili già dal 1955 - spiega Michele Di Iorio, presidente dei Federfarma Napoli - anche per trattare il lupus eritematoso sistemico e l’artrite reumatoide. In farmacia è ormai introvabile, le nostre scorte sono state inviate agli inizi di marzo tutte al Cotugno e gli ordini non vengono più evasi dalle case produttrice». Anche in questo caso la Regione ha fatto partire con Soresa un ordine all’estero. Il più usato al Cotugno, che ne aveva scorte per la cura dell’Aids, è il Kaletra, un’associazione di due inibitori delle proteasi virali (lopinavir e ritonavir). Non sono specifiche per il Covid 19. Un primo studio è stato effettuato a Wuhan e ha coinvolto 199 pazienti ma non ha evidenziato differenze quanto a miglioramento clinico e mortalità. Un risultato apparentemente a sfavore del trattamento ma la popolazione studiata comprendeva pazienti con malattia avanzata intubati con manifestazioni da più di 12 giorni. I protocolli attualmente in uso ne consigliano un uso più precoce e comunque pare accorciare i tempi di permanenza in rianimazione. I risultati sono controversi: l’Aifa ha autorizzato la prosecuzione della sperimentazione in attesa di vederci chiaro. 
 



I medici di famiglia, a cui spetta la cura dei pazienti asintomatici o con pochi sintomi, hanno anche loro messo a punto rimedi e cure di prima fase. La prima raccomandazione è disinfettare le vie respiratorie con suffumigi con aria caldissima. Due o tre inspirazioni al massimo per non scottarsi e abbattere la carica virale. Controindicati invece, secondo alcuni studi francesi, gli altri antinfiammatori di uso comune e del cortisone. Si prescrive la colchicina che ha un ruolo antinfiammatorio nelle pericarditi recidivanti e il paracetamolo. La copertura antibiotica per evitare sovrainfezioni batteriche e l’ossigenoterapia domiciliare che può aiutare.
 

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