Planet Funk: «Vent'anni da ricordare tra un'antologia e un documentario»

Planet Funk
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Domenica 29 Marzo 2020, 16:02 - Ultimo agg. 16:10
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Il titolo, «20:20», era obbligato, anche «se quest’anno tenteremo di dimenticarlo presto», racconta al telefono, chiuso in casa come tutti noi, Domenico «Gg» Canu, parlando della doppia antologia dei Planet Funk appena uscita per la Just Entertainment a celebrare il primo ventennio della strana posse napoletana-fiorentina, ibrido nato dall’incontro di «funamboli del suono. Da una parte c’è la cultura dance, l’elettronica, il groove, dall’altra il rock, la cultura delle band. Noi sul filo, attenti a non cadere», ricorda. Venti brani, naturalmente, inclusi tutti gli hit come «Chase the sun», «Who said», «Inside all the people», «Another sunrise» e «Paraffin», incluse le collaborazioni con Giuliano Sangiorgi e Jim Kerr.
Era il 1999, a dir la verità, quando tutto iniziò: i napoletani Souled Out incontravano i fiorentini Kamasutra. O meglio, per fare i nomi e i cognomi, tu, Sergio Della Monica e Attilio Sommella incontravate Marco Baroni ed Alex Neri. Poi Sommella rimase in disparte.
«Volevamo fare qualcosa di diverso, di urgente. Eravamo difficili da definire e non volevamo essere definiti, non avevamo un cantante e non lo volevamo avere, in Italia ci presero per pazzi, ci dissero che non avremmo mai venduto un disco, poi ci mise sotto contratto la Virgin inglese, conscia dei successi che singolarmente avevano prodotto o firmato, ma anche del tiro del progetto. Oggi tutti lavorano sui “featuring”, allora non si riusciva a concepire un collettivo aperto che si sceglieva di volta in volta il cantante più adatto».
Dancefloor e rock non erano mai stati così vicini.
«C’era il trip hop, c’erano gruppi come i Massive Attack che non sapevi in quale vaschetta di negozio metterli, così si inventarono la definizione e la vaschetta adatta. Sporcavamo il suono da discoteca, rendevamo glamour il suono da concerto, strumenti elettrici ed elettronici convivevano in studio come sul palco: non siamo stati un’operazione a tavolino, abbiamo fatto tanti concerti, tanti festival e tanti ne facciamo e faremo ancora».
Senza Sergio.
«È stato difficile riprendere la nostra strada, capire che c’era ancora una strada senza di lui. Della Monica era al centro di tutto quello che facevamo, era un motore da Formula 1, un motore Ferrari, un fuoriclasse. Siamo rimasti in tre, con tante collaborazioni come sempre: Sergio non si sostituisce, era insostituibile, questo lo sapevamo fin dal giorno della sua morte, il 17 febbraio 2018, a soli 58 anni».
A proposito di collaborazioni: Dan Black, Auli Kokko, Raiz, Jovanotti, Alex Uhlmann... tante voci.
«Ma un solo sound, il nostro. Non avevamo il cantantino, il pagliaccetto da mandare in tv, non eravamo gli U2 con la voce e il carisma di Bono, ma eravamo e siamo i Planet Funk, sul crinale delle culture giovanili che hanno fatto grande la colonna sonora del Novecento. Noi le abbiamo messe insieme, oggi si vola basso, trap e talent show non fanno per me che sono cresciuto con i Led Zeppelin».
C’è un solo inedito in «20:20».
«Una versione high energy di “Non stop”, una sorta di omaggio a quella italo disco degli anni ‘80 che per molti dj internazionali è tra le cose migliori che la musica italiana abbia esportato».
Dal vostro studio di registrazione a Posillipo sono passati persino i Pet Shop Boys.
«Bei tempi, altro che quest’anno di m.... Li racconteremo in un documentario che ci sta producendo la Indigo per la regia di Guido Pappadà, c’è la nostra storia, quella delle nostre produzioni, degli incontri con Kerr dei Simple Minds, Sangiorgi dei Negroamaro, con Jovanotti. Ci sono loro, ma anche Robert Del Naja dei Massive Attack, James Lavelle... Bella gente, bei suoni. Intanto tutta la nostra discografia - “Non zero sumness” del 2005, “The illogical consequence” del 2006, “Static” del 2011 e “The great shake” del 2011 - è nuovamente disponibile sulle piattaforme di streaming e download. E un nuovo album e un nuovo tour sono alle porte: dovrà pure finire quest’anno orribile, dovremo pure trovare il suono dell’antivirus».

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