Coronavirus, a Napoli i clan non vanno in quarantena: ​pusher padroni della notte

Coronavirus, a Napoli i clan non vanno in quarantena: pusher padroni della notte
di Giuseppe Crimaldi
Martedì 31 Marzo 2020, 23:00 - Ultimo agg. 1 Aprile, 11:08
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Per prima arriva il silenzio. A mezzanotte la città è una grande distesa di viali, piazze e case calate in un vuoto pneumatico. Poi, all’assenza totale di suoni, rumori, segue l’effetto ottico: nel quale gli unici segnali di vita sembrano essere affidati al lampeggiare dei semafori e alle luci che filtrano dietro le tapparelle calate. Napoli di notte ai tempi del Coronavirus. Scortati dalle pattuglie dei carabinieri del Radiomobile e dei militari della compagnia di Bagnoli, da piazza Sannazaro iniziamo il viaggio nella notte isolata e surreale dei quartieri che normalmente, a quest’ora, sono ancora sempre pieni di gente. E la camorra ringrazia.

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Mezzanotte. Prima tappa, il più grande e fornito crocevia dello spaccio di droga: quel Rione Traiano ormai tristemente famoso per essere la nuova Scampia, dove il “servizio” che offre cocaina, kobret, hashish e marijuana è un rullo compressore che macina soldi a palate e non si interrompe mai. La regola d’ingaggio per i militari del comando provinciale in questo caso è doppia: devono controllare il territorio ma intercettare anche chi si muove, a piedi e soprattutto in macchina, violando il divieto di uscire di casa. 

E qui arriva la prima sorpresa: perché imboccando già via Tertulliano l’allarme lanciato dalle vedette della camorra nascoste dietro aiuole e verande dimostra come qui la notte non porti consiglio, nonostante tutto; alla vista dei lampeggianti blu si comincia a urlare la parola d’ordine che dà l’allarme e ordina la ritirata ai pusher: «Mario! Mario!», e il grido squarcia la cappa di silenzio. La quarantena e i rischi collegati al contagio non scoraggiano i tossicodipendenti, che si disperdono fuggendo per non essere identificati.
 

 

All’una scattano i controlli su strada. La posizione strategica del posto di blocco stringe a tenaglia gli ingressi al Rione: sia da via Epomeo che sul versante opposto, che confina con La Loggetta. 

Almeno una decina di automobilisti vengono bloccati dalle palette dei carabinieri. Quasi tutti hanno una giustificazione rispetto agli spostamenti: c’è chi dice di tornare dal lavoro e chi sostiene di essere uscito precipitosamente di casa perché si era azionato l’allarme del negozio. Nella rete finiscono anche i maldestri: come una coppia di giovani partita da Giugliano per raggiungere il Rione Traiano: chissà perché... «Brigadiè, non ci dite niente, noi mica lo sapevamo che non si poteva, che era vietato uscire da Giugliano per arrivare a Napoli»: per i due scatta la sanzione, una multa salata che renderà sicuramente indimenticabile questa notte all’avventura fuori casa.

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Ore due: piazzale Tecchio. Lo scenario è ancor più surreale, con via Diocleziano, viale Giulio Cesare, la Mostra d’Oltremare e lo stadio San Paolo che sembrano uscite dalle inquadrature poetiche e visionarie di un film di Fellini. Nastri d’asfalto come un lungo deserto metropolitano. Altri controlli, ma per i carabinieri - loro sì, come i poliziotti e tutti gli altri uomini delle forze dell’ordine impegnate anche quando la città dorme a garantire ordine e sicurezza: già, perché in questi complicatissimi giorni gli occhi vanno tenuti bene aperti contro la delinquenza di strada che rischia di farsi ancora più aggressiva. 
 

Lasciamo i militari dell’Arma per proseguire - quando mancano venti minuti alle tre - verso il centro storico. Superando, duna dopo duna, zone di altro deserto urbano. Altri lampeggianti e pattuglie, questa volta sono quelli degli uomini della Questura: perché mai come in questo momento si rivela utile il piano di ripartizione territoriale dei vari quartieri con una rotazione giornaliera che garantisce un più omogeneo e capillare controllo dei quartieri cittadini. Zona piazza Dante: qui - in un monolocale del “Cavone” - solo poche ore fa i carabinieri hanno scoperto un arsenale della camorra: altro indubitabile segno, quelle cinque pistole cariche e pronte all’uso, che la pandemia non ferma le strategie di guerra dei clan.

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Scorci di una città che rinuncia a pulsare anche di notte. Lungo il corso Umberto scivolano come fantasmi rarissimi passanti, qualcuno porta al guinzaglio il cane e tira una boccata di respiro all’aria aperta. Poi, quasi a ricordare la lugubre attualità che stiamo vivendo, scorrono veloci due ambulanze con medici e infermieri a bordo bardati di tute bianche anti-contagio. E non solo. A piazza Carlo III incrociamo anche due carri funebri che corrono veloci in direzione Doganella, verso il cimitero.

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Ultima tappa, ore tre, Poggioreale e Gianturco. Fino a qualche settimana fa questa era la downtown a luci rosse, il terminale del sesso a buon mercato. Come per la droga, quello della prostituzione resta ancora un filone che dà soldi alla criminalità. Basta fare un paio di passaggi tra via Galileo Ferraris e via Taddeo da Sessa per incrociare alcune ragazze che in minigonna e stivaloni sfidano il freddo di questa gelida notte (e con esso la promiscuità, che mai come adesso equivale a dire contagio). Sono straniere, probabilmente romene, sfruttate da una rete di connazionali che le costringono a battere. Se loro sono rimaste lì, come fantasmi nella notte senza più vita di Napoli, vorrà pur dire che gli affari proseguono.
 

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