Coronavirus, la confessione del medico
campano: ho rischiato di fare una «strage»

Coronavirus, la confessione del medico campano: ho rischiato di fare una «strage»
di Antonello Plati
Lunedì 6 Aprile 2020, 08:18
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Sintomatico dal 19 marzo, ma sottoposto a tampone soltanto giovedì scorso. Il risultato del test, processato dall'Istituto zooprofilattico di Portici, ha dato esito positivo. E adesso un medico internista, specialista in malattie infettive, in servizio nel reparto di Medicina interna del «Landolfi» di Solofra, ma con incarico anche di pronto soccorso, chiede che siano rivisti i criteri di tutela del personale sanitario.

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«Se non fossi stato un esperto racconta il medico e non avessi riconosciuto immediatamente i sintomi avrei messo a rischio decine di persone tra ammalati, colleghi e familiari». Quando il 20 marzo scorso ha segnalato con una Pec le sue condizioni di salute sia all'Azienda ospedaliera «Moscati» sia al Servizio di epidemiologia e prevenzione (Sep) «mai avrei immaginato di diventare vittima di un palleggiamento infinito di competenza tra i due servizi». Eppure le raccomandazioni sulla sorveglianza sanitaria degli operatori promulgata dalla Unità di crisi della Regione sono chiare: responsabilità è del Medico competente sottoporre a tampone tutti i casi sospetti di Covid -19 tra i dipendenti ospedalieri. «Ma era proprio questo ultimo servizio a non volermi sottoporre a tampone, quasi a richiedere il rientro anticipato in servizio».

Ma così non è stato: «Mi sono autosospeso perché ero certo di aver contratto il virus in quanto ero stato, mio malgrado, a contatto stretto di un altro dipendente risultato poi positivo: la mia condizione era evidentemente quella di un caso sospetto». Non per l'Azienda: «I medici della sorveglianza, che è bene sottolinearlo non hanno esperienza di attività clinica, hanno contestato la mia posizione definendo illegittimo il provvedimento di isolamento». Una circostanza che avrebbe potuto scatenare un contagio a catena: «Se avessi ceduto a quelle che a me sono sembrate delle vere e proprie intimidazioni e fossi tornato in corsia avrei potuto scatenare uno scoppio epidemico a catena con conseguenze incalcolabili. Ho deciso, invece di stare a casa». Nel frattempo, diverse richieste sempre con posta certificata, na solo grazie all'intervento Sep la situazione di sblocca. Nel braccio di ferro con il medico competente, constatato il ritardo, è stata predisposta la procedura diagnostica. La motivazione che rendeva il Medico competente così strenuamente contrario al tampone, lascia l'amaro in bocca: «Non vigeva si legge in un documento - alcuna reale necessità, se non quella di dare soddisfazione a un medico visionario e ansioso». Commenta l'interessato: «Non sono né l'uno né l'altro: sono un professionista che è stato allievo del professore Giuseppe Giusti alla sua Scuola di Malattie infettive a Napoli, avendo ricevuto una delle sue rare lodi. Avrei meritato ben altra considerazione».

Più d'una perplessità pure sulle modalità del contagio e sulle conseguenze che, stando alla ricostruzione, avrebbe avuto: «All'inizio di marzo, al pronto soccorso di Solofra sono finite le mascherine FFp2, quello con il filtro che i sanitari dovrebbero usare sempre quando sono a contatto coi casi sospetti e i contagiati. Una settimana dopo sono terminate anche quelle chirurgiche e abbiamo usato delle mascherine che di solito sono in uso agli addetti della mensa e che non proteggono di fatto dal nulla». Il contagio sarebbe avvenuto proprio in quei giorni: «Non posso non dimenticare di aver avuto contatti stretti con un altro dipendente risultato positivo, avendo sempre rispettato tutte le norme di sicurezza imposte, in particolar modo quella del distanziamento sociale». In concomitanza con l'autosospensione del medico, la direzione strategica del «Moscati» decide di chiudere il pronto soccorso del Landolfi: «Ufficialmente per altre motivazioni ovvero per spostare il personale nelle unità operative di Medicina interna e di Chirurgia generale dove da quel giorno vengono dirottati i pazienti trasferiti da Avellino. Appare chiaro che il motivo della chiusura è un altro».
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