Coronavirus nel Napoletano, stop alle cure per Giulia: «Ma in casa è l’inferno»

Coronavirus nel Napoletano, stop alle cure per Giulia: «Ma in casa è l’inferno»
di Mariagiovanna Capone
Mercoledì 8 Aprile 2020, 23:00 - Ultimo agg. 9 Aprile, 08:08
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C’è un altro male invisibile oltre al coronavirus, che nell’ultimo mese sta mietendo vittime e affannando famiglie. Si tratta delle malattie psichiatriche, molte delle quali escono allo scoperto o esplodono proprio con la quarantena, con l’isolamento casalingo e l’impossibilità di fare terapia. È il caso di Giulia, neo diciottenne che vive con la mamma Enza Spagnoli e due fratelli a Mariglianella. Una giovane vita già provata da un ritardo mentale grave e un’epilessia farmaco resistente, che negli ultimi tempi ha iniziato a mostrare disturbi psicotici assai gravi, con atti di autolesionismo ma anche di violenza contro gli altri, adducibili alla schizofrenia. Il tutto esacerbato dalla quarantena, che per la famiglia Spagnoli è diventata un incubo quotidiano. Eppure la soluzione ci sarebbe: un ricovero nel centro che da tempo si prende cura di Giulia con un semiconvitto, interrotto proprio a causa dall’emergenza coronavirus. L’Aias di Cicciano ha dato la sua disponibilità a tenere la ragazza in convitto, dove sarebbe curata con meticolosità dai terapisti che già conoscono il suo caso. Ma il convitto è stato negato dal direttore del distretto 48 dell’Asl Napoli 3 Sud, mettendo così in pericolo la vita di Giulia e quella dei suoi familiari.

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«Giulia fa del male a se stessa continuamente, abbiamo paura che possa accadere l’irreparabile». La preoccupazione di mamma Enza traspare dalla voce rotta dall’emozione mentre racconta la sua tragedia familiare. «Soffre di epilessia farmaco resistente e ritardo mentale, ma negli ultimi tempi ha dato segni di schizofrenia. Una malattia psichiatrica che con è esplosa in tutta la sua dirompenza non appena è stato emesso l’obbligo di restare a casa». Per la famiglia Spagnoli è stato come entrare in un inferno. «Mia figlia era seguita da medici e terapisti dell’Aias di Cicciano, dove era seguita dalle 9 alle 15.30. L’umore era buono, la vedevo felice, coinvolta, ma da un mese non è stato più possibile portarla in semiconvitto per l’emergenza da coronavirus». Giulia così ha iniziato a peggiorare visibilmente, urlando i nomi della dottoressa che la segue e chiedendo di andare da lei. Al diniego della madre, iniziano gli attacchi aggressivi. «Ho provato a farle capire che non è possibile, ma purtroppo non può comprenderlo. Percepisce la quarantena - spiega mamma Enza - come una punizione e la sua reazione è terribile: ha afferrato coltelli e oggetti acuminati minacciando di uccidersi, e solo per la prontezza di suo fratello, a sua volta malato di sclerosi multipla, non è accaduto l’irreparabile. Altrimenti si accanisce contro di me, prendendomi a botte, picchiandomi con violenza irrefrenabile». Enza ha il corpo segnato dai lividi e dai graffi, tutti gli oggetti appuntiti li tiene chiusi a chiave «ma ha provato a uccidersi anche con delle forbicine arrotondate».
 


La frustrazione per una malattia così terribile però si scontra con una burocrazia incomprensibile e ingiustificata. «Ho fatto domanda affinché Giulia sia in convitto al centro, che mi ha confermato la disponibilità di una stanza solo per lei, dove inizierebbe una quarantena, per poi partecipare alle attività collettive. L’ha anche visitata il medico dell’Asl di competenza, così come il medico curante, ed entrambi confermano lo stato di salute buono (cioè con nessun sintomo di coronavirus) e l’esigenza di procedere al convitto per curare le problematiche psichiatriche». Documenti consegnati celermente alla direzione del distretto 48 dell’Asl Napoli 3 Sud che altrettanto celermente ha negato il ricovero di Giulia. «È una decisione assurda, immotivata.
Ho chiesto un incontro al direttore o la possibilità di parlare con lui, per spiegargli l’inferno in cui viviamo, ma anche questo ci è stato negato. Ci sentiamo abbandonati a noi stessi, senza la possibilità di dare sollievo a mia figlia, che potrebbe trovare la morte accanendosi contro se stessa, oppure procurandola a noi familiari. Se dovesse accadere qualcosa di grave - ammonisce Enza - l’unico responsabile è il direttore del distretto 48 dell’Asl Napoli 3 Sud».

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