Auckland, Napoli, Cagliari e il virus:
«Noi velisti ne parliamo col mondo»

Pierluigi De Felice
Pierluigi De Felice
di Gianluca Agata
Giovedì 9 Aprile 2020, 18:17 - Ultimo agg. 10 Aprile, 10:36
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Il sole non tramonta mai sulla base operativa di Luna Rossa Prada Pirelli Team. Si sveglia con James Spithill, il velista austaliano con sette campagne di coppa America alle spalle, e tramonta con gli specialisti sudamericani, argentini, brasiliani, uruguayani. In mezzo francesi, spagnoli, neozelandesi (che vedono il sorgere del sole anche prima rispetto agli australiani) e tanti italiani. Tutti a terra in attesa delle decisioni governative. Tutti pronti a prendere il mare, ognuno nelle rispettive posizioni di responsabilità. E intanto si parla della pandemia globale. Già, perché, visto da Pierluigi De Felice il covid 19 è una materia di cui sente parlare con le preoccupazioni statunitensi, le speranze italiane e spagnole, la rabbia inglese. Oltre al filo diretto che il napoletano, protagonista delle World Series partenopee datate 2012 e 2013, ha con la famiglia in quarantena in Nuova Zelanda.
 
«Fortunatamente - racconta De Felice - a Auckland sono stati tempestivi a chiudere tutto anche perché molto vicini alla Cina. Pochi contagiati, pochissimi morti. In Australia ne stanno risentendo di più perché hanno aspettato un po' troppo. Sento mia moglie e le mie figlie in continuazione. La nostra scelta è stata quella di lasciare la famiglia in Nuova Zelanda dove mia moglie sta frequentando dei corsi all'università e fare un po' io il "pendolare". Adesso sarebbe impossibile tornare anche perché bisognerebbe affrontare una doppia quarantena, in Nuova Zelanda presso dei campi attrezzati e di ritorno in Italia. Per una settimana a casa si passerebbero 28 giorni in isolamento. Il telefono è bollente. Ma lo stesso vale per tutti gli uomini della base». La sveglia al mattino è con una lettura al New Zealand Herald, poi Corriere della Sera, El Pais,  il New York Times, il Telegiornale di La7. «I neozelandesi li sento più positivi. Gli italiani si muovono con cautela, gli spagnoli sono propositivi. Gli statunitensi molto preoccupati. Non si capisce perché Inghilterra e Stati Uniti abbiano preso la vicenda con tanta superficialità». In mezzo anche il Mattino e tante chiamate a Napoli. «I miei fratelli sono tornati - dice il velista napoletano, classe 1981 - avrei voluto passare la Pasqua a Napoli ma sapevo che sarebbe stato impossibile. Senza il coronavirus staremmo regatando. Ma ci sentiamo spesso  e tutti aspettiamo che passi. Ho visto un video con l'acqua cristallina di via Caracciolo. Uno spettacolo».

Ora morde il freno per salire in barca. «La situazione della Coppa è in evoluzione per cui non sappiamo ancora cosa accadrà. Speriamo possiamo riprendere presto a lavorare in barca». L'ideale sarebbe uscire con il moth, una barca performante per una sola persona con il quale ha vinto il Campionato Nazionale neozelandese nel 2018 ma gli basterebbe anche un optimist. Per ora è arrivata la risposta negativa per riprendere il mare aspettando che il coronavirus passi e la base di Luna Rossa Prada Pirelli, espressione di quattro continenti, possa riprendere il mare.
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