Coronavirus nei bambini, i pediatri: «Il 47% è asintomatico, rischiano di diventare untori». Uno studio: forse non sono contagiosi

Coronavirus nei bambini, i pediatri: «Il 47% è asintomatico, senza interventi rischiano di diventare untori»
Coronavirus nei bambini, i pediatri: «Il 47% è asintomatico, senza interventi rischiano di diventare untori»
Lunedì 20 Aprile 2020, 13:42 - Ultimo agg. 17:02
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Quasi la metà dei bambini potrebbe non manifestare sintomi del Covid-19. «Dal 42% al 47%: potrebbe essere questo il range di bambini asintomatici o con pochi e leggeri sintomi con infezione da Covid-19 che attualmente si sta sviluppando nella popolazione pediatrica e che si vedrà appieno in autunno, all'apertura delle scuole, nella cosiddetta fase 3», sottolinea la Società italiana di medici pediatri (Simpe).

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«Senza interventi specifici, saranno dunque i bambini i veri untori da coronavirus, e quindi sarà fondamentale non solo riorganizzare gli spazi comuni e le classi, ma anche fornire ai pediatri del territorio, ai pediatri di famiglia, strumenti e presidi fondamentali nella ricerca di Covid-19 nei nell'infanzia e nell'adolescenza: dall'analisi sierologica, da confermare con il tampone, alla vaccinazione di massa con l'antinfluenzale, che consentirà di individuare subito i casi di Covid-19, evitando di confonderne i sintomi con quelli dell'influenza».

Le scuole. «Con l'apertura delle scuole a settembre, raccomandata dalla maggior parte degli esperti, quindi ben oltre la cosiddetta 'fase 2' - spiega Giuseppe Mele, presidente Simpe, a margine dell'incontro del direttivo nazionale - ci sarà una vera e propria rivoluzione nei contagi da Covid-19. È del tutto evidente che in queste condizioni la riapertura delle scuole favorirà la diffusione del contagio tra i bambini, che a loro volta lo riporteranno a casa, con il rischio reale di un nuovo picco epidemico. Si tratta di capire dunque come intervenire nel merito, come gestire le distanze in classe e negli spazi comuni, decisioni fondamentali da prendere al più presto». Inoltre, sottolinea, «si deve aggiungere che in autunno inizia la diffusione delle normali patologie infettive stagionali, compresa l'influenza, che renderanno ulteriormente confusa e difficile la valutazione della situazione epidemiologica. Sarà quindi fondamentale fornire da subito tutti quegli strumenti che possano consentire una indagine sierologica, da confermare con il tampone, e, naturalmente attivarsi per essere in grado di distinguere da subito i sintomi da Covid-19 'leggerì, tipici dei bambini, da quelli influenzali o para-influenzali».

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«Per questo - dice Mele - chiediamo l'obbligatorietà della vaccinazione antinfluenzale per i bambini da 6 mesi a 14 anni. Lo chiediamo ora, per settembre-ottobre, quando normalmente viene emanata la circolare ministeriale che indica le fasce che dovranno essere interessate dalla vaccinazione. Avere la popolazione pediatrica vaccinata nella sua totalità significherà contribuire a comprendere, nel momento in cui si ripresenterà, chi avrà il virus del Covid-19. Questo significa agire sulla patologia di comunità. Un approccio completamente differente da quello utilizzato finora». «Pensiamo anche - conclude il pediatra - di dover organizzare la pediatria di famiglia in forme associative diverse rispetto al passato, per un approccio di comunità e non più rivolto al singolo. La popolazione pediatrica deve godere degli stessi diritti degli adulti e le stesse opportunità di assistenza, attraverso le Unità di continuità assistenziale dedicate alla pediatria (Uscap). Siamo pronti ad un confronto con i tavoli ministeriale e con le Regioni, e disponibili a fornire il nostro supporto come società scientifica».


Lo studio.  I bambini potrebbero trasmettere molto raramente il nuovo coronavirus. Lo suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases e rivelato da Libération: si tratta del caso clinico, un bambino di nove anni contagiato dal Sars Cov-2 a Les Contamines-Montjoie in Alta Savoia (Francia) che, nonostante abbia continuato a frequentare tre scuole e un club di sci prima che si scoprisse l'infezione, non è riuscito a contagiare altre persone. «É possibile che i bambini, poiché non presentano molti sintomi e hanno una bassa carica virale, trasmettano poco di questo nuovo coronavirus», ha dichiarato all'agenzia France-Presse Kostas Danis, epidemiologo di Santé Publique France e principale autore dello studio. Il bambino aveva manifestato l'infezione in modo lieve e aveva una carica virale molto bassa otto giorni dopo l'insorgenza dei sintomi. Dopo una rapida e approfondita indagine da parte di infettivologi ed epidemiologi francesi, è emerso che questo piccolo paziente era stato in contatto con ben 172 persone, tra cui 112 alunni e insegnanti, mentre era malato.

Questi ultimi sono stati tutti messi in quarantena in casa, in quanto considerati ad alto rischio. Ma il bambino non ha contagiato nessuno. Questo caso «suggerisce che i bambini potrebbero non essere una fonte importante di trasmissione di questo nuovo virus» - scrivono gli autori del lavoro - e suggerisce «una diversa dinamica di trasmissione nei bambini», benché i piccoli siano notoriamente un importante vettore per la trasmissione di altri virus, come ad esempio l'influenza.


 

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