Non solo Covid, ambulanze in fila:
tornano i disagi al pronto soccorso

Non solo Covid, ambulanze in fila: tornano i disagi al pronto soccorso
di Antonello Plati
Mercoledì 20 Maggio 2020, 09:07 - Ultimo agg. 21 Marzo, 01:20
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Ambulanze in fila al pronto soccorso della città ospedaliera. Questa volta, però, non c'entra l'emergenza per il nuovo coronavirus. Infatti, ad aspettare all'interno dei mezzi del 118 sono pazienti no-covid provenienti soprattutto da Ariano Irpino e comuni limitrofi, ma anche da fuori provincia in particolare dal Nolano. Il reparto di emergenza diretto da Antonino Maffei è congestionato da almeno 3 giorni a causa dell'inspiegabile dirottamento su Avellino di ambulanze che potrebbero andare al «Frangipane» di Ariano Irpino (dove, stando a quanto comunicato dall'Asl, sono stati i risolti i problemi con la Tac che nei giorni scorsi avevano obbligato gli operatori del 118 a scegliere il «Moscati») e al «Criscuoli» di Sant'Angelo dei Lombardi. Inoltre, lunedì scorso l'ospedale «Santa Maria della Pietà» di Nola per evitare assembramenti (la struttura era piena) ha chiesto alle ambulanze di andare altrove. E Avellino è stata la meta prescelta. Ieri, il picco con un centinaio di accessi: cifre, dunque, da pre-epidemia.

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Alle 14, ben 20 persone, già accettate al triage, erano in attesa nell'area no-covid, mentre 7 casi sospetti stazionavano nell'area covid. I tempi medi di attesa, 4-5 ore anche per patologie gravi, hanno creato disagi sia agli utenti sia ai sanitari già stremati da turni massacranti sostenuti da quasi tre mesi a questa parte per far fronte all'emergenza per il nuovo coronavirus. Chiunque raggiunge il pronto soccorso, anche in assenza di sintomi, è sottoposto al tampone per verificare la positività o meno al Covid-19, circostanza che s'è da un lato aumenta il livello di sicurezza; dall'altro dilata oltre modo i tempi di attesa per essere trattati e visitati poi dagli specialisti che eseguono la consulenza solo dopo l'esito del tampone. Una modalità di gestione, disposta dalla direzione sanitaria, che sta determinando il congestionamento della struttura facendo riemergere atavici problemi, primo fra tutti la carenza di personale. Desta preoccupazione il fatto che la centrale operativa del servizio di Emergenza territoriale (118) continui a dirottare le ambulanze su Avellino, anche quando si tratta di pazienti residenti ad Ariano Irpino o nei comuni limitrofi. Inoltre, diversi utenti, dall'Alta Irpinia, raggiungono Contrada Amoretta con mezzi propri (preferendo quindi Avellino sia ad Ariano sia a Sant'Angelo dei Lombardi). E si tratta nella maggior parte dei casi di sospetti covid. Perché succede? Probabilmente la rete territoriale non regge, con l'Unità speciale di continuità assistenziale dell'Asl (Usca) che non starebbe rispondendo alle direttive del governo nazionale sull'assistenza a domicilio sia dei casi sospetti sia dei covid in via di guarigione. Ma i problemi sono anche altri. Gli spazi del pronto soccorso id Avellino, dopo i necessari interventi di ristrutturazione effettuati tra le fine di marzo e l'inizio aprile, si sono ridotti ulteriormente. E, soprattutto nell'area riservati ai no-covid, in determinati momenti di affollamento, è difficile garantite la distanza minima di sicurezza. Su questi aspetti pesano alcune decisioni (non prese) della direzione strategica: prima fra tutte quella di non aver previsto nessuna area esterna che potesse essere da filtro. Una sorta di pre-triage che sarebbe stato, invece, molto utile anche in questa fase così come indicato dalla Società italiana di emergenza e urgenza (Simeu) che nelle linee guida nazionali sulla gestione della «fase 2» nei pronto soccorso suggerisce di realizzare un primo livello di valutazione proprio al pre-triage. Non solo note dolenti. Il Covid Hospital, allestito nella palazzina ex Alpi, è quasi vuoto: infatti, dei 52 posti letto a disposizione (32 di terapia intensiva e 20 di subintensiva) ne sono occupati soltanto 9. Tra loro, intubato e sottoposto alla terapia sperimentale al plasma, c'è il medico d'urgenza del «Moscati» Carmine Sanseverino che dopo aver curato, per settimane, i contagiati ha contratto a sua volta l'infezione. 

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