Il razzo Vega pronto a tornare in orbita con 52 satelliti: «Così battiamo anche il virus»

Il razzo Vega pronto a tornare in orbita con 52 satelliti: «Così battiamo anche il virus»
Il razzo Vega pronto a tornare in orbita con 52 satelliti: «Così battiamo anche il virus»
di Paolo Ricci Bitti
Mercoledì 20 Maggio 2020, 14:53 - Ultimo agg. 3 Maggio, 11:19
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Il  razzo lanciatore di satelliti Vega rappresenta dal 2012 la via italiana allo spazio e ora una maxisquadra dell'Avio è in trasferta, con tutte le precauzioni dettate dall'emergenza coronavirus, nel cosmodromo di Kourou, nella Guyana Francese, per la sedicesima missione del missile costruito al 70% dall’Avio a Colleferro (Roma). Fra i tecnici ci sono gli ingegneri aerospaziali romani Giovanna Manca, 48 anni, sposata, che ha il ruolo di Assistente fluidica, che coordina le attività di verifica previste sulla rampa di lancio nonché le successive attività di caricamento dei propellenti per i sistemi a liquido, propulsivo e di controllo di assetto che si trovano sull’Avum (il quarto stadio del Vega) e Andrea Preve, 58 anni, sposato, due figli, titolare del Programma Sistema Lancio. E’ il responsabile della missione VV16.

L'INTERVISTA

Zitti zitti voi di Avio avete violato le leggi anti pandemìa coronavirus e ve ne siete andati da Colleferro in Francia. E per di più in un bel gruppo, quasi 80 persone.
«(risata) Beh, insomma, non è proprio così - si schermisce l'ingegnere aerospaziale Andrea Preve, veterano da 30 anni all'Avio - Siamo qui per il sedicesimo lancio di Vega, mica siamo venuti in vacanza nella giungla dell'ex colonia penale francese, peraltro cominciando la missione con una severissima quarantena di due settimane in un hotel in cui noi siamo clienti e camerieri e cuochi al tempo stesso. Sì, formalmente la Guyana, schiacciata fra il Brasile e il Suriname, 500 chilometri a nord dell'Equatore, è compresa nei territori nazionali di oltremare della Francia e in effetti qui vige in tutto e per tutto la legislazione transalpina. Però se le racconto come ci siamo arrivati dovendo affrontare la questione del coronavirus...».

Dica pure.
«Ci sono voluti almeno un mese di preparativi e un charter dell'Alitalia - interviene Giovanna Manca, da 18 anni pendolare fra Roma e il fantascientifico stabilimento a Colleferro - allestito con l'aiuto dei ministeri di Esteri e Difesa e del Comitato interministeriale per le politiche dello spazio della Presidenza del Consiglio. Ci siamo portati un medico, 12mila mascherine e i generi alimentari. Non so più quante volte ci misuriamo la febbre ogni giorno mentre giriamo in tondo nella stanza o nel piccolo giardino dell'hotel autogestito da noi ripetendo a memoria le procedure tecniche che faremo nella base una volta terminata la quarantena. Per fortuna, da quel che abbiamo saputo, i casi di contagio nella Guyana sono pochi. Questa trasferta, per me che lo ho fatte tutte dal 2012, dal primo lancio, è davvero diversa da tutte le altre, ma questo ha reso il nostro gruppo ancora più unito e orgoglioso e anche felice del compito che deve svolgere».

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Sono invece sempre gli stessi i militari della Legione straniera armati fino ai denti che sorvegliano lo spazioporto di Kourou e la vostra quarantena.
«Già - riprende Manca - ma allo loro presenza ci siamo abituati nel corso di tante trasferte. Del resto il cosmodromo è europeo, ma siamo in casa dei francesi».

 

 


Francesi che all'inizio hanno sorriso a denti stretti per il successo di Vega, che sulla carta d'identità ha scritto Agenzia spaziale europea ma che al 70 per cento è verdebiancorosso venendo progettato e realizzato dall'Avio a Colleferro con il coordinamento dell'Agenzia spaziale italiana.
«Insomma, sì, ricordo quel periodo frenetico - dice ancora Manca - e l'emozione di arrivare a quel primo lancio con il cuore in gola e poi la gioia, là in mezzo a quella piazzola strappata dalle ruspe alla giungla, perché era andato tutto a meraviglia. Cantammo pure Mameli, d'istinto. Ma in realtà noi di Avio abbiamo sempre pensato ad andare avanti per quello che ci competeva, senza fermarsi su eventuali rivalità anche se l'orgoglio di rappresentare l'Italia in un settore come lo spazio è sempre una molla formidabile».





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Lei poi si occupa di coordinare attività che hanno margine di errore vicino al nulla, per di più seguendo temi come i carburanti (propellenti) dei motori (stadi) che non fanno dormire.
«L'ansia c'è - dice ancora Manca - perché con i lanciatori (così gli ingegneri chiamano i razzi, ndr) non si può commettere il più piccolo errore, ma ci si abitua soprattutto dando e ricevendo fiducia dai colleghi, dal primo all'ultimo».

Vega (vettore europeo di generazione avanzata), con la sua sedicesima missione, sarà il primo razzo a decollare dopo lo stop imposto dal Covid a Kourou da dove partono anche gli imponenti Ariane-5 e Soyuz: una bella responsabilità.
«Già, di sicuro anche perché - spiega Preve - su di noi saranno puntati gli occhi delle aziende concorrenti di tutto il mondo che aumentano di giorno in giorno perché c'è sempre più bisogno di satelliti. Ma all'Avio siamo abituati a questa competizione».

Il razzo di Colleferro, che sfrutta anche la leggerezza degli stadi grazie a un'innovativa struttura made in Italy in filo di carbonio, ha debuttato con una striscia senza precedenti: 14 successi su 14, poi nel luglio 2019 il fallimento della 15a missione per un guasto al secondo stadio individuato dopo una lunga inchiesta indipendente.
«Un brutto colpo - continua Preve - che ci ha spronato a fare ancora di più. E' noto che prima o poi qualcosa sia andato storto a tutti coloro che hanno lanciato razzi, ma Vega si era davvero superato con quella lunga serie di successi. Ora però dobbiamo ripartire e ce la stiamo mettendo tutto affrontando anche le limitazioni da pandemìa: siamo abituati a fare squadra e queste condizioni, in trasferte lontano anche dalla famiglia, ci rafforzano. Abbiamo lavorato con distanze e mascherine a Colleferro e presto lo faremo allo spazioporto».

Non è che per ripartire avete scelto una missione facile: porterete lassù 52 satelliti e in orbite diverse con un solo lancio.
«Sì, useremo un altro degli assi progettati per Vega, il nuovo Ssms, il quarto stadio è una sorta di dispenser realizzato da Sab Aerospace di Benevento provvisto di un motore a carburante non solido che può accendersi più volte per accompagnare ogni satellite o ogni grappolo (rack) di satelliti a quote diverse. In questo caso, con la missione del 17/18 giugno, programmeremo più spari (accensioni) perché il nostro carico va collocato in numerose orbite».

Di chi sono tutti quei satelliti, qualcuno anche nano (i più piccoli un decimetro cubo dal peso di un chilo)?
«Di società o istituzioni americane, israeliane, canadesi e naturalmente italiane: satelliti che servono alla rilevazione di gas serra o alla ricerca scientifica o all'osservazione della Terra. La D-Orbit, di Milano, proverà anche un strumento per aumentare la precisione nel collocamento dei nanosatelliti».


«E' davvero una situazione diversa - dice infine Giulio Ranzo, ad di Avio, azienda che ha donato 250mila euro agli ospedali di Colleferro e Kourou per l'emergenza Covid - ricorda quella più avventurosa delle prime missioni di 30 anni fa.

Ma l'importante è far ripartire la serie di Vega, un lanciatore dalle grandi prestazioni. Avio ha un importante portafogli di commesse e inoltre, nonostante le restrizioni della pandemìa, non ha rallentato il programma per le nuove versioni: fino al 2023 c'è in calendario una decina di lanci, mentre avanzano le versioni Vega C (primo lancio fra 2002 e 2021) e Vega E, assai sostenute dall'Agenzia spaziale europea, che permetterà di portare fino a 2,5 tonnellate di carico utile sempre con prestazioni e costi molto vantaggiosi rispetto alla concorrenza internazionale ogni giorno più agguerrita».

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