Boninsegna rivive Messico '70
«Rivera doveva giocare in finale»

Boninsegna rivive Messico '70 «Rivera doveva giocare in finale»
Venerdì 12 Giugno 2020, 12:14 - Ultimo agg. 17:11
4 Minuti di Lettura
L'INTERVISTA
Bruno Majorano
Mezzo secolo dalla partita del secolo. Sembra uno scioglilingua, è vero, ma in realtà si tratta solo di un anniversario particolare. Giugno 1970, Città del Messico: «Italia-Germania 4-3», infatti, si pronuncia tutta d'un fiato, come se fosse una sorta di filastrocca che a distanza di 50 anni - il prossimo 17 giugno per la precisione - tutti ricordano ancora perfettamente a memoria. Tra questi certamente c'è Roberto Boninsegna autore della rete del primo vantaggio dell'Italia, dopo appena 8', ma non solo.
Gol e assist, d'accordo: ma lei a quel Mondiale in Messico non doveva nemmeno esserci...
«Diciamo che non avevo un rapporto idilliaco con il ct Valcareggi».
Ovvero?
«Un anno e mezzo prima del Mondiale mi aveva chiamato per due amichevoli in Messico. In quel periodo ero l'attaccante titolare dell'Inter, ma lui mi portò lì e non mi fece giocare manco un minuto. Ci misi poco a capire che sarei stato una riserva e poi addirittura escluso dal Mondiale».
E allora, cosa successe?
«Mentre erano già in Messico, si fece male Anastasi e così furono costretti a chiamare qualcuno che lo potesse sostituire. Ma a quel punto ci furono le comiche».
Cioè?
«Nell'area tecnica si accorsero che senza Anastasi avevano solo una punta, Riva, più Gori. Così chiamarono me e Prati, sì due per per uno. Arrivammo in Messico e cambiarono tutte le carte in tavola. A quel punto le punte erano diventate cinque: Riva, Gori, Prati, io e Mazzola che non so perché era inserito tra gli attaccanti».
Cosa successe?
«Decisero di spostare giustamente Mazzola tra i centrocampisti e mandarono a casa Lodetti. In quei momenti si passa dallo sconforto al ridicolo. La federazione offrì a Lodetti 15 giorni di vacanza ad Acapulco ma lui disse Ci andate voi. Mandelli, che era il capo delegazione, voleva mandare a casa Rivera e dovette arrivare Rocco a sistemare le cose».
Un Mondiale partito sotto una strana stella e proseguito in sordina con un successo e due pareggi nel girone e una stampa spaccata per via della staffetta Mazzola-Rivera.
«Un'idea di Valcareggi. L'aveva inventata lui. Ma secondo me fu una scelta sbagliata. In finale contro il Brasile Gianni sarebbe stato decisivo e forse avrebbe cambiato anche il corso della storia».
Davvero?
«Il rammarico rimane, con lui dentro avremmo potuto vincere. Non credo che alcuna squadra al mondo potesse privarsi del pallone d'oro e infatti Pelè sorrise quando lo vide in panchina, disse che per lui saremmo stati i favoriti visto che potevamo permetterci di tenere fuori uno come Rivera».
In finale contro il Brasile segnò lei il gol del pareggio, come lei fu autore della rete del vantaggio nella storia gara del 17 giugno contro la Germania in semifinale.
«In realtà solo dopo tanti anni ci siamo resi conto di aver fatto quella grande impresa. La partita in sé non fu bellissima: difendemmo il mio gol contro una Germania che avrebbe meritato anche prima».
Poi nel recupero il pari di Schnellinger: che effetto ebbe su di voi?
«Una mazzata. Ma è pur sempre il gol che ci ha portato nella storia, perché quella partita diventa La partita del secolo solo grazie ai supplementari».
La Germania passa in vantaggio con Muller e sembra finita, nonostante Beckenbauer giocasse con un braccio fasciato per un problema alla spalla...
«Ma non era affatto a mezzo servizio. Vederlo in quelle condizioni eppure così in palla fu per noi ulteriore motivo di sconforto. Era l'emblema dei tedeschi che non mollano mai».
Poi, però, in qui supplementari lei mette la ciliegina sulla torta: l'assist per il gol di Rivera del 4-3 al termine di un'azione con ben 11 tocchi consecutivi dell'Italia.
«Sono sincero: in quell'azione ero partito per tirare. Ero pur sempre un attaccante. Ma a seguito di un rimbalzo strano del pallone mi si restrinse lo specchio della porta. Da un momento all'altro capii che non avrei potuto fare gol e decisi di metterla in mezzo».
Dove c'era Rivera...
«Sì, ma io non lo sapevo...»
Ma come?
«Proprio così. Non lo avevo minimamente visto, ma decisi ugualmente di mettere la palla al centro come mi avevano insegnato alla scuola calcio: palla indietro perché un tuo compagno sta arrivando, così mi dicevano. In quel caso il compagno era Gianni e insieme siamo entrati nella storia».
Dal passato al presente: lei è stato uno dei grandi bomber dell'Inter. Domani i nerazzurri sfidano il Napoli per la gara di ritorno della semifinale di coppa Italia, cosa si aspetta?
«Per l'Inter sarà una partita difficile perché la sconfitta in casa li costringerà a fare almeno due gol. Il Napoli giocherà in contropiede per portare a casa una qualificazione e lo vedo leggermente favorito».
Che effetto le farà il San Paolo deserto?
«Strano, molto strano. Quello di Napoli è uno stadio che mi ha portato sempre fortuna. Ho segnato spesso lì. Il primo gol lo feci indossando la maglia del Potenza, poi mi sono ripetuto anche con la Juventus. Giocare a porte chiuse influisce sicuramente di più sulla squadra di casa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA