Coronavirus, l'ipocrisia del distanziamento tra politica, sport e trasporti

Coronavirus, l'ipocrisia del distanziamento tra politica, sport e trasporti
di Antonio Menna
Mercoledì 1 Luglio 2020, 08:22 - Ultimo agg. 16:04
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Dobbiamo mantenerlo o no il metro di distanza per contenere la diffusione del coronavirus? A giudicare da decine di episodi, piccoli o grandi, intorno a noi, questa regola che sarebbe la numero uno - è diventata elastica, occasionale e contraddittoria. Ora vale, poi non vale più, poi vale di nuovo, poi così così, poi massima responsabilità, poi tiriamo a campare. Guardiamo a quello che succede negli stadi. I giocatori entrano in campo disciplinati e composti, da ingressi separati. La terna arbitrale è distanziata dagli atleti, e anche tra loro. In panchina, distanza rispettata. Niente pubblico sugli spalti. Nella tribuna autorità qualche calciatore squalificato e magari i presidenti. Tutti distanti tra loro. E tutti mascherati. Poi il fischio di inizio e salta ogni precauzione, come nella finale di Coppa Italia. Ciascuno ritira la sua medaglia ma poi succede la ressa. Insigne alza la coppa e tutti su di lui. I presidenti si abbracciano. Del resto, il calcio è uno sport di contatto ed è impossibile impedire il mucchio selvaggio durante il gioco. Come si non si può impedire il bagno di folla dopo il trofeo. Ma allora perché non cancellare la grande ipocrisia dell'ingresso da porte separate o la mascherina in panchina? Non è un segnale di confusione? 

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GLI EVENTI
Ma non è solo il calcio. Anche sugli eventi pubblici va in scena il paradosso. Matteo Renzi, ex segretario del Pd, leader di Italia Viva, esce in libreria con un saggio. Chiude il capitolo delle presentazioni on line e organizza un tour di incontri in presenza. A Napoli, Renzi arriva a Città della scienza. Posti a sedere distanziati, l'ex presidente del Consiglio al centro della platea, tutti mascherati, tutti disciplinati. Ma poi l'evento termina e scattano gli assembramenti. Sostenitori e lettori prendono d'assalto Renzi. Selfie, autografi, dediche: tutti a distanza ravvicinatissima. Non mancano di farsi una foto con il leader anche esponenti politici, che poi postano tutto sui social. Stessa scena a Mondragone. Arriva Salvini ed è ressa: spintoni, folle. E la distanza di un metro? E la separazione fisica? Anche qui si entra divisi e si finisce abbracciati. Ma allora perché l'ipocrisia dell'inizio se poi tutto culmina in mucchio?

AEROPORTI
Ma non sono solo i comportamenti individuali. Vai in aeroporto, segui un rigoroso protocollo. Una volta erano misure di sicurezza contro gli attentati. I famigerati e chilometrici controlli. Oggi c'è misurazione febbre, c'è distanziamento, ci sono file separate. Poi sali a bordo dell'aereo e voli in un ambiente chiuso (che più chiuso non si può) gomito a gomito con gli sconosciuti. Ma allora perché in aeroporto si tiene una distanza che poi a bordo non si mantiene più? Cosa cambia tra sotto e sopra? Per non parlare dei locali pubblici. Tavoli distanziati ma nessuno vieta alle persone di sedere vicini. Chi controlla i coperti? Familiari conviventi? Niente affatto. Tavolate di amici, tante coppie (vivono in una comune?), compleanni festeggiati tutti insieme e perfino sono tornate e senza lanciafiamme cene di laurea (la cui seduta però è online) e di compleanno. Scene simili anche su alcune pedane di bagnanti, a Bagnoli e Posillipo, per esempio: a terra i segni del distanziamento ma poi i lettini sono tutti vicini. Se chiedete al gestore vi dirà che i clienti hanno dichiarato di vivere insieme e possono stare uno accanto all'altro. Ma basta guardare bene per capire che quei dieci ragazzi sono amici e non conviventi. Si chiude un occhio, se ne chiudono tutti e due ma si tiene in piedi la grande pantomima. Appare chiaro a tutti che, gestite così, le regole sono destinate a evaporare come il sudore dei primi caldi.

Nessuna credibilità. Un elastico che si adatta a tutte le pance. Eppure gli esperti si sgolano: distanziamento sociale, anzi fisico, come ha voluto precisare qualcuno preoccupato che diventassimo tutti asociali. Il vero argine alla diffusione del virus è non parlarsi da vicino, non respirarsi addosso, meno che mai starnutire o tossire in direzione di qualcuno. Distanza, distanza, distanza. Ma è il metro all'italiana. Ora sì, ora no, ora forse. Speriamo a questo punto che sia diventato un po' all'italiana anche il virus.

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