Orlando: «L'Antimafia non serve più, Sciascia aveva ragione»

Leoluca Orlando con Rita Borsellino e il presidente Sergio Mattarella
Leoluca Orlando con Rita Borsellino e il presidente Sergio Mattarella
di Marco Esposito
Martedì 21 Luglio 2015, 09:28
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Troppi opportunisti nell’antimafia? Ha ragione Nando dalla Chiesa?

«Oggi - risponde il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando - nessuno può proclamarsi esponente dell’Antimafia. Neppure io lo sono più. Il 19 luglio di quest’anno passerà alla storia come il momento in cui l’Antimafia di facciata ha gettato la maschera».



Si è sempre detto: finché c’è la mafia servirà l’antimafia...

«La mafia c’è ancora ma si è camorrizzata. Un tempo era verticale e ora è orizzontale. Un tempo governava Palermo e la Sicilia, con strutture criminali e politiche. Di fronte a tale organizzazione, era necessaria l’Antimafia, della quale io ero soggetto di riferimento. Ora la lotta alla criminalità diffusa tocca a ogni singolo cittadino, perché la mafia è cambiata. Chi insiste con l’Antimafia è un professionista dell’Antimafia, proprio come denunciava Sciascia».



Lo scrittore per la verità ce l’aveva con lei...

«Lo so bene, con me, con Borsellino. Sbagliava persone ma nel messaggio aveva ragione».



Come agisce la mafia di oggi, a Palermo?

«Non si sa chi comanda e quindi ciascun boss deve dimostrare la propria forza, strada per strada, e lo fa danneggiando strutture pubbliche: scuole, impianti sportivi vengono vandalizzati senza alcuna ragione economica. Poi un tale entra nei negozi del quartiere e dice ”visto cosa è successo ieri in quella scuola?” e chiede il pizzo. Ecco perché dico che la lotta alla mafia tocca a ogni singolo cittadino: è il tempo delle formiche».



Lei non ha mai avuto timore di fare i nomi dei politici collusi, a partire da Vito Ciancimino e Salvo Lima, suoi colleghi nella Dc negli anni Ottanta. Oggi chi sono i professionisti dell’Antimafia di cui diffidare?

«I nomi li faccio, purché sia chiaro che le mie sono, come sempre, valutazioni politiche: l’aspetto giudiziario è ben diverso. Il magistrato Rocco Chinnici mi diceva che la pensava come me su certi politici, ma lui aveva bisogno delle prove per agire. Finché, un giorno, mi disse che le prove le aveva trovate. Ma una settimana dopo saltò in aria».



Era il 1983. Torniamo a oggi.

«Penso a persone che si sono autoproclamate paladini dell’Antimafia come Antonello Montante, che è stato delegato della legalità di Confindustra nazionale, o come l’ex presidente della Camera di Commercio di Palermo Roberto Helg. Tutti amici del senatore del Pd Giuseppe Lumia, l’ex presidente della commissione parlamentare Antimafia. Lo dico da anni: finché nel Pd ci sarà Lumia non entrerò nel Partito democratico».



Non si rischia di buttare con l’Antimafia anche la passione civile? Non la preoccupa il calo di partecipazione a Via D’Amelio?

«Correggiamo questa falsa informazione. Per Paolo Borsellino ci sono state decine di manifestazioni, tra le quali una molto intensa nel quartiere arabo di Palermo con Salvatore e Rita Borsellino. E ogni evento in città in questi giorni ha avuto un momento di ricordo per Paolo. Contare quante persone si recano in Via D’Amelio alle 16:58 del 19 luglio appartiene alla vecchia logica dell’Antimafia. Nel 1992 era importante fare la catena umana e tenersi per mano, adesso è un bene che non tutti siano in Via D’Amelio ma che in tantissimi facciano proprio quell’esempio di vita».



A suo parere perché Lucia Borsellino ha accettato di partecipare come assessore nella giunta Crocetta?

«Lo ha detto il fratello Manfredi: ha abbracciato una croce. Il giudizio su come è andata è indipendente dalla telefonata intercettata, la quale è solo un dettaglio».



Del resto la sua opinione su Rosario Crocetta è nota.

«Un anno e mezzo fa dissi che bisognava commissariare la Regione Sicilia e mi presero per pazzo. Siamo in una situazione di calamità istituzionale».



Può tradurre in esempi concreti?

«Chiediamoci perché con Raffale Lombardo prima e con Crocetta adesso l’assessorato alle Attività produttive da sette anni va a un esponente di Confindustria».



Si dirà: persone competenti prestate alla politica.

«E allora come mai non si fanno impianti seri per lo smaltimento dei rifiuti? Come mai non c’è un piano? Perché il sindaco di Isola delle Femmine è obbligato dalla Regione a versare i rifiuti non in una discarica pubblica a 20 chilometri dal suo Comune ma in una discarica privata a oltre 200 chilometri di proprietà di Giuseppe Catanzaro, vicepresidente di Confidustria Sicilia? Il tutto in nome di un’Antimafia di facciata che nasconde la debolezza della politica. Ripeto: la mia è un’analisi che non c’entra niente con l’aspetto giudiziario».



Non è una posizione troppo comoda quella di emettere sentenze ”politiche”?

«Ognuno deve fare il suo mestiere. Detesto chi di una persona inquisita dice ”attendo con fiducia l’esito del processo”. Salvo Lima non è mai stato processato, eppure il giudizio della storia è arrivato. Sono stati processati e condannati Mandela, Ghandi e prima di tutti Gesù e io ne posso parlar bene. E allora voglio avere anche la libertà di mantenere un giudizio negativo di chi magari è stato assolto. Beh, non vorrei che ora Dell’Utri pensi di essere Ghandi...»



La mafia è cambiata, ha sottolineato. C’è il rischio che torni una mafia gestita in modo unitario?

«Assolutamente sì. Oggi se si chiede a me o a un magistrato chi è il capo della mafia non si ha risposta. Prima lo sapevo chi era il capo. Anche Matteo Messina Denaro, che di sicuro è un grande criminale, non ha un potere lontanamente paragonabile a quello che ha avuto Totò Riina. Ma quella mafia verticale potrebbe tornare proprio perché c’è una debolezza della politica».

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