19enne ucciso, parla l'amico indagato: «C'erano anche due testimoni»

La fiaccolata per Pietro Spineto
La fiaccolata per Pietro Spineto
di Teresa Iacomino
Mercoledì 12 Agosto 2015, 08:25 - Ultimo agg. 12:39
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TORRE DEL GRECO. Da irreperibile ad arrestato nel giro di poche ore. Svolta nelle indagini sulla morte di Pietro Spineto, il ragazzo di 19 anni rimasto vittima di un tragico «gioco» con l’amico del cuore. Proprio il padre del quindicenne accusato di omicidio colposo è stato infatti arrestato ieri sera dagli agenti del commissariato di polizia, guidati dal primo dirigente Davide Della Cioppa.

L’uomo, sfuggito alle ricerche dei poliziotti domenica scorsa e da allora diventato irrintracciabile, si è presentato nel pomeriggio negli uffici di via Sedivola, per indicare alle forze dell’ordine dove aveva nascosto l’arma del delitto, una semiautomatica calibro 7,65.

A convincerlo, oltre alla posizione del figlio, pare siano stati anche i consigli giunti dal suo legale.

L’arresto di A.G., 48 anni, accusato di detenzione e porto abusivo di arma da fuoco, arriva al culmine di una giornata ricca di colpi di scena. Si è cominciato con il primo interrogatorio formale di quello che fino a ieri pomeriggio era l’unico indagato nella vicenda con tanti lati ancora oscuri legata alla morte di Pietro Spineto.

Il quindicenne amico del cuore del ragazzo morto sabato sera in una palazzina di vico Bufale, cuore del centro storico cittadino, accompagnato dal suo legale, Sergio Lino Morra, al pubblico ministero della Procura per i minori, Ettore La Ragione, e agli inquirenti è apparso scosso e si è visto più volte costretto a interrompere la propria ricostruzione a causa della commozione.

Il minorenne ha ricostruito quanto già aveva formalmente ammesso poche ore dopo la morte di Spineto, quando si era fatto convincere dalla madre a recarsi alle forze dell’ordine per raccontare come si erano svolti i fatti: il giovane ha ribadito che l’arma è stata trovata da Pietro mentre i due erano intenti a dare del cibo ai cani sistemati all’interno di un piccolo recinto.

Dopo averla privata del caricatore il diciannovenne l’ha «usata» sparando a vuoto tre volte in aria e due ad altezza d’uomo. Quindi la pistola sarebbe passata nelle mani del quindicenne, con il colpo che sarebbe partito accidentalmente centrando alla testa Pietro.

Due gli elementi nuovi forniti agli inquirenti: «Sapevo che la pistola era di mio padre», ha sostenuto il ragazzo. Che ha anche ribadito di avere sentito il genitore dopo la tragedia e ha parlato di due possibili testimoni: i residenti di un appartamento che si trova nell’androne del palazzo dove si è verificata la tragedia.

«Dopo lo sparo - ha raccontato agli inquirenti il piccolo Salvatore - un uomo che aveva sentito il botto si è affacciato, mi ha visto e mi ha chiesto cosa fosse successo. Io ho risposto: niente, niente, non è successo niente. Con lui c’era anche la moglie».

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