SpaceHub, abitare nuovi mondi:
la città spaziale made in Naples

Rendering di SpaceHub, città spaziale progettata dal Center for Near Space dell'Italian Institute For the Future. Realizzabile in 10 anni per un costo che oscilla tra i 2000 e i 3000 miliardi euro, potrà ospitare 100 persone.
Rendering di SpaceHub, città spaziale progettata dal Center for Near Space dell'Italian Institute For the Future. Realizzabile in 10 anni per un costo che oscilla tra i 2000 e i 3000 miliardi euro, potrà ospitare 100 persone.
di Cristian Fuschetto
Mercoledì 5 Luglio 2017, 14:50
6 Minuti di Lettura
«Abbiamo bisogno dello Spazio per una serie di motivi che non abbiamo ancora scoperto» scriveva Ray Bradbury e, francamente, il progetto di una stazione spaziale made in Naples intercetta appieno il riverbero poetico delle sue parole. Progetto unico in Europa, verrà presentato domani giovedì 6 luglio nel Planetario di Città della Scienza SpaceHub, un’infrastruttura pensata per ospitare in orbita fino a cento persone sulle tratte che segneranno i futuri viaggi sulla Luna e su Marte. Come dire, visto che nel 2024 verrà dismessa la Stazione Spaziale Internazionale, perché non cominciare a pensarne una un po’ più accogliente destinata non solo ad astronauti di professione ma anche a persone normali, semplici civili pionieri di una umanità in espansione verso le stelle?
 
Un'utopia concreta nel solco di Branson, Bezos e Musk 
Se ve lo state chiedendo (perché di certo ve lo state chiedendo), non si tratta di fantascienza: dopo la “Fine dell’era spaziale” decretata da una celebre copertina dell’Economist nel 2011, la febbre per la “quarta dimensione” è tornata a salire. E in fretta. Basti pensare alle iniziative private di Sir Richard Branson con la sua Virgin Galactic, a Jeff Bezos, numero uno di Amazon, anche lui in campo per la nuova corsa allo spazio con Blue Origin o ancora all’immancabile Elon Musk, patron di Tesla e SpaceX, che ha annunciato di voler mandare in orbita entro il prossimo anno i primi turisti lunari. «Si tratta di una utopia concreta che intendiamo proporre per favorire un ampio dibattito a livello nazionale e internazionale sulla necessità di un balzo concettuale nella progettazione dei futuri habitat umani nel quarto ambiente» spiega Rino Russo, ingegnere aerospaziale dalla passione contagiosa, formatosi nel gruppo di ricerca del grande Luigi Napolitano e ora, tra le altre cose, direttore del Center for Near Space (Cns).
 
Verso una civiltà cis-lunare, lo studio del Center for Near Space
Nato due anni fa in seno all’Italian Institute for the Future, tra i più interessanti think tank del panorama italiano, il Cns ha l’’obiettivo di promuovere la cultura delle scienze spaziali e dell’Astronautica Civile. Ebbene, SpaceHub centra l’obiettivo con una bella dose di originalità. Alla base del progetto non c’è infatti solo la scommessa che da qui ai prossimi trent’anni nascerà una civiltà cis-lunare, il fatto cioè che frequenteremo con una certa assiduità una nuova porzione di universo (orbita terrestre, orbita lunare, punti lagrangiani, suolo lunare); SpaceHub è un passo più in là. Questa sorta di albergo interstellare nasce infatti dall’idea per cui nuovi insediamenti umani nello Spazio implicano sì più elevati standard tecnici e funzionali, ma dettano anche una nuova qualità di vita.
 
Pica Ciamarra: «Disegneremo forme innovative, antiche e perenni»  
Abitare lo Spazio significherà dare nuovi significati all’abitare stesso. Nasce così l’OrbiTecture, una Orbital Architecture, sintesi tra ricerca architettonica e tecnologia spaziale che prevede lo studio di architetture infrastrutturali orbitali sia in termini di fattibilità che di progettazione concettuale. Per fare qualche esempio gli architetti orbitali saranno chiamati a progettare laboratori, hangar di integrazione, hotel, strutture gonfiabili, sistemi di produzione di gravità artificiale. «Esattamente a 60 anni dal primo lancio nello spazio – sottolinea Massimo Pica Ciamarra, architetto di fama internazionale, autore del Planetario e insieme a Russo e a Vincenzo Torre, vicedirettore generale del Cns, anima di questa avventura – OrbiTecture è forte di un approccio sistemico: il suo SpaceHub integra molte funzioni ed obiettivi. Apre al futuro introducendo nello Spazio una forma simultaneamente innovativa, antica e perenne». Il design dei sistemi spaziali assumerà un ruolo molto più rilevante di quanto non sia stato fino a oggi e il made in Italy potrà trovare nuovi margini di espressione. Anche questa è space economy.

Il ruolo della Campania nella Space economy
Può sembrare un tema molto lontano eppure immaginare città spaziali ha risvolti significativi e tangibili. «L’Italia - precisa Luigi Carrino, presidente del Distretto Aerospaziale della Campania - è una delle pochissime nazioni al mondo a disporre di una filiera di prodotto completa nel settore spaziale. E la Space Economy è la catena del valore che, partendo dalla ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali abilitanti, così detto “Upstream”, arriva fino allo produzione di prodotti e servizi innovativi abilitati, il “Downstream”. Il Dac ha un ruolo fondamentale in questo processo di integrazione e armonizzazione e la capacità di fare rete che esprime ci consente di valorizzare costantemente il rapporto tra la ricerca tecnologica e le imprese». 
 
Miranda, Aristarco e Galilaei: i moduli dello SpaceHub
La navicella che porterà a bordo di SpaceHub si chiama Miranda ed è attraversata da un cilindro del diametro di venti metri al cui centro si sviluppano un hangar e un laboratorio di microgravità. Flessibile e gonfiabile, Miranda sarà realizzata in beta cloth, una fibra a base di silice che resiste alla corrosione ed all’ossigeno atmosferico.
Intorno a Miranda svettano due toroidi sovrapposti del diametro di 78 metri, che compongono il modulo Aristarco, con ambiente a gravità lunare simulata e il campo di coltivazione Green Ring. Più lontano insiste il modulo Galilaei, 166 metri di diametro, che ospita un ambiente a gravità marziana e i tre propulsori che consentono la rotazione della stazione per ottenere le diverse accelerazioni gravitazionali. Sia le strutture interne sia i toroidi saranno realizzati in manifattura additiva (stampa 3D) con materiali metallici e plastici. La pannellatura esterna dei toroidi Aristarco e Galilaei sarà trasparente.

Coltivare pomodori e patate tra le stelle 
Un campo di coltivazione tra le stelle? Sì avete letto bene. Sarà possibile grazie al sistema biorigenerativo a ciclo chiuso (Cells- Controlled Ecological Life Support Systems) che provvederà alla produzione di vegetali freschi, alla generazione di ossigeno e alla rimozione dell’anidride carbonica dall’aria interna (dovuta alla respirazione umana). Le cinque colture selezionate sono patata, soia, lattuga, frumento e pomodoro. Perché proprio queste cinque? Molto semplicemente perché garantiscono meglio di altre a una dieta bilanciata. Dato che l’equipaggio dello SpaceHub è composto da 100 persone, si stima che sarà necessario coltivare una superficie di 6000 metri quadrati, per un ingombro volumetrico minimo di circa 3600 metri cubi.

La presentazione al Planetario di Città della Scienza
A illustrare il progetto saranno domani, giovedì 6 luglio alle 17.30 nel Planetario della Città della Scienza di Napoli, Luigi Carrino, presidente del Distretto Aerospaziale della Campania e Presidente del Comitato Promotore del Parco Dell’Aerospazio di Caserta, Francesca Esposito, ricercatrice dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Pietro Ferraro, direttore dell’Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti del Cnr, Ambrogio Prezioso, presidente dell’Unione Industriali di Napoli, Raffaele Savino, docente del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Napoli Federico II e Vittorio Silvestrini, presidente della Fondazione Idis-Città della Scienza. Scienziati, imprenditori, attori istituzionali, un parterre trasversale per un progetto tra sogno e realtà. Per ora, sia detto per inciso, più sogno che realtà. E non per questioni tecnologiche, quanto economiche: la massa totale di SpaceHub è di circa 6000 tonnellate (15 volte la ISS), realizzabile in 10 anni per un costo che oscilla tra i 2000 e i 3000 miliardi euro. 
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