Freenergy, le celle
del fotovoltaico

Freenergy, le celle del fotovoltaico
di Antonio Abate
Mercoledì 28 Novembre 2018, 20:00
3 Minuti di Lettura
Siamo nel 1839, pochi anni dopo Maxwell svelerà al mondo la natura della luce come radiazione che si propaga nello spazio trasportando energia. Alexandre Becquerel dimostra per la prima volta che è possibile utilizzare la luce per produrre direttamente energia elettrica. Da quel primo esperimento passarono oltre 50 anni prima che una vera e propria cella fotovoltaica funzionante fosse realizzata da Daryl Chapin, Calvin Fuller e Gerald Pearson. I primi tentativi di proporre il fotovoltaico come una alternativa ai combustibili fossili nella produzione di energia sono favoriti dalla crisi petrolifera degli anni 70.

Risale al 1979 il primo impianto fotovoltaico istallato in Italia presso Cesena, con una potenza di 1 kW. Da allora, il fotovoltaico si sta ritagliando un ruolo sempre più importante nello scenario energetico. Anche le tempistiche non sono chiare, tutte le previsioni concordano sul fatto che il fotovoltaico sarà la principale fonte energetica del futuro.

I tempi con cui il fotovoltaico e le altre rinnovabili sostituiranno le fonti fossili sono un tema centrale per la sostenibilità energetica mondiale. Le emissioni di carbonio causate dalla combustione di fonti fossili per produrre energia sono state identificate come la causa principale del riscaldamento globale e dei conseguenti cambiamenti climatici degli ultimi anni. Azzerare le emissioni di carbonio entro la fine del secolo è l'obbiettivo prefissato dalle Nazioni unite per limitare il riscaldamento globale. Per accelerare la diffusione del fotovoltaico bisogna abbassare il costo dell'energia fino a rendere il fotovoltaico nettamente più conveniente delle fonti fossili. In questa direzione la ricerca di nuovi materiali è di fondamentale importanza.

A partire dalle prime dimostrazioni di celle fotovoltaiche, diversi materiali sono stati proposti come cuore funzionante del dispositivo ma il silicio rimane di gran lunga il più conveniente. Eppure, i costi per la produzione del silicio sono stati il tallone di Achille di questa tecnologia. Negli anni 60-70, agli albori del fotovoltaico, i costi erano proibitivi per progettare una diffusione di massa. Oggi, per rispettare i tempi ristretti dei cambiamenti climatici, è necessario accelerare questo processo con una innovazione tecnologica.

L'innovazione che serve al fotovoltaico potrebbe essere arrivata dal Giappone. Nel 2009, il gruppo di ricerca diretto dal prof Myasaka ha dimostrato per la prima volta l'uso della peroschite, uno dei minerali più diffusi sulla terra, come nuovo materiale fotovoltaico. A partire dal lavoro di Myasaka, la comunità scientifica ha focalizzato ingenti investimenti per sviluppare una nuova tecnologia fotovoltaica a base di peroschite, che promette di essere più economica e più efficienti di tutte quelle esistenti. Ancora più interessante, la peroschite può lavorare in tandem con il silicio per formare delle celle solari commercializzabili con efficienze mai raggiunte prima. All'interno di questo filone di ricerca, la Federico II sta investendo, insieme a finanziamenti della comunità Europea, per realizzare celle solari a base di perovskiti con basso impatto ambientale. In particolare, il progetto Freenergy punta ad eliminare l´uso del piombo sfruttando interazioni supramolecolari non convenzionali per stabilizzare perovskiti a base di stagno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA