Basta un’App per sentirci
​tutti più tranquilli

Basta un’App per sentirci tutti più tranquilli
di Dimitri Dello Buono*
Giovedì 1 Febbraio 2018, 18:32 - Ultimo agg. 18:36
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Immaginate due mamme che stanno prendendo un thè. E poi il trillo del telefono che annuncia un messaggio in arrivo. Una vocina sintetica dice: «Mamma sto arrivando. Vieni giù a prendermi». Una delle due signore chiede all'altra: «Scusa, ma tua figlia non ha 3 anni? Ha già un cellulare? E soprattutto: già sa scrivere?». L'amica risponde sorridente: «È precoce, ma non fino a questo punto. Ho solo attivato un servizio grazie all'App di Protezione Civile. Mi tiene informata sulla posizione del pullmino di mia figlia. Ho configurato il messaggio in modo che la mattina, quando il bus sta per arrivare sotto casa nostra, mi arriva un WhatsApp che mi dice: il pullman è in arrivo. E in modo tale che quando lei è di ritorno, il messaggino che hai appena sentito dal cellulare mi dice che è arrivata».

Non è una scena che si svolge in un futuro indefinito, questa. Ma lo squarcio di un futuro prossimo, molto prossimo, che racconta l'ordinaria vita quotidiana di un Comune che ha aderito al progetto Comune Sicuro. Ben presto la piccola sequenza che abbiamo descritto, sarà solo uno dei tanti modi di utilizzare e sfruttare i servizi che il programma Comune Sicuro metterà a disposizione dei cittadini dei Comuni che lo adotteranno. Ma di che cosa si tratta esattamente?

In sintesi, Il progetto prevede di mettere a sistema una serie di servizi già disponibili e di condividere alcune procedure specifiche che realizzano una cosa che al giorno d'oggi sembra a dir poco banale: creare un Social che faccia parlare, come ormai mille social fanno, tutti i soggetti coinvolti nel sistema di Protezione Civile. Ma chi sono questi soggetti? Per capirlo, proviamo a dare i numeri (nella speranza di non essere presi per quelli che danno i numeri...). Di sicuro abbiamo in elenco 20 Regioni, 8.400 Comuni, oltre 117.600 responsabili di funzione, 44 mila associazioni, 6 milioni di volontari attivi. E non ho ancora calcolato, bisogna precisare, quante ore di lavoro sono erogate dai soggetti pubblici o istituzionali interessati. Ma un dato importante salta all'occhio. I volontari erogano la bellezza di oltre 31 milioni di ore a settimana. Un volume di lavoro inimmaginabile. Così importante che fa risparmiare allo Stato centinaia di milioni di euro. Ma anche un patrimonio unico che sarebbe molto utile gestire nel migliore dei modi. Per capire che cosa intendo, torniamo a Comune sicuro. L'idea nasce da un progetto che il CNR ha realizzato per le Nazioni Unite con l'obiettivo di razionalizzare l'utilizzo della tecnologia disponibile già dal 2010. Così è stato. Basti pensare che in Zambia è stato sviluppato su mandato del WFP, la più grande agenzia ONU al mondo, un sistema di Allerta Precoce che potesse mettere il paese sudafricano in condizione di gestire con poche risorse il problema della protezione del cittadino e assicurare interventi precoci in caso di emergenza. Da allora tanto si è fatto. E tanto, tantissimo, è cresciuta la tecnologia. Oggi ognuno di noi porta in tasca tecnologie ben più potenti di quelle che hanno portato con loro gli astronauti che sono andati sulla Luna. Possiamo sapere dove siamo, che cosa accade intorno a noi, e soprattutto abbiamo un collegamento diretto con una rete di amici e conoscenti con i quali riusciamo a scambiare di tutto: foto, messaggi, video, suoni, emozioni. Anzi, per dirla tutta, riusciamo anche a parlare con gruppi infiniti di persone con le live chat, i gruppi whatsapp e le streamvideo. Che cosa c'entra con Comune Sicuro? Il progetto fa in pratica la stessa cosa: cerca appunto di razionalizzare tutta questa tecnologia e di declinarla al servizio dei soggetti e delle risorse della Protezione Civile.

Ufficialmente il progetto ha l'obiettivo di offrire a tutti i comuni, anche e soprattutto i più piccoli, l'opportunità di poter redigere e gestire un Piano di Protezione Civile. L'idea cardine è rendere utilizzabile una piattaforma nel cloud per un perfetto scambio di dati ed informazioni.

Sarò molto sincero. In pratica si è capito che tutti i sistemi finora realizzati sono stati sempre pensati per essere utilizzati in situazioni di emergenza da soggetti preposti a funzioni definite e particolari. Questo però è sempre stato in contrasto con la necessità di coordinamento e di scambio tra soggetti che non hanno il tempo e la serenità di ricordare come funziona un sistema complesso durante un momento particolarmente frenetico e privo di tranquillità. Tradotto: se si usa un sistema per le emergenze solo nelle emergenze, è difficile che tutti si ricordino esattamente come usarlo. L'idea quindi è di rendere tutto il sistema banale, semplice, intuitivo ma nello stesso tempo potente, efficiente ed efficace. Come? Semplicemente rendendo tutto facile e allo stesso tempo pervasivo: sia che si svolga un'attività quotidiana specifica o piuttosto generica. Avete mai pensato al fatto che nessuno ha mai letto il manuale di Facebook o di WhatsApp?. Credo che non esistano neppure. Ma miliardi di persone i social li usano eccome. L'idea è appunto questa. Utilizzare tutti un sistema nel cloud che permette di leggere o inviare un messaggio, una foto, un'informazione. Un sistema che ci consente di segnalare in tempo reale che si è al sicuro, dove c'è bisogno di cosa, che cosa accade, che cosa deve accadere o che cosa è accaduto. In una parola, si tratta di creare una comunità. Un gruppo enorme di persone, che grazie allo scambio di dati e informazioni possa ricevere e dare aiuto a tutti i membri della comunità nel miglior modo possibile, e nel minor arco di tempo possibile. Che cosa intendo è molto semplice: grazie alla app un'ambulanza che ha appena raggiunto l'ospedale e ha consegnato il malato è di nuovo disponibile senza dover attendere di rientrare in sede per essere riutilizzata. Con l'app, si individua subito un volontario disponibile ad accompagnare un malato al fare la dialisi, proprio nello stesso giorno in cui il campo da calcio del paese è diventato il parcheggio delle auto per la festa patronale. Comune sicuro è infatti anche questo. Non solo emergenze, ma soluzioni al servizio della vita quotidiana. Chi fa protezione civile lo sa bene. Tutto può assumere un aspetto diverso. E tutto cambia. L'importante è sapere che cosa accade e comportarsi di conseguenza.

Nei Piani di Protezione Civile le varie fasi sono ben definite: di norma contemplano  Attenzione, Allerta ed Allarme. Reagire nel modo corretto alla fase di Attenzione e alla fase di Allerta spesso può minimizzare i danni e minimizzare il rischio. Ma esiste anche un'altra fase, forse la più importante: quella della normalità. Ogni giorno, ogni ora, viviamo il nostro territorio ed interagiamo con esso. Riempiamo un cassonetto dell'immondizia, altri lo svuotano, cerchiamo un parcheggio, un posto letto in ospedale, accudiamo un malato o siamo al seguito dei nostri figli quando vanno o vengono da scuola. Se ci fidiamo del sistema quando ci segnala che dobbiamo scendere per andarli a prendere, allora ci fideremo del sistema quando, in caso di emergenza, ci dirà dove sono stati portati quando la scuola è stata evacuata. La raggiungeremo, così, nel minor tempo possibile. Senza crearci, né creare, panico inutile.

È paradossale. Questo progetto sembra banale, come banale può apparire oggi Facebook, WhatsApp, Instagram o il navigatore satellitare. Invece è frutto di esperienza e tecnologia decennale. È a portata di mano, già tutto servito in tavola. Eppure non abbiamo mai pensato di utilizzarlo per assicurare ad ognuno di noi la sicurezza che merita. Il discorso è semplice. Ogni comune deve avere ed essere in grado di gestire il Piano di Protezione Civile Comunale. Proteggere il proprio Comune è un impegno che tutti debbono perseguire: una esigenza che bisogna imparare a soddisfare. Se osserviamo bene, è quando una calamità o una emergenza ci travolgono, che capiamo quanto tutti hanno qualcosa da dare e da fare. Sono quelle circostanze che ci hanno insegnato quanto è prezioso il contributo che ciascuno di noi può dare. Seguire piccole e semplici regole, condividere i modi di operare, può cambiare il corso degli eventi. Essere tutti collegati e consapevoli di quello che accade intorno a noi può fare la differenza. Un giorno il mio amico Pablo Recalde, direttore del WFP in Zambia, mi disse: «Caro Dimitri, grazie a questo sistema durante la prossima emergenza arriveremo qualche giorno prima nel villaggio che avrà bisogno del nostro aiuto. Molti bambini non moriranno». Poi sorridendo aggiunse: «Il bello è che quando si salvano così le persone nessuno se ne accorge».

* CNR - Istituto di Metodologie per l'Analisi Ambientale - Responsabile Laboratorio geoSDI
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