Digital trasformation in un libro
De Felice: «Rivoluzione a 360°»

Digital trasformation in un libro De Felice: «Rivoluzione a 360°»
di Rossella Grasso
Venerdì 18 Maggio 2018, 16:58
4 Minuti di Lettura
Industria 4.0? Non basta parlarne. Occorre metterla in pratica e farlo prima di essere superati dall’evoluzione tecnologica. Chi si ferma è perduto, anche perché parliamo di presente, non di futuro. L’obiettivo principale di «Digital Transformation in Smart Manufacturing», opera di Fabio De Felice, Raffaele Cioffi ed Antonella Petrillo, è proprio quello di uscire dai facili slogan e dimostrare, approfondendo politiche, dinamiche, strategie ed esperienze concrete, come la diffusione capillare dell’automazione e della digitalizzazione in ambito industriale stia cambiando il mondo, quello della vita di tutti giorni dei comuni cittadini.

«Industria 4.0», in particolare declinato come «Smart Manufacturing», è l’integrazione di tecnologie avanzate  (big data, cloud, robot, stampa 3D, simulazione, ecc.) che, combinando sfera fisica, digitale e biologica, generano conseguenze in tutte le discipline ed in tutti i settori economici e produttivi. Il valore aggiunto è la connessione, una rete intelligente che trasmette dati digitali ad alta velocità. In definitiva, si sta assistendo alla nascita di un nuovo paradigma industriale che cambia il modo di concepire il lavoro e l’uomo.

Come spiega De Felice, titolare dei corsi di Gestione dei Progetti, di Impianti Industriali e di Sicurezza Industriale al Dipartimento di Ingegneria Civile e Meccanica dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, si tratta di un diverso modo di approcciare il problema. «Abbiamo provato a declinare in concreto il fenomeno - spiega De Felice -  approfondendo alcune implicazioni nella sua applicazione pratica nell’ambito della moderna organizzazione d’impresa, con uno sguardo costante ai riflessi sociali, tutt’altro che trascurabili».

Il testo, partendo da una panoramica sulle pratiche, sfide e opportunità poste dalla quarta rivoluzione industriale a livello nazionale ed internazionale e dalle politiche europee in ambito 4.0, si sofferma sulle applicazioni sul campo del nuovo modello produttivo e sociale. Dall’analisi di come la produzione si trasforma  verso l’orizzonte fino a ieri mai esplorato della personalizzazione di massa, in un campo specifico come l’agroalimentare, alla descrizione dell’impatto di integrazione digitale e connessione sulle le tempistiche di gestione e pianificazione nei sistemi di produzione, che assumono una rilevanza centrale.

Vengono approfonditi i risultati di uno studio sull’applicazione dello Strategic Technology Management in un settore manifatturiero ad alta tecnologia, estendendoli allo Smart Manufacturing. Si evidenziano casi pratici, come le prospettive aperte dalla digitalizzazione in un settore tradizionale per eccellenza, quale l’industria orafa. Ma 4.0, come bene illustrano De Felice, Cioffi e Petrillo, è un salto epocale, perché rivoluziona anche sul piano organizzativo i modelli sociali della produzione. Intrecciando i destini di partner in passato spesso occasionali, come l’impresa e la ricerca istituzionalizzata. Lo stesso piano nazionale Impresa 4.0 si muove in questa scia, con la centralità affidata a organismi di elezione per l’incontro tra le due dimensioni, quali i Competence Center e i Digital Innovation Hub.

La carrellata affascinante condotta da tre autori non si esaurisce nell’intento divulgativo. «Digital Transformation in Smart Manufacturing» vuole essere in primo luogo un testo di formazione. Un manuale illuminato che guida l’imprenditore e il cittadino alla scoperta della nuova frontiera della società digitale. In questo contesto quali sono le sfide e le opportunità per il nostro Paese? «Siamo partiti, al solito, con ritardo. Il progetto 'Zukunftsprojekt Industrie 4.0' viene annunciato nel 2011 in Germania durante la Fiera di Hannover, con lo scopo dichiarato di riportare l’industria tedesca a un ruolo di leadership mondiale. L’italia, secondo Paese manifatturiero d’Europa, ha tuttavia recuperato parte del divario quando, nel 2016, il Governo ha varato un insieme di misure organiche e complementari, in grado di favorire gli investimenti per l’innovazione e per la competitività. Dobbiamo avere l’ambizione di diventare un driver a livello globale, avendo tutte le carte in regola per centrare l’obiettivo. I dati ci confortano. Nel biennio 2017-2018, si dovrebbe registrare un incremento degli investimenti privati nel digitale da 80 a oltre 90 miliardi di euro. Le nostre aziende, insomma, stanno utilizzando molto bene l’opportunità fornita dal rilancio (ed era ora!) di una politica industriale».

«Ma accanto agli incentivi per chi investe - continua De Felice - il Piano ha previsto la creazione di una rete infrastrutturale dell’innovazione digitale, al fine di creare strette interazioni tra ricerca e impresa, formazione e lavoro, innovazione e territori. Questa rete ruota intorno a due soggetti fondamentali: i Competence Center che dovrebbero rappresentare la “spina dorsale” di conoscenze e competenze ovvero i poli di ricerca e innovazione legati, allo stesso tempo, alle università e alle imprese e capaci di fornire altissime competenze e “facilities” sulle tecnologie 4.0; i Digital Innovation Hub (DIH), che dovrebbero collaborare con i Competence Center e fornire servizi alle imprese, valorizzando e mettendo in rete i vari attori dell’ecosistema dell’innovazione digitale. I DIH dovrebbero attivare un network degli “attori territoriali dell’innovazione” composto da Università, Competence Center, Cluster, Player industriali, Centri di ricerca, Parchi scientifici e tecnologici, Incubatori di Start-up, FabLab, Investitori, Enti locali. In questo scenario,  le opportunità per il nostro paese, sono legate essenzialmente a quella che da sempre ci viene riconosciuta come una delle prerogative dell’industria italiana, ovvero la ‘capacità di gestire  la complessità e trovare soluzioni e processi che possano innestarsi nella catena del valore del nuovo contesto competitivo».
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