Laboratorio Complessità a Napoli:
fake e social, la trappola infosfera

Laboratorio Complessità a Napoli: fake e social, la trappola infosfera
di Cristian Fuschetto
Sabato 16 Marzo 2019, 08:00
7 Minuti di Lettura
Ci sono spazi euclidei e spazi iperbolici. Poiché abbiamo un corpo, prendiamo la metro e ci spostiamo in macchina o in autobus, ci troviamo nei primi, ma poiché siamo sempre connessi siamo di fatto immersi nei secondi. Negli spazi iperbolici non ci sono mappe vere e proprie, circondati da una densissima nebbia di bit abbiamo solo qualche informazione sull’intorno. Non a caso gli spazi iperbolici sono chiamati anche “reti random”, lì apparentemente regna il caos. Gli spazi euclidei sono invece delle reti planari, bidimensionali, come appunto una rete stradale o quella metropolitana. Per muovermi da Toledo a Garibaldi (se sono a Napoli) o da Termini a Barberini (se sono a Roma), so già quali e quante fermate dovrò fare, ho una mappa. Linee che collegano dei punti. Per andare da una pagina e l’altra del web, invece, che strada dovrò fare? Ammesso e non concesso che una domanda del genere abbia ancora senso, nel web abbiamo solo una indicazione di luoghi dove poter andare, nell’“infosfera” a tracciare le strade sono di volta in volta i motori di ricerca, gli algoritmi.

Mentre negli spazi euclidei della vita offline ogni percorso prevede delle tappe che ne definiscono una traiettoria, negli spazi iperbolici della rete tappe e traiettorie hanno l’ineffabile consistenza di un click, ne bastano pochissimi per passare da una pagina a qualsiasi altra, da un “luogo” a qualsiasi altro. «Da un lato abbiamo una rete estremamente navigabile, posso andare dove voglio in pochi click, dall’altro è chiaro però che senza una mappa rischio di perdermi o, peggio ancora, di non trovare mai quello che cerco», spiega Antonio Scala, ricercatore all’Istituto Sistemi Complessi del Cnr (Isc-Cnr) e tra i responsabili del Laboratorio internazionale sulla Complessità che presto vedrà la luce a Napoli. Scala è un fisico teorico, laureato alla Federico II in Fisica e Computer science («La computer science in Italia l’hanno portata i fisici, in particolare il napoletano Edoardo Caianiello», precisa con comprensibile orgoglio), con esperienze internazionali e passioni che travalicano i confini delle sua disciplina. La differenza tra spazi euclidei e quelli iperbolici della rete è illustrata in un articolo «Della natura non euclidea dei Big Data su internet e sulle sue conseguenze» pubblicato sulla rivista S&F_ scienza e filosofia

Tutti persi nell'acquario dell'Infosfera 
Il Laboratorio internazionale sulla Complessità nasce nell’ambito di una convenzione tra l’Isc – Cnr e l’Autorità Garante per le Comunicazioni (AgCom) e mira a potenziare monitoraggio e analisi sul sistema dell’informazione dominato dai social media. A partire da ricerche che l’Isc-Cnr già ha avviato con il progetto “Amofi” (Analisi e Modelli dei Flussi Informativi nelle Reti Sociali) basato sul monitoraggio del traffico sui social media proveniente dalle fonti di informazione dei media europei, il Laboratorio sarà chiamato a elaborare studi sulle metodologie e sugli indirizzi di policy regolatoria più adeguati a governare l’infosfera in cui, come in un enorme acquario, siamo immersi. Solo che a differenza dei pesci nel loro elemento, noi nell’infosfera non abbiamo un grande senso dell’orientamento. Anzi, succede che si prendano per buone strade costruite apposta per istupidire, aizzare e odiare come ha denunciato pochi giorni fa in un'intervista il padre del web, Tim Berners-Lee, in occasione del 30esimo anniversario della “sua” creatura. «Sono convinto che se oggi l’immagine che l’umanità da di sé sul web è costruttiva o distruttiva dipende da come sono scritti gli algoritmi dei social network», precisa Sir Berners-Lee, e allora il pericolo di perdersi nella rete “iperbolica” c’è eccome.
 
Meno mi informo, più condivido. Perché l'ignoranza ignora (anche) il pudore
Nel report  “News vs Fake nel Sistema dell'Informazione” pubblicato lo scorso novembre dal Dipartimento di Economia e Statistica dell’AgCom diretto da Marco Delmastro, basato sull’esame di circa 35 milioni di documenti e lo studio del comportamento di centinaia di milioni di utenti in diversi anni rispetto a un cospicuo numero di fonti informative, emerge con chiarezza un fenomeno di “esposizione selettiva alle notizie”, le cosiddette “camere dell’eco”: nel mare magnum di informazione vado a cercarmi quella che più mi piace, non quella più aderente alla realtà. «Nonostante la presenza di un numero elevatissimo di fonti informative (peraltro gratuite) – si legge nel report che cita più volte gli studi di Antonio Scala e del suo collega al Cnr Walter Quattrociocchi, anch’egli parte del Laboratorio sulla Complessità – gli utenti tendono ad accedere ad un numero limitato di esse». Un altro dato importante segnalato è quello secondo cui «gli utenti più attivi sui social sono anche quelli che accedono a meno fonti informative». Meno mi informo, più mi sento di diffondere quello (non) so. Quelli che invece attingono a più fonti informative hanno un comportamento più cauto. Come dire, coerente a se stessa l’ignoranza ignora anche il pudore. «Nonostante la pluralità di fonti informative presenti in rete – conclude il report – i modelli di consumo online non conducono ad un allargamento dello spazio cognitivo dell’individuo, che anzi, rischia di rinchiudersi in stanze dell’eco molto polarizzate».
 
«L'algoritmo è politico». Insieme scienziati e umanisti
Il problema non è tecnologico, è sociale e politico. Così come sociale e politica è diventata la natura degli algoritmi. Proprio per questo oltre al AgCom e il Cnr, farà parte del Laboratorio della Complessità il Centro Studi “Gaetano Salvemini” di Napoli. «Tutto nasce dai social – scherza Antonio Scala – lì ho conosciuto Gianmarco Pondrano Altavilla, direttore del Centro Studi, che con mia gran sorpresa aveva letto tutti gli articoli miei e di Walter. Appena ho potuto, approfittando di un convegno a Napoli ho colto l’occasione per incontrarlo: in un incontro fiume, iniziato alle sei del pomeriggio e conclusosi alle due di notte dopo aver passeggiato per tutta Napoli, ho scoperto che i nostri studi avevano ripercussioni sulle basi teoriche delle liberal democrazie. Abbiamo parlato del distacco esistente fra teoria politica e dati sperimentali, distacco che si è paradossalmente acuito proprio quando grazie ai dati disponibili su internet diventa possibile verificare la validità delle varie teorie». Anche da quella discussione fiume prende forma il saggio scritto a quattro mani da Scala e Altavilla “Ripensare i fondamenti della liberal-democrazia nell’era di internet” pubblicato su MicroMega.
 
Perchè Napoli
La scelta di Napoli come sede del Laboratorio internazionale della Complessità si fonda su ragioni sì logistiche (a Napoi ha sede l’AgCom) ma anche e soprattutto di affinità elettive ed elezioni cognitive. “La scelta è stata dettata dalla vivacità intellettuale della città e della sua accademia. Quello che stiamo facendo parte anche da una rete di collaborazioni scientifiche con docenti della Federico II, come quella con il gruppo di Domenico Asprone sulla resilienza urbana, e il gruppo di Armando Di Nardo sulle reti idriche intelligenti. Inoltre sono ora in contatto con il gruppo di Giulio Zuccaro per analizzare i rischi sistemici delle infrastrutture critiche e con Antonio Pescapè per interessi comuni sull’analisi dei dati medici. A breve, spero, si aggiungerà anche la collaborazione con Luca Lista, che da buon fisico sperimentale è un esperto di Big Data. Anche grazie a questo network stiamo organizzando a Napoli un workshop internazionale sulla Complessità Urbana”.

Un atto di resistenza?
In un gustoso romanzo uscito da poco, Il “Censimento dei radical chic” edito da Feltrinelli, Giacomo Papi a un certo punto immagina un decalogo approvato dal Ministero dell’Interno a favore del “popolo”. Eccolo: “1) La complessità impedisce la verità; 2) La complessità umilia il popolo; 3) La complessità frena l’azione; 4) La complessità è noiosa, quindi inutile; 5) La complessità è superba, quindi odiosa; 6) La complessità è confusa, quindi dannosa; 7) La complessità è elitaria, quindi antidemocratica; 8) La semplicità è popolare, quindi democratica; 9) La complessità è un'arma delle élite per ingannare il popolo; 10) Bisogna semplificare quello che è complicato, non bisogna complicare quello che è semplice”. La protagonista del romanzo, figlia un anziano professore ammazzato a bastonate per aver avuto l’imprudenza di citare Spinoza durante un talk show, legge il decalogo e pensa tra sé e sé che gli estensori avrebbero fatto bene ad aggiungere anche un altro paio di punti: 11) La complessità si frappone tra l’arrabbiato e l’oggetto della sua rabbia, quindi ostacola lo sfiato degli istinti che regola la vita di un Paese; 12) La complessità è faticosa e la vita è già abbastanza dura di per sé”. Ci muoviamo in spazi euclidei, ma ci nutriamo di complessità e abitiamo reti iperboliche, anche se è dura prenderne atto e si fa prima scegliere il pezzo di verità che più ci piace. Ecco, tra i tanti proclami sulla Napoli “anarchica e liberata”, il nascente Laboratorio internazionale sulla Complessità merita di essere considerato come un autentico, concretissimo, atto di resistenza.
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