Libertà e progresso
​ai tempi della rivoluzione digitale

Libertà e progresso ai tempi della rivoluzione digitale
di Antonio Pescapè *
Sabato 30 Settembre 2017, 09:12 - Ultimo agg. 09:14
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Il rapporto tra tecnologia, progresso e libertà è un tema ampiamente discusso e dibattuto da tempo. Ma torna prepotentemente al centro della discussione quando accade - come oggi - che in una società che muta rapidamente non riusciamo a spiegare bene ciò che ci circonda e ad interpretare il cambiamento per ciò che esso realmente rappresenta. Esso diventa quindi uno dei temi ad uso degli ultras, sia di quelli pro sia di quelli contro la tecnologia ed il digitale.

Non a caso, domande che tante volte ho ricevuto, tipo «qual è oggi il rapporto tra tecnologia e libertà?» o «la tecnologia ci rende più liberi oppure costituisce un ostacolo alla nostra libertà?», sono finite anch'esse nell'elenco delle «domande difficili». Elenco al quale ho provato a dare una risposta proprio su queste pagine. E così come in passato, ci provo anche adesso.

Come dicevo, il tema è stato discusso e trattato tante volte. Non serve scomodare tecnologie dirompenti o narrazioni mirabolanti per partire da quello che a me appare l'assunto di base: tutto ciò che è «progresso vero», e quindi oggi anche e soprattutto quello fatto grazie alle tecnologie digitali, rappresenta un passo in più sulla strada della libertà. E quando penso alla libertà penso esattamente alle definizioni comuni condivise, relative alla condizione di agire, pensare e decidere senza condizionamenti ed in autonomia.

Conosciamo tutti l'impatto (positivo) sulla libertà che hanno avuto la stampa o le vie di comunicazione. Bene, oggi la rete, le tecnologie digitali ed i nuovi modelli di business da esse abilitate sono esattamente la stessa cosa, anch'essi un contributo enorme alla libertà, ovviamente con analoghe giuste considerazioni e cautele. Come per la stampa e le vie di comunicazione le considerazioni e le cautele non sono tanto legate agli strumenti in quanto tali, bensì all'uso che se ne fa (o anche, che spesso non se ne fa o non se ne riesce a fare) e ad altre distorsioni. E sì, perché io oggi e ultimamente più il dibattito sulla rete e sul suo ruolo cresce, più ciò accade con frequenza sento argomentare sulla mancanza di libertà indotta dal digitale, dalla rete e dalla tecnologia in generale; sul fatto che quest'ultima rappresenti un ostacolo alle nostre libertà. È come se dicessimo che avere strade da percorrere e creare ponti da attraversare siano entrambe cose che rappresentano un ostacolo solo per il fatto che esistono. E ciò accade sempre più spesso, accade tutte le volte che non sappiamo spiegarci qualcosa, qualcosa che non comprendiamo appieno; tutte le volte che in rete o grazie ad essa accade qualcosa di nuovo (magari anche di sconcertante o sconvolgente): la paura ci inibisce il ragionamento, che non essendo spesso supportato dalla conoscenza ci porta in stati di ansia e panico.

Di colpo ci sentiamo non in grado di pensare, agire e decidere. Ci sentiamo, quindi, non liberi.

Perché, come diceva Aristotele, un'azione è veramente libera quando nasce dalla scelta dell'individuo e non da condizionamenti esterni; individuo che - con adeguata conoscenza - è in grado di valutare tutte le condizioni al contorno che hanno determinato quella scelta. E al contempo, come sosteneva Kant, la condizione formale di libertà quando si tramuta in un'azione risente necessariamente delle condizioni esterne, provenienti dal mondo reale. Mondo reale che spesso sfugge agli ultras, ai nuovi luddisti, ai conservatori della libertà, libertà che secondo questi ultimi abbiamo perso e stiamo perdendo a causa di Internet, degli smartphone, della tecnologia e del progresso.

Io penso che, anche qui, il punto sia la consapevolezza, la capacità di comprendere, la coscienza critica, e soprattutto la conoscenza. Le tecnologie, quelli digitali, sono di aiuto in quello che ogni giorno facciamo e ci permettono di fare tante cose che prima non potevamo fare. Ci sollevano e ci aiutano in un numero sempre più ampio di compiti. E nel farlo, dovendo offrire un servizio, impongono regole che inevitabilmente diventano una limitazione dell'autonomia di scelta. Si pensi ad esempio ad un software che attraverso le sue interfacce codifica il nostro comportamento rendendolo simile a quello di tutti gli altri utenti che lo utilizzano. Lo stesso software però permette qualcosa che fino a prima della sua introduzione era complesso, scomodo, impraticabile o addirittura irrealizzabile. E sia chiaro ciò non vale solo per il software. Vale, ad esempio, anche per le automobili, i bancomat, i forni a microonde, il telefono, o qualsiasi altro sistema tecnologico che offre all'utente un modo specifico per essere usato (la cosiddetta interfaccia), abilitandolo ed al contempo limitandolo a quella specifica interazione. 

La tecnologia funziona da mediatore. Il software e la rete Internet sono entrambi dei mediatori. Entrambi abilitano azioni, scenari e scelte prima impraticabili. Entrambi possono limitare la nostra libertà se usate male (da noi stessi o da qualcun altro) o se usate senza capire cosa stiamo facendo. Il tema è quindi, ancora, quello della consapevolezza e della conoscenza. La rete ed i social network, ad esempio, offrono delle opportunità incredibili. Durante la primavera araba furono gli strumenti utilizzati dai manifestanti per denunciare cosa stava accadendo in Egitto e Siria. Tant'è che furono oggetto di censura da parte di quei governi e lo sono ancora oggi anche in tanti altri paesi. Al contempo, sono anche uno strumento per la sorveglianza capillare ed il rilevamento di reati d'opinione, per il controllo delle informazioni e la propaganda mirata. Lo stesso strumento, due usi completamente antitetici.

Il tema quindi semmai è come evitare che le libertà offerte dalle tecnologie (e qui parliamo soprattutto di quelle digitali) possano tramutarsi in sistemi in grado di limitare le libertà di ciascuno di noi, quelle di oggi ma soprattutto quelle di domani e delle generazioni future. Nel fronteggiare questo intreccio tra nuove tecnologie, nuovi modelli di business, e nuove pratiche quotidiane, il cittadino può tutelarsi innanzitutto aumentando la sua consapevolezza e la sua conoscenza, e pretendendo una classe politica competente ed aggiornata, attenta alle nuove opportunità (per favorirle, o almeno evitare di bloccarle sul nascere) ed ai nuovi rischi (per non lasciare decisioni fondamentali al gioco del mercato globale, che persegue i propri obiettivi non necessariamente allineati all'interesse della comunità e dei cittadini). Le tecnologie, comprese quelle digitali, ci offrono strumenti per migliorare direttamente la nostra vita oppure le possibilità per farlo indirettamente. Sta a noi scegliere, sta a noi comprenderne a pieno potenzialità e limitazioni, sta a noi decidere come e quali confini delineare e non superare. Ben sapendo che tutte le volte che riceviamo un servizio, soprattutto gratuito, stiamo cedendo qualcosa in cambio. Spesso anche un pezzo delle nostre libertà. 

Generalmente cediamo informazioni su noi stessi e sulle nostre abitudini, su quello che facciamo, su quello che pensiamo. Il tema dei (big) data degli utenti è un tema centrale. Nella relazione del 2016, a giugno il garante per la privacy Soro ha sottolineato come «Internet è divenuto la nuova dimensione entro cui si svolge la personalità di ciascuno» e che «non c'è attività privata o pubblica che non si fondi su tecnologie alimentate da dati personali» e ha dichiarato come sia necessario oggi «coniugare tecnologia e umanità, libertà e sicurezza, trasparenza del pubblico e riservatezza del privato, informazione e dignità, iniziativa economica e autonomia individuale, scienza e libertà dal determinismo». Serve capire quindi che, oggi, i dati i nostri dati - sono di gran lunga l'aspetto più importante. Anche e soprattutto in relazione al rapporto tra tecnologie digitali e libertà. Sul loro utilizzo si sfideranno i servizi e le applicazioni di domani. Perché è a domani che dobbiamo guardare. 

Fortunatamente, infatti, al progresso, al domani e al futuro non potremo sottrarci. E quello che tutti noi abbiamo il dovere di fare è provare a far sì che questo progresso renda migliori noi e le nostre vite, e ci renda quindi anche più consapevoli e liberi. Come successo ad Elisa. Elisa ha detto «da quando posso usare la rete, da quando grazie ad essa posso comprare anche io ciò che voglio e quando voglio - e posso averlo a casa il giorno dopo - la rete sa molto più di me, ma mi sento libera finalmente anche io». Elisa è una donna, disabile al 100%, che grazie alle tecnologie digitali ora vive meglio e fa cose, in autonomia, che prima non poteva fare. Elisa, oggi, può acquistare ciò che acquistiamo tutti noi e può farlo da sola. Per molti di noi è una cosa da nulla, per Elisa anche questa è libertà.

* Università degli Studi di Napoli Federico II
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